«Il mondo è vicino alla guerra nucleare che ci ammazzerà tutti. Il nostro Paese invia armi in un conflitto tra due Paesi che non appartengono all’Unione Europea, né alla Nato (alleanza politica e militare di cui, purtroppo, facciamo parte). E neanche può valere la motivazione dell’”aggressore-aggredito”. Altrimenti non si capirebbe perché non inviamo armi alla Palestina, allo Yemen e agli altri innumerevoli paesi aggrediti e invasi nel mondo».
Recita così un volantino diffuso dal comitato “Italia per la pace – Ripudia la guerra” che, anche a Bitonto, ha di recente raccolto le firme contro l’invio delle armi in Ucraina e per un referendum contro la guerra e contro l’invio di armi ai Paesi coinvolti in conflitti. Un comitato costituito dal professor Enzo Pennetta, che a Bitonto ha visto la partecipazione di un gruppo di attivisti che ha organizzato gazebo informativi e di raccolta firme in più punti nevralgici della città.
«Siamo ormai vicini alla guerra nucleare e dobbiamo interrompere questo rischio. La guerra in Ucraina è già costata all’Italia 10 miliardi di euro – è scritto sul sito web -. Sono soldi che sarebbero potuti essere stanziati per lavoro, pensioni, case, ospedali, istruzione e trasporti. Larga parte del popolo italiano è contraria alla guerra ed all’invio di armi, ma la propaganda di TV, giornali e media mainstream spinge in senso contrario. Governo e Parlamento non recepiscono questo sentimento maggioritario del Popolo italiano a cui noi, invece, vogliamo dare voce. Sii protagonista, firma e fai firmare per questo referendum, che è inattaccabile dal punto di vista giuridico, in quanto non finalizzato alla modifica dei trattati internazionali, così come vietato dalla Costituzione, bensì all’ambito della competenza tra Governo e Parlamento sull’invio delle armi».
Abbiamo già trattato, nel corso di questa rubrica, il tema del pacifismo. Lo abbiamo fatto ricordando il clima di mobilitazione che, in Puglia, nacque quando, a seguito della crisi di Cuba del 1963, fu smantellato il campo dei missili che sorgeva nell’agro di Mariotto. Vicenda portò all’organizzazione della prima Marcia della Pace Gravina-Altamura del 1963.
Lo abbiamo rifatto quando abbiamo accennato alle manifestazioni che, anche nella nostra città, si tennero contro la guerra in Vietnam.
Oltre cinquanta sono gli anni che separano quest’ultimo conflitto da quello attualmente in corso in Europa orientale. Cosa è successo, nel frattempo, nel movimento pacifista? Quali sono state le sue reazioni internazionali e locali, ai conflitti che ci sono stati in anni più recenti?
Diverse sono state le manifestazioni per la pace negli ultimi decenni, dopo la fine della Guerra Fredda. A partire, per esempio da quelle contro la Guerra del Golfo o le guerre che hanno insanguinato la penisola balcanica, dopo lo sgretolamento della ex Jugoslavia.
Nel 1991, ad esempio, l’amministrazione comunale, allora guidata dal sindaco Michele Coletti, aveva organizzato una manifestazione per promuovere la pace, in collaborazione con Lions Club Bitonto – Palo del Colle, Comunità di Sant’Egidio.
Diverse, negli anni, sono state anche le iniziative organizzate da partiti politici e associazioni o quelle poste in essere dalle scuole, tra manifestazioni spontanee degli studenti o partecipazione di scolaresche, associazioni e gruppi vari alla Marcia della Pace che si tiene annualmente tra Perugia e Assisi.
Manifestazioni riproposte dopo i conflitti in Medio Oriente scoppiati a seguito dell’11 settembre 2001, quando un attentato terroristico in suolo statunitense diede il via ad una lunga serie di guerre tra Stati Uniti e Afghanistan prima e, ancora, Iraq dopo. Potremmo citare tanti altri conflitti che hanno insanguinato la Terra negli ultimi decenni, come quello in Libano (dove, il 27 maggio 2011, fu gravemente ferito il bitontino Giovanni Memoli), quello in Libia, quello in Siria, giusto per citare quelli a noi più vicini geograficamente e temporalmente.
