«Con i suoi 583 km, gli 8.193 metri di dislivello scalati e le dieci lunghe salite domate in 31 ore e 34 minuti, è stata una randonnèe davvero estenuante ma ricca di soddisfazioni. Pedalare sulle strade teatro del duello Pantani-Armstrong nella tappa del Tour de France del 2000, è stata un’emozione unica e indescrivibile. Con l’occasione, ho stabilito il mio nuovo record personale di dislivello (8193 mt.) superato in un’unica tappa».
Luigi De Gennaro, 58enne ciclista bitontino, numero 1 dell’associazione locale “Velosprint”, dal 2023 componente della nazionale italiana Randonneurs, continua ancora a stupirsi e a stupire. E questa volta è andato nella nazione dei “cugini” francesi a togliersi altre soddisfazioni pedalando, una settimana fa, (anche) su una delle vette più mitiche del Tour de France ma dell’intero ciclismo mondiale. Il Mont Ventoux, tanto caro persino a Francesco Petrarca tanto da scalarlo insieme al fratello Gherardo nel 1336 e di scriverci pure una lettera. L’atleta pugliese, allora, è stato protagonista della “Randonnèe del Mont Ventoux”, quasi 600 km e oltre 8mila metri di dislivello, con ben dieci monti da scalare – tra cui, oltre al mitico Ventoux (22 km), il Mongenevre (12 km), il col de l’Homme Mort (dieci km), il col de Sent Jean (otto km), il col de l’Echelle (otto km) e il col de Saraut (sei km). Tutto da portare nel tempo massimo di 40 ore, quindi dovendo pedalare di giorno e di notte senza sosta tra il 20 e il 21 luglio. De Gennaro ha completato il tracciato di gara in 31 ore e 34 minuti, il settimo miglior tempo assoluto e inoltre ha ottenuto il nuovo record personale di dislivello superato in un‘unica tappa: 8.193 metri.
Il ciclista bitontino ha domato il Mont Ventoux, quello che tutti chiamano il “Gigante di pietra”, il monte teatro di tragedie e imprese epocali: la morte di Tommy Simpson nel 1967 ma, soprattutto, nella memoria degli appassionati di ciclismo, richiama l’arrivo di tappa del 2000, in cui Marco Pantani superò, al termine di un epico duello, Lance Armstrong, ottenendo la vittoria. Piantato in mezzo al nulla. Nè Alpi, nè Massiccio centrale, il Monte Ventoso è il manifesto dell’unicità: poco più di 1.900 metri d’altezza, un manto di cedri e pini che ti accompagnano sino al punto di non ritorno. D’improvviso, il verde lussureggiante finisce e dinanzi si apre il nulla, candide pietre abbracciate a qualche sparuto filo d’erba che resiste a un microclima particolare. Poi, solo pietraia lunare, dove la calura non concede tregua e il respiro manca senza avvisare. Arido calvario, sferzato dalle violente frustrate del Maestrale. «Non è folle chi sale sul Ventoux – sottolinea De Gennaro ripensando a quei chilometri -, ma è folle chi vi torna un’altra volta e io non vi ritornerò perché questa salita è una tra le più spietate però, averla domata, mi riempie d’orgoglio e soddisfazione».
Con la ex moglie Maria Lucia Frascella, scomparsa di tumore qualche anno fa, a essere sempre il suo angelo custode.