Nella concezione di militanza politiche che Sartori riassume con l’espressione “dalla culla alla bara” l’impegno, come abbiamo detto in più occasioni, riguarda i più disparati ambiti della vita del militante. Anche quello apparentemente più lontano, come il tempo libero.
Tra i soggetti dediti, nella cultura di sinistra, al tempo libero, storicamente, ci sono case del popolo, circoli culturali e circoli Arci. Parliamo, in questa sede, di questi ultimi.
L’Arci (Associazione Ricreativa e Culturale Italiana), come la conosciamo noi oggi, nasce a Firenze il 26 maggio 1957, ma la sua storia inizia ben prima, nella seconda metà dell’800, quando, con la nascita dello stato italiano (1861) e l’avvento della società industriale, si sviluppano le Società Operaie di Mutuo Soccorso, dedite all’assistenza dei lavoratori, che diventano punti di riferimento per la nascente classe operaia. Erano influenzate dalle ideologie mazziniane, anarchiche e socialiste ed è da queste che, a Milano, nascono le prime Camere del Lavoro, i primi sindacati. Tra le Soms, infatti, alcune si occupano di assistenza e mutuo soccorso, altre dei diritti dei lavoratori, mentre altre ancora diventano luoghi di ritrovo, dove fare cultura e istruzione. Nel primo ventennio del XX secolo questi circoli si diffondono, diversificandosi tra loro in circoli ricreativi, culturali e sportivi. In questo periodo si diffondono, specialmente in Toscana, anche le Case del Popolo, dove si parla di politica, ma si praticano anche attività ricreative nelle ore libere dall’attività lavorativa. Tutte queste realtà (circoli culturali, Soms e case del popolo), ad esempio, durante il periodo della Prima Guerra Mondiale organizzano aiuti per i cittadini, i soldati e le loro famiglie.
Ma la diffusione subisce una battuta d’arresto con l’avvento del fascismo, quando le libere organizzazioni dei lavoratori vengono represse e sciolte e le loro sedi, requisite, diventano spesso Case del Fascio.
La loro diffusione riprenderà solamente con la fine dell’esperienza fascista e l’avvento dell’Italia repubblicana. Non solo nel campo socialista e comunista. I cattolici creano le Acli e anche altre forze politiche costituiscono organizzazioni che curino il tempo libero dei lavoratori. È, dunque, in questo contesto che matura l’idea di dar vita ad un’organizzazione nazionale che comprenda e unisca circoli, Case del Popolo, Soms che si riconoscono nei valori democratici e antifascisti. Si arriva, quindi, al ’56, con la nascita dell’Arci.
Sono gli anni ’50, quelli del boom economico seguito agli anni bui della Seconda Guerra Mondiale. Anni caratterizzati da sviluppo produttivo e del settore terziario, dall’aumento dei consumi, dalle trasformazioni tecnologiche, e dalle conquiste dei lavoratori in termini di diritti, come la riduzione dell’orario di lavoro a 40 ore. L’impiego del tempo libero assume finalmente la dignità di un diritto dell’individuo e questi nuovi circoli, da essere dediti soprattutto all’assistenza ai lavoratori, intercettano sempre più questi cambiamenti. Si diffondono nuovamente le sedi, che avviano iniziative di promozione culturale, nel tentativo di superare la classica separazione tra la cultura dei semplici e quella degli intellettuali. Iniziative che riguardano anche cinema, teatro, produzioni televisive. Le sedi promuovono anche associazioni operative in particolari settori, che, entrando nell’Arci, danno vita, con il tempo ad Arci Caccia, Arci Pesca, Arci Sport, Arci Gay, Arci Donna, l’Ucca (Unione Circoli Cinematografici Arci). Associazione che, in alcuni casi, come l’Arci Gay o l’Ucca, esistono ancora, in forma autonoma.
Durante la sua storia, l’Arci ha anche preso parte a campagne nazionali e internazionali. Negli anni ’70, ad esempio, l’associazione manifesta il suo impegno in campagne contro il golpe di Pinochet in Cile o a favore della legge sul divorzio.
Attualmente a Bitonto sono ben due i circoli Arci presenti: Resilienza, su viale Giovanni XXIII, e Kirikù, in piazzale Ferdinando di Borbone.
Circoli che, alla mera attività ricreativa e ristorativa, uniscono attività come concerti e incontri, dibattiti, proiezioni cinematografiche.
Prima ancora, per diversi anni, c’è stato, in via Giosuè Carducci, il circolo Train De Vie, fondato nel 2009 dall’attuale consigliere comunale Pasquale Castellano, e chiuso nel 2017. Un circolo che, nei suoi otto anni di vita, ha organizzato diversi eventi e, restando aperto durante la giornata, ha anche svolto la funzione di sala studio.
Non è nostra intenzione, in questa sede, andare troppo a ritroso negli anni per tracciare una cronistoria di tutti i circoli Arci che si sono succeduti a Bitonto. Ci limitiamo a citare gli ultimi che, dagli anni ’90, sono sorti in città, riportando la testimonianza di chi ne ha gestiti alcuni, come Francesco Paolo Carelli, ex consigliere comunale e provinciale, che dalla metà degli anni ’90 agli inizi degli anni Duemila, fu tra i soci del circolo “L’Albero delle Alici” che aveva sede in via Muro Porta Robustina: «Fu un circolo molto attivo in quegli anni. Si organizzavano tanti dibattiti sui temi che, all’epoca, erano al centro delle cronache, come, ad esempio, la costituzione del Parco Nazionale dell’Alta Murgia e del Parco Naturale Regionale Lama Balice».
Il nome, come ci spiega Carelli, deriva da una leggenda che vedeva come protagonista un pescatore molfettese che si recava a Bitonto per vendere alici. Senza successo, dato che i bitontini compravano solo un’alice. Incuriosito da tale stranezza, venne dunque a sapere che questi, credendo che potesse nascere una pianta o un albero, erano soliti piantare l’alice nel terreno.
Presidente dell’associazione “L’albero delle alici” fu Michele Izzo, mentre vicepresidente fu Michele Gesmundo. Tra i soci fondatori vi furono anche Pino Di Terlizzi, alla cui memoria fu poi dedicato il circolo cittadino di Legambiente, e l’artista Franco Sannicandro, che lì, in quel circolo, come nel successivo “Pi greco” organizzò diverse iniziative.
«Svolgevamo molte attività di promozione culturale, come mostre fotografiche, mostre d’arte, anche grazie al contributo di Franco Sannicandro, al suo talento poliedrico e alla capacità di tessere importanti contatti» ricorda, l’ex animatore Arci che, ancora oggi, nel suo studio, conserva un faldone pieno di documenti relativi al circolo, brochure di eventi organizzati degli anni, comunicazioni inviate al Comune: «In una delle varie iniziative, organizzate dal circolo “Pi greco” sempre grazie a Franco Sannicandro, invitammo a Bitonto l’artista francese Miloud Oukili che, in quegli anni, noto per le sue attività per salvare i ragazzi abbandonati delle fogne di Bucarest, togliendoli dalla strada e cercando di promuovere il loro recupero attraverso l’arte circense. Invitammo anche Marco Rossi Doria (che poi sarà sottosegretario all’Istruzione durante il governo Monti, ndr) che a Napoli, insieme ad altri docenti volontari, riuniti nella onlus “Maestri di strada”, svolgeva attività per il recupero dei ragazzi in difficoltà».
Tra le altre iniziative di cui ancora Carelli conserva memoria, i tre concerti di musica Etnica Popolare, organizzati nell’ambito della Bitonto Estate ’99, in cui furono invitati i gruppi Faraualla, Nura e Uaragniaun, la manifestazione “Arte in Primavera” nel ’97, il concorso fotografico “Sguardi sul Mediterraneo” organizzato nell’ambito della Festa dell’Unità ’97, la partecipazione, nello stesso anno, alla Marcia della Pace Perugia – Assisi, o un incontro sul volontariato organizzato, nel maggio ’97, in collaborazione con l’Acli e le varie realtà bitontine attive nel settore. Un incontro che vide gli interventi dell’allora sindaco Umberto Kühtz e dell’assessore regionale Emanuele Sannicandro, oltre che degli attuali assessori Rosa Calò e Domenico Incantalupo, all’epoca impegnati nell’Agesci e in Mondodomani.
«Per aprire un circolo Arci – spiega – bisogna contattare la sede regionale, che all’epoca era presieduta da Dario Ginefra (oggi esponente del Pd ed ex deputato, ndr). I circoli possono specializzarsi con attività inerenti la musica, il turismo, il cinema, l’organizzazione di dibattiti. Potevano anche fare attività».
E possono fare anche attività ristorativa, come è, in effetti, stato per i circoli che, a partire dal “Pi greco”, per arrivare a quegli odierni, è successo. Un’attività ristorativa che, se da un lato gode di diverse agevolazioni per via della natura associativa, dall’altro è sottoposta, giustamente, a diversi vincoli che riguardano sia quel che si può servire sia chi può accedere (solamente i soci Arci dotati di tessera): «Con il tempo l’Arci è diventata più selettiva, dato che è capitato che si utilizzasse l’associazione solo per avviare un’attività ristorativa sfruttando le agevolazioni».