Nella ricostruzione dell’Italia, nel secondo dopoguerra, un ruolo importante fu quello del Piano Marshall, il piano di interventi economici proposto da George Marshall, politico ed ex militare, sotto il vero nome di “European Recovery Program”. Fu, infatti, un piano per la ripresa europea, dopo la devastazione portata nel vecchio continente dal secondo conflitto mondiale. Un piano di ingenti aiuti economici, per un’entità era di 14 miliardi di dollari, proposto da Marshall che, all’epoca, era segretario di Stato degli Stati Uniti d’America, al fianco del presidente Harry Truman.
Fu annunciato nel suo discorso tenuto, il 5 giugno ’47, all’università di Harvard. Marshall era convinto che senza un serio piano di aiuti economici, che sarebbe stato di tre o quattro anni, la maggior parte dei paesi europei avrebbe conosciuto un nuovo aggravarsi della loro economia che, a sua volta, avrebbe provocato un peggioramento ulteriore della situazione politica e sociale. Situazioni che, in passato, avevano portato all’emergere di quei nazionalismi colpevoli di aver scatenato la Seconda Guerra Mondiale. Molte infrastrutture, infatti, giacevano ancora distrutte dalla guerra, finita ormai da pochi anni. Anche in Puglia, che aveva subito pesanti bombardamenti.
L’Italia, dopo Regno Unito, Francia e Germania occidentale, fu il paese più aiutato, con 1204 milioni di dollari. E una parte di quei fondi arrivò anche al Meridione, in Puglia, a Bari e alla sua provincia. Uno degli effetti, ad esempio dell’utilizzo di quei fondi, fu la Riforma Agraria del 1950, finanziata anche con i dollari arrivati dagli Usa, che furono destinati ad incrementare e migliorare l’assistenza sanitaria, l’istruzione, in un paese ad alto tasso di analfabetismo, e la costruzione di nuovi alloggi, edifici ed infrastrutture, utili anche per collegare l’