Il 26 maggio 2019 si tennero le ultime elezioni europee, quelle che diedero inizio all’attuale quinquennio, che si concluderà nel 2024. Tra i candidati ci fu l’allora sindaco di Bitonto Michele Abbaticchio, in lista con +Europa, partito politico di orientamento europeista e liberale, nato dall’incontro fra Radicali Italiani e movimento Forza Europa. Prese 6726 voti, e a Bitonto fu il partito più suffragato, con il 34,37%. 6084 furono i voti di Abbaticchio, che, contando tutti i voti presi in provincia di Bari, in Puglia e nelle altre regioni meridionali, arrivò ad oltre 26mila voti. Nella sua lista fu secondo. Prima di lui, solo la leader del partito Emma Bonino. Tuttavia, non risultò eletto, perchè +Europa non raggiunse la quota di sbarramento.
Ma non è di questo che, in realtà, vogliamo parlare oggi. Preferiamo, invece, soffermarci su una delle forze politiche raggruppate nella lista di Bonino: Italia in Comune, la formazione politica di cui Abbaticchio era tra i fondatori. Fu fondata un anno prima, il 15 aprile 2018, dalla volontà di diversi sindaci d’Italia: Alessio Pascucci (Cerveteri, 2012-2022), l’ex pentastellato Federico Pizzarotti (Parma, 2012-2022), Damiano Coletta (Latina, 2016-2022) e, appunto, Abbaticchio. A Bitonto inglobò diverse esperienze civiche, come “Tra la gente”, “Direzione Bitonto” e altre.
L’obiettivo dichiarato era aggregare gli amministratori locali che erano espressione di liste civiche vicine al centrosinistra ed erano interessati a costruire una nuova classe dirigente nazionale per governare l’Italia partendo dall’esperienza dei sindaci. Proprio per questo, fu ribattezzato dalla stampa italiana “partito dei sindaci”.
«Siamo sindaci, ci interessa presentare proposte concrete al Governo per risolvere le difficoltà amministrative dei Comuni italiani e affrontare i numerosissimi problemi che si abbattono ogni giorno sui nostri cittadini» affermò Pascucci, annunciando l’evento di presentazione del partito, che si sarebbe tenuto il 3 dicembre 2017 a Roma.
«Questa iniziativa è nata nel 2014 come Rete di scambio di buone pratiche tra i sindaci ma anche come gruppo di mutuo soccorso gli amministratori locali sono spaventosamente soli, spesso abbandonati anche dai loro stessi partiti. Hanno aderito più di quattrocento tra sindaci, assessori e consiglieri comunali provenienti da ogni angolo del Paese» spiegò ancora Pascucci, in un discorso in cui si può notare anche una narrazione antipartitica, con i partiti politici spesso visti in contrapposizione al ruolo salvifico del sindaco.
E la volontà di «ripartire dai territori» fu confermata anche da Michele Abbaticchio, in occasione della prima festa di Italia in Comune, che si svolse nel comune di Panni (Foggia) nell’ottobre del 2019. Proprio l’ex primo cittadino di Bitonto fu il presidente regionale del soggetto politico. Diversi furono anche gli incontri tenutisi in città tra i principali protagonisti di Italia in Comune, come Pascucci e Pizzarotti.
«Siamo l’alternativa al populismo di M5s e Lega» disse Pizzarrotti, che era stato il primo grande dissidente del Movimento 5 Stelle, una delle massime espressioni del populismo contemporaneo. Dal sindaco di Parma, giunse l’invito al centrosinistra di porre fine ai litigi interni e impegnarsi ad arginare le forze populiste.
«L’iniziativa parte dai sindaci civici e intende aggregare tutti i sindaci che ci stanno, ma è un partito aperto e plurale, e perciò tutti i cittadini possono aderire. Cittadini e sindaci insieme» aggiunse Pizzarotti in varie interviste alla stampa in cui elencò i punti fermi del raggruppamento, presentando quest’ultimo come «una nuova realtà che guarda oltre la destra e la sinistra, composta da centinaia di cittadini e da sindaci civici».
Una realtà che ambisce ad uscire «dai confini del municipio, per mettersi in rete con le esperienze civiche che si fanno portatrici di modelli politici alternativi». E che punta la propria forza sul ruolo salvifico del primo cittadino, visto come diretto rappresentante diretto dei cittadini in una politica spesso lontana dalle esigenze della gente comune.
Un partito fluido e post-ideologico, dunque, che attinge la propria legittimità dalla figura del primo cittadino, istituzione che, a partire dalla legge 81/93, è stato spesso al centro di una narrazione populista che lo raffigura come una sorta di paladino dei cittadini contro la politica, i partiti. Dunque, non un vero e proprio partito politico, ma una sorta di federazione di partiti personali senza una solida struttura organizzata e senza un reale sistema di valori condiviso. Ogni sindaco è una specie di feudatario locale, forte del suo bacino elettorale, composto da sostenitori suoi e non certo di Italia in Comune, che spesso si rivela solo un partito di passaggio per chi non è riuscito ad ottenere l’ingresso in altre formazioni politiche.
Manca un’omogeneità politica anche tra gli stessi esponenti. Ne è una prova la diaspora che c’è stata dopo l’insuccesso del 2019. Molti esponenti sono andati nelle formazioni politiche più lontane tra loro. Serse Soverini, che per qualche tempo fu unico rappresentante in parlamento, nel 2019 entrò nel gruppo alla Camera del Partito Democratico, per poi approdare in Azione, il movimento di Carlo Calenda. A Trani, una consigliera di Italia in Comune approdò invece in Fratelli d’Italia, nonostante, nelle intenzioni, il “partito dei sindaci” guardasse più a sinistra.
Un esito abbastanza prevedibile in un partito liquido, senza ideologie a cui ispirarsi, che fonda la propria legittimità sulla figura più o meno carismatica del sindaco ed è privo di valori che leghino tra loro militanti e simpatizzanti. Peraltro, anche sul fronte antipopulista, quella del “partito dei sindaci” era destinata a non essere nient’altro che retorica. È difficile, infatti, combattere il populismo con un altro populismo. Italia in Comune, infatti, fa sua la narrazione altamente demagogica del sindaco taumaturgo, per citare un testo di Cinzia Dato Giurickovic (Franco Angeli, 1996): «Oggi, i sindaci delle grandi città d’Italia incontrano il governo, delineano proposte, esprimono opinioni, lo fanno davanti al Paese, non più rivolti alla ristretta area di rappresentanza cittadina. Nel rivolgersi ai cittadini assumono i toni dei tribuni, non già di quelli di semplici amministratori. E i cittadini guardano loro come mai prima d’ora avevano guardato al sindaco. II rapporto è diretto, le aspettative enormi: il sindaco è lo sciamano, meglio è il re taumaturgo che dà salvazione e prosperità al suo popolo, che lo ama e lo invoca o perisce, vittima sacrificale del suo insuccesso».
Oggi, con molta probabilità, potremmo parlare di Italia in Comune come di un esperimento fallito o, comunque, ormai su un binario morto. E a confermare la crisi, il sito internet che risulta in aggiornamento da più di un anno: un biglietto da visita non ben augurante, dal momento che, da allora, ci sono stati due importanti appuntamenti elettorali: le amministrative di giugno e le politiche di settembre 2022. E anche la pagina Facebook è ferma da un anno.