In generale, negli ultimi anni, si è avuta un forte calo d’impeto dei movimenti pacifisti, causato, molto probabilmente, dal calo della partecipazione democratica seguito alla crisi dei partiti politici e alla crisi delle ideologie che avevano caratterizzato i partiti di massa di un tempo. Poche le grandi manifestazioni contro le guerre, negli ultimi decenni. Ma, se pure fortemente ridotte, manifestazioni e iniziative volte a promuovere la pacifica convivenza dei popoli e l’abbandono delle armi ci sono state anche negli ultimissimi anni. Ne citiamo giusto alcune, a titolo di esempio, consapevoli dell’impossibilità e dell’inutilità di elencarle tutte.
Nel novembre 2014, fu Gino Ancona ad organizzare un’iniziativa dal titolo “Le virtù inconfessabili del militarismo”, nello storico circolo Giordano Bruno che, qualche anno fa, era attivo in vico del Fossato, accanto a Porta Baresana, dove oggi c’è un locale adibito alla vendita di bevande. Fu ospite Enzo Modugno che sottolineò che «la guerra è strettamente legata al militarismo. La guerra non è solamente quella di rapina che noi spesso intendiamo. Guerra significa anche produzione di armi. La produzione di armi ha la funzione di creare un mercato prima inesistente, alimentando l’economia e attenuando la crisi» spiegò Modugno, sottolineando che «l’elemento importante della guerra non è la vittoria, ma la durata».
Nel 2021, invece, fu il Partito Democratico di Bitonto a parlare di pace, invitando il capogruppo Pd all’Europarlamento Brando Benifei. Una iniziativa organizzata in occasione del ritiro delle truppe occidentali dall’Afghanistan, 20 anni dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Un ritiro che segno la più grande sconfitta occidentale degli ultimi anni. Così scrisse il segretario Francesco Brandi nel comunicato stampa di annuncio dell’incontro: «Nello scorso mese di agosto si è chiusa un’era. Dopo vent’anni di guerra, le truppe Occidentali, in gran parte statunitensi, hanno lasciato l’Afghanistan al proprio destino. Una clamorosa ritirata, che ha scatenato immediatamente le forze oscure dei talebani, oggi alla guida del paese che ha fatto da capro espiatorio all’attentato alle torri gemelle, l’11 settembre di venti anni fa. Quasi contemporaneamente, in Francia moriva all’improvviso Gino Strada, fondatore di Emergency, coscienze critica del movimento pacifista italiano, uomo di opere straordinarie, capace di guardare in faccia i potenti della terra senza alcuna soggezione. Questi due fatti ci impongono una riflessione e una ripartenza».
Lo stesso Partito Democratico di Bitonto, all’indomani dello scoppio delle ostilità tra Ucraina e Russia, raccolse l’appello del movimento pacifista ucraino: «Le persone del nostro Paese e dell’intero pianeta sono in pericolo mortale a causa dello scontro nucleare tra le civiltà dell’Est e dell’Ovest. Dobbiamo fermare l’accumulo di truppe, l’accumulo di armi e equipaggiamento militare in Ucraina e dintorni, il folle lancio di denaro dei contribuenti nella fornace della macchina da guerra invece di risolvere gravi problemi socioeconomici e ambientali. Dobbiamo smettere di assecondare i capricci crudeli dei comandanti militari e degli oligarchi che traggono profitto dallo spargimento di sangue. Chiediamo la riduzione e il disarmo globali, lo scioglimento delle alleanze militari, l’eliminazione degli eserciti e dei confini che dividono le persone… di sancire la neutralità del nostro Paese con la Costituzione dell’Ucraina. La guerra è un crimine contro l’umanità. Pertanto, siamo determinati a non sostenere alcun tipo di guerra e a lottare per l’eliminazione di tutte le cause di guerra».
L’ultima importante manifestazione pacifista a Bitonto fu organizzata nel marzo 2022, a pochissime settimane dall’inizio del conflitto russo-ucraino, da Anpi – Bitonto, Agesci, gruppi scout Bitonti 1 e Bitonto 3, Cenacolo dei Poeti, circolo Arci Rimescola, Libreria del Teatro, associazione Progetto Continenti, Centro Ricerche di Storia e Arte – Bitonto, Scout d’Europa – Bitonto.
Si tenne nel Teatro Traetta, dove fu ospite l’ingegnere Vito Alfieri Fontana, un tempo proprietario della Tecnovar, grossa azienda pugliese, con sede a Modugno, che, fino al 1993, progettava, produceva e vendeva mine antiuomo. Fino a quando una profonda crisi esistenziale lo portò a mettere tutto in discussione sé stesso, il suo lavoro e i rapporti con la famiglia. E lo convinse a dismettere l’azienda di famiglia, rinunciando ad una vita nel lusso per seguire la sua coscienza.