1966. Bitonto ritorna a votare per rieleggere i componenti del suo consiglio comunale, dopo quattro anni di amministrazione guidata da Domenico Saracino. Quattro anni in cui, durante la sua amministrazione, vengono varati varianti al Piano Regolatore Generale (dietro cui c’è Umberto Kuhtz, futuro sindaco), il Piano di Risanamento del Centro Antico, la realizzazione di nuove scuole in via Matteotti, via Salvemini, via Crocifisso, via Traetta e via Planelli, l’acquisto del palazzo Rogadeo, che diventerà biblioteca comunale. Fu sempre Saracino, negli ultimi mesi del suo governo cittadino, a consegnare la medaglia d’oro al valor civile alla madre del tenente Francesco Lillo, nel giugno del ’66 (evento che, qualche mese fa, è stato ricordato in occasione della commemorazione del valoroso finanziere).
Proprio nel ’66, dunque, si torna al voto. I due giorni fissati per l’appuntamento elettorale sono il 12 e il 13 giugno.
Primi ad iniziare la campagna elettorale sono i comunisti, che presentano la propria lista ad aprile. Dopo i comunisti sono i socialisti ad ufficializzare l’inizio della competizione, presentando una lista che annovera tra i candidati due futuri sindaci Domenico Larovere, Saverio Granieri e Antonio Pazienza, e un ex primo cittadino, Vito De Santis. A seguire iniziano la loro campagna elettorale il Psdi e il Pli, che, nel mese di maggio, invitando il segretario nazionale Giovanni Malagodi, che, a Bitonto e a Bisceglie, ammonisce che, senza una correzione da imprimere alle politiche economiche, la stagnazione economica avrebbe prodotto impotenza sociale, favorendo, dunque, i comunsti. Intervento ribadito anche nel convegno regionale sulla lotta alla povertà che si tenne nell’allora albergo delle Nazioni di Bari: «L’iniziativa della lotta alla povertà nasce dal profondo del liberalismo, fra i cui grandi scopi finali sono la promozione di tutti gli uomini e di tutte le donne alla piena libertà e dignità umana, ad un comune status di cittadini autonomi e responsabili; ed una società che protegga i deboli, senza mortificare i capaci e che cerchi anzi di allargare a beneficio di tutti, a differenza di quanto avviene nelle società socialistiche e paternalistiche».
Per il Psi, interviene Mario Marino Guadalupi, sottosegretario alla difesa del governo Moro III, sostenendo l’esperienza di centrosinistra come unica alternativa all’estrema destra e all’estrema sinistra. L’onorevole Luigi Bertoldi, invece, esprime il desiderio di riunire i socialisti in un unico partito che possa essere un valido strumento al servizio della classe lavoratrice: «Un indebolimento dei socialisti potrebbe provocare un vuoto pericoloso nel paese».
Per il Psdi, invece, l’onorevole Michele Pellicani è stato tra gli ospiti della campagna elettorale: «Il socialismo democratico lotta su due fronti: contro il capitalismo e contro il comunismo. Siamo contro il capitalismo, perché esso è il regime dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, e siamo contro il comunismo, non già per il suo programma economico, ma perché esso soffoca il libero sviluppo della persona umana e finisce con l’opprimere proprio coloro che vorrebbero redimere. Ai lavoratori, infatti, il leninismo assegna una funzione subalterna di esecutori di un piano politico, alla cui esecuzione essi non vengono chiamati a partecipare».
La Dc è l’ultima a presentare la lista, nell’ultimo giorno utile. Numero 1 è l’onorevole Michele De Capua. In lista anche il sindaco uscente Domenico Saracino. A sostenere lo scudo crociato intervengono il ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani e l’onorevole Vito Lattanzio, che insiste sulla necessità di «isolare il comunismo, come ogni totalitarismo, e porre premesse chiare per un vero progresso sociale nella concordia e nella pace internazionale».
Oltre, ovviamente, al sindaco uscente Saracino, che rivendica quanto fatto durante la sua amministrazione, iniziata nel ’62, come lo sviluppo della rete idrico-fognaria.
Ancora una volta, conclude la campagna elettorale democristiana il presidente del Consiglio Aldo Moro, per rivendicare i successi della Dc e attaccare i comunisti, tacciandoli di irresponsabilità.
Ancora una volta è la Dc è il partito più votato, con 8258 voti e con una percentuale del 41,9, e ottiene 18 seggi a Palazzo Gentile. Seguono il Pci con 5808 suffragi e il 29,5% (13 seggi), il Psi (3112 voti, 15,8% e 6 seggi), il Msi (891 voti, 4,5%, 1 seggio), il Psiup, nato due anni prima da una scissione del Psi (863 voti, 4,4%, 1 seggio) il Psdi (618 voti, 3,1%, 1 seggio). Nessun seggio per il Pli, che, con 168 voti e lo 0,8%, non riesce ad entrare nella Sala degli Specchi, dove si riunisce la massima assise cittadina.
Ma il suo secondo mandato non dura tantissimo. Saracino, infatti, annuncia le sue dimissioni pochi mesi dopo. Per ragioni personali, scrive in un comunicato stampa sulla Gazzetta del Mezzogiorno, riportato il 22 settembre. Ed è proprio la Gazzetta, all’inizio di ottobre, attingendo da “fonti bene informate”, anticipa il nome del suo successore, scrivendo: «In seguito all’insistenza del prof. Saracino a mantenere le proprie dimissioni, la Dc si sarebbe orientata verso la designazione del prof. Elia».
Ed effettivamente il 16 ottobre, nella seduta del consiglio comunale, Francesco Elia viene proclamato sindaco con 23 voti arrivati da Dc, Psi e Psdi. Accanto a lui una giunta di quattro assessori democristiani e quattro socialisti. Tredici sono i voti per il candidato di Pci e Psiup Marinelli.
Ma neanche Elia siede per tanto tempo sul massimo scranno cittadino. Appena un anno.
Tra i fondatori dell’Oleificio Cooperativo della riforma Fondiaria, che promosse la varietà olivicola Cima di Bitonto, il suo mandato è breve a causa delle discordie tra Democrazia Cristiana e centrosinistra. Annuncia le dimissioni nel settembre 1967, ufficializzandole nella seduta consiliare del 25 di quel mese. Al suo posto viene nominato Pasquale Marrone, ex partigiano e, in seguito, fondatore del Centro studi della Comunità europea a Bari. Ma anche il suo mandato non dura molto. Termina, infatti, nel luglio dell’anno successivo, con le sue dimissioni, motivate da “difficoltà incontrate nell’assolvere l’incarico”. Che, in parole più chiare, significa contrasti all’interno della maggioranza di centrosinistra, considerando che, alle sue dimissioni, seguono quelle da consigliere dell’onorevole Michele De Capua e dell’assessore ai Lavori Pubblici Nicola Piacente. Viene sostituito dal democristiano Francesco Gesualdo, che porta a termine il mandato fino al 1971.