Nel 1963 gli italiani tornano a votare per i due rami del Parlamento italiano. Pochi mesi dopo la crisi dei missili di Cuba, episodio in cui la guerra fredda rischiò di divenire molto calda. Ad un anno dall’elezione a Presidente della Repubblica di Antonio Segni, che solamente l’anno dopo, per gravi motivi di salute, lascerà la carica
È l’anno in cui, a Bitonto, una forte nevicata danneggia la scuola San Pietro. L’anno in cui si inizia a parlare della costruzione di quello che poi sarebbe diventato l’Istituto Tecnico Industriale Statale.
A livello politico, a partire dall’anno prima, era iniziata una nuova fase all’interno della Democrazia Cristiana. Dopo la vittoria di Aldo Moro, nel congresso Dc del ‘62, aveva inaugurato una nuova fase del partito, che inizia a dialogare con la sinistra, favorendo collaborazioni con il Psi. La Dc sostiene la necessità di un dialogo con il Psi, invitando i socialisti a smarcarsi dal Pci e ad abbandonare ogni ambiguità. Un percorso che comunque, i socialisti avevano già iniziato dopo i fatti d’Ungheria del 1956-57.
La campagna elettorale inizia i primi giorni di marzo e dura due mesi, fino al 28 aprile, giorno in cui cominciano le consultazioni. Diversi sono i candidati bitontini. A partire da quelli già eletti alle precedenti elezioni come Angelo Custode Masciale, senatore uscente per il Psi, in lista per il secondo mandato. Nicola Angelini (Dc) che si candida per la sua ultima volta, Italo Giulio Caiati (Dc) che si candida nuovamente alla Camera per il collegio di Brindisi, Michele De Capua (Dc), deputato uscente per la Dc e candidato per l’ultima volta.
Per il collegio di Bitonto, inoltre, al Senato, si candidano i bitontini Angelo Nicola Liaci (Pci), Nicola Cutrone (Psdi), Loiacono (Pri), Garofalo (Pli), mentre, per il Msi, in lista è Ernesto De Marzio, personalità di spicco del Msi dell’epoca.
Per la Dc, ma al collegio di Bari, si candida anche Vito Felice Cassano, storico insegnante bitontino a cui sarà intitolato il plesso scolastico in via Salvemini. Respinta dagli uffici elettorali circoscrizionali che fanno capo al Tribunale, invece, è la candidatura di un altro bitontino, per il Pdium, Antonio Michele La Tegola, a causa della presenza di molte firme non valide a sostegno della lista monarchica. I suoi ricorsi e quelli degli altri tre monarchici respinti saranno poi giudicati inammissibili.
Una delle prime manifestazioni della campagna elettorale è un convegno dei coltivatori diretti, a cui partecipa l’onorevole Vito Lattanzio, presidente provinciale dell’associazione, il sindaco Domenico Saracino e il commissario della sezione cittadina della Dc, Schittulli.
Si parla di agricoltura e dei suoi problemi storici, questioni che così vengono analizzate da Lattanzio: «Un problema vecchio, atavico. Sull’agricoltura gravò tutta la spesa dell’unità d’Italia, da parte di quel partito, il Liberale, che in quei tempi governava il nostro paese e che oggi si vuole elevare a difensore dell’agricoltura. Solo i grossi agrari stavano bene, vivendo nelle grandi città e andando nelle campagne solo una o due volte l’anno per riscuotere i fitti».
Un’accusa rivolta anche ai fascisti. Per l’agricoltura, Lattanzio indica, come strada da percorrere, la creazione di cooperative olivicole.
Sempre per la Dc, in città, interviene anche Renato Dell’Andro, in un incontro dal titolo “La nuova democrazia in Italia”, in cui critica sia la destra che la sinistra. La destra è accusata, dal giudice costituzionale, di essere tramontata come destra politica e di essere sopravvissuta solo come destra economica, come, cioè, quella destra che teorizzando l’assolutezza delle leggi economiche e l’assenza dello Stato nella competizione economia, finisce con il lasciare solo l’individuo nella vita sociale. Una destra, dunque, esclusivamente liberista, impossibile da sostenere se si vuol lottare l’affermazione dei principi di diritti sociali. Il comunismo è accusato, dal professor Dell’Andro, di immobilismo al pari della destra, fermo su teorie rivelatesi storicamente incapaci di raggiungere la giustizia sociale, negando la libertà: «I movimenti di destra sacrificano, prima della giustizia, la stessa libertà. Infatti, la libertà garantita solo ad una classe sociale o a talune classi non è libertà».
Ma le critiche sono rivolte anche ai movimenti di estrema sinistra e all’opinione comune secondo cui i comunisti neghino sì la libertà, ma s’ispirino a principi di giustizia sociale. Una giustizia che, però, negando la libertà, nega sé stessa: «Lo stato liberale e quello comunista si presentano entrambi come assolutisti. Ciò perché all’uno e all’altro manca un contenuto etico».
Intervengono, inoltre, Nicola Rotolo, segretario provinciale Dc, Pietro Bradascio, assessore alla Pubblica Istruzione al Comune di Bari, il senatore Nicola Angelini parla, insieme al sindaco Saracino dei problemi dell’artigianato bitontino.
Per il Psi, interviene l’onorevole Scarongella, che, tendendo la mano ai comunisti e invitandoli a sospendere polemiche insidiose tra i due partiti di sinistra, critica la Dc di scarso impegno nel perseguire un programma elettorale a cui i socialisti avevano dato appoggio e piena lealtà. Interviene anche Giuseppe Di Vagno, figlio dell’omonimo parlamentare socialista, mentre, per il Msi Giuseppe Tatarella sostiene la validità del movimento come forma di opposizione democratica al centrosinistra.
Le elezioni si svolgono il 28 e il 29 aprile e vedono la Dc in lieve flessione, a vantaggio del Pci che guadagna consensi, avviando un percorso positivo che culminerà nei successi degli anni ’70. Le elezioni, tuttavia, nonostante il calo, confermano la Democrazia Cristiana come primo partito, e sanciscono la fine della tendenza centrista e l’inizio del centrosinistra, cioè dei governi composti da democristiani e socialisti. Una tendenza sancita come abbiamo accennato già, quando, l’anno prima, la vittoria di Aldo Moro, nella Dc, aveva inaugurato una nuova fase del partito, che inizia a guardare a sinistra, favorendo collaborazioni con il Psi, sia pure in termini di appoggio esterno. Ne guadagnano le opposizioni, a sinistra i comunisti, e a destra i liberali, passati all’opposizione.
Inizia anche il declino delle forze monarchiche che, nonostante si fossero riunite in un unico partito, perdono più della metà delle preferenze. Un declino che porterà alla loro scomparsa dal panorama politico italiano.
Per il Senato, nel collegio bitontino, alla Dc vanno 42842 preferenze, che garantiscono a Nicola Angelini la sua ultima rielezione (morirà nel ’66). Al Pci vanno 20485 voti, mentre ai socialisti 12002. Al Msi, invece, 7208. 5950 sono i voti per il Psdi, 2018 quelli per il Pri e 1882 per il Pli. Del 93% è l’affluenza. A riuscire ad entrare al Senato è anche Angelo Custode Masciale, rieletto al Senato per il secondo mandato.
Alla Camera, nel solo comune di Bitonto (diversa è la ripartizione rispetto al Senato), 8549 voti vanno alla Dc, consentendo l’ultima rielezione di Michele De Capua, 5691 al Pci, 3255 al psi, 832 al Msi, 322 al Psdi, 307 ai monarchici del Pdium, 236 al Pli, 37 al Pri, più altre percentuali irrisorie andate a liste minori. L’affluenza si attesta al 95%. Tra gli eletti bitontini alla Camera vi è anche Italo Giulio Caiati, ancora una volta nel collegio di Brindisi.
Le elezioni del 1963 danno inizio alla IV legislatura che vedrà, dopo pochi mesi di governo Leone, un governo di centrosinistra guidato da Moro, con l’apertura verso il PSI. Vedrà l’istituzione delle Regioni, l’approvazione della legge 604/1966, che limita i licenziamenti alla sola giusta causa. Il numero dei deputati verrà fissato a 630, mentre quello dei senatori a 315, con la legge costituzionale 2/1963.