Ad un mese dalle elezioni regionali del 21 aprile 2000, gli italiani tornano al voto. Questa volta per l’ennesimo referendum. Era il 21 maggio quando gli italiani furono chiamati ad esprimersi su altri 7 quesiti, proposti dai radicali della Lista Bonino, reduci dal successo elettorale alle europee del ’99. E così, approfittando di quel momento favorevole e dei 16 milioni di firme raccolte, proposero un pacchetto referendario per la liberalizzazione del mercato del lavoro, per la riforma in senso liberista del fisco, della previdenza e dello Stato sociale. Proposte in senso liberale e liberista, come la Bonino stessa spiegò su Radio Radicale: «Deve essere chiaro a tutti che la libertà da affermare per gli europei del duemila sarà sempre più quella di potere avere libertà di scelta come consumatori ed utenti tra una molteplicità di opzioni in un mercato concorrenziale. Attraverso la scelta «liberista» vogliamo affermare la libertà di impresa, certo, ma anche la libertà del consumatore di ottimizzare la propria utilità orientandosi tra offerte davvero in concorrenza».
Ma, a differenza dei referendum del ’95 e del ’97, questa volta i Radicali non ottennero l’appoggio dello schieramento di centrodestra a schierarsi a favore dei quesiti liberali. Berlusconi, infatti, aveva ritrovato l’intesa con la Lega Nord, dopo la frattura degli anni precedenti, ed era convinto ci poter vincere le politiche del 2001 senza i Radicali. Fu questo, il motivo del suo invito all’astensione verso quei referendum che lui bollò come “comunisti”, solamente per l’appoggio dei Ds al solo secondo quesito per l’abrogazione della quota proporzionale della legge elettorale.
Intanto, dalla Corte Costituzionale, arrivò la mannaia che ridusse i quesiti da 20 a 7, giudicando ammissibili solamente quelli su tempo determinato, collocamento al lavoro, part time, lavoro a domicilio, sostituto d’imposta, smilitarizzazione della Guardia di Finanza, pensioni di anzianità, servizio sanitario nazionale, monopolio Inail, responsabilità civile dei magistrati, carcerazione preventiva, termini ordinatori e perentori, patronati sindacali.
Il primo quesito fu sull’abrogazione del rimporso delle spese per consultazioni elettorali e referendum e fu appoggiato anche da Alleanza Nazionale. Interessò solamente il 32,20% dell’elettorato nazionale. Si schierò a favore dell’abrogazione l’89,10%. Di poco inferiore il dato bitontino, fermo ald una partecipazione del 31,49% e ad un consenso del 78,24%.
Come già accennato, il secondo quesito fu sull’abrogazione della quota proporzionale della legge elettorale e fu promosso anche da Alleanza Nazionale. Stessa affluenza nazionale (32,40%), con i favorevoli all’82%, mentre a Bitonto il 31,54%, con i favorevoli al 77,55%.
Il terzo quesito fu su Abolizione del voto di lista per l’elezione dei membri togati del Consiglio Superiore della Magistratura. 32% fu la percentuale dei votanti, con l’86,40% che votò per il Sì. A Bitonto, 31,37% furono i votanti, con il 77.55% per il Sì.
Separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti era l’obiettivo del quarto quesito, poromosso anche da Sdi e Pri. Votanti: 32%. Favorevoli 69%. A Bitonto, votanti: 31,40%. Favorevoli: 75,26%.
Con il quinto quesito i Radicali volevano abolire la possibilità per i magistrati di assumere incarichi al di fuori delle loro attività giudiziarie. Votanti: 32%%. Favorevoli: 75.20%. A Bitonto, votanti: 31,41%. Favorevoli: 81,65%.
Il sesto quesito era promosso anche da Forza Italia e Pri e chiedeva l’abrogazione dell’articolo 18 dello Statuto del Lavoratori, a tutela dei lavoratori dipendenti in caso di licenziamento illegittimo, ingiusto e discriminatorio. Qui, in controtendenza rispetto agli altri quesiti, la maggioranza delle persone si espresse negativamente, bocciando la proposta di abrogazione dell’articolo 18. Votanti: 32,50%. Favorevoli: 32,50%. A Bitonto, votanti: 31,55%. Favorevoli: 30,66%.
L’ultimo quesito, infine, promosso dai soli radicali, chiedeva l’abrogazione della possibilità di trattenere dalla busta paga o dalla pensione la quota di adesione volontaria a un sindacato o associazione di categoria attraverso un patronato. Qui i consensi furono di molto inferiori. Votanti: 32,20%. Favorevoli: 61,80%. A Bitonto, votanti: 31,46%. Favorevoli: 79,86%.
Ma la differenza tra i Sì e i No, ancora una volta, non fu affatto rilevante, in quanto tutti e sette i referendum non raggiunsero il quorum del 50% più uno, regalando una sonora sconfitta ai Radicali e al loro progetto liberale e liberista.