Il fronte bitontino del sì al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari annovera anche il MoVimento 5 Stelle. Sul tema abbiamo intervistato la deputata nostra concittadina Francesca Anna Ruggiero.
Per quali motivi i cittadini dovrebbero dire sì al referendum?
«Innanzitutto per correggere un’anomalia tutta italiana, per cui il nostro Paese ha il più alto numero di deputati e senatori, con un rapporto fra parlamentari e abitanti pari a 1/63.900 abitanti. In nessun’altra democrazia esiste una situazione del genere. Poi, per snellire le Camere e migliorarne il funzionamento. È acclarato che un Parlamento meno pletorico funziona meglio. D’altra parte diversi esperti, come l’ex-presidente della Corte Costituzionale, Valerio Onida, hanno confermato che con il taglio le Camere potranno funzionare meglio, addirittura anche senza introdurre ulteriori correttivi. Infine, per una questione di riduzione di costi che porterebbe a risparmi pari a 300 mila euro al giorno».
C’è chi sostiene che la democrazia non ha costi e che le risorse ricavate sono minime.
«Non sono d’accordo con chi minimizza il risparmio perché si tratta di soldi che potranno andare alla sanità, all’istruzione e alle infrastrutture. E poi secondo questa logica verrebbe giustificato ogni tipo di spesa. A questo punto perché non raddoppiare il numero dei parlamentari o triplicarlo? La verità è che non esiste una formula perfetta che correla numero di eletti con numero di abitanti, come confermato in un parere del Consiglio d’Europa».
Perché non ridurre le indennità e i rimborsi anziché il numero dei parlamentari?
«Come ha già anticipato il Ministro Luigi Di Maio, una volta approvata la riforma, il prossimo passo è la ‘normalizzazione’ degli stipendi dei parlamentari. Mi piace molto la parola che ha usato perché richiama una normalità a cui la vecchia politica è stata sempre allergica. Noi del MoVimento 5 Stelle restituiamo da sempre parte del nostro stipendio. Purtroppo in questo al momento siamo i soli».
Con la riduzione del numero di parlamentari non si contrarrebbe anche la rappresentanza democratica?
«No. Nel corso della storia repubblicana si sono moltiplicate le espressioni democratiche. Basti pensare ai Consigli regionali, eletti dai cittadini dal 1970, e all’elezione diretta di Sindaco e Presidente di Regione, per citare solo gli esempi più significativi. Si tratta dunque di un’armonizzazione dell’architettura istituzionale che non inficia in alcun modo la rappresentanza dei territori. Nel dibattito si dimentica spesso che, accanto ai parlamentari, ci sono anche i consiglieri regionali e un’infinità di figure territoriali che dovrebbero garantire la presenza dei cittadini nelle istituzioni».
Alcuni sostengono che paradossalmente con il taglio dei parlamentari l’Italia diventerebbe uno dei Paesi con il minor numero di rappresentanti rispetto alla popolazione.
«Questa è un’inesattezza che si commette nel confronto con gli altri Paesi, perché si considerano nel computo anche i parlamentari non elettivi. Invece, bisognerebbe escludere i componenti del Bundesrat, del Senato francese, della Camera dei Lords e una parte del Senato spagnolo. Con il taglio si avrà un parlamentare ogni 100.666 abitanti, sempre più rispetto ad altri Paesi. Comunque la riforma è un primo passo verso altre modifiche atte a migliorare il funzionamento della nostra democrazia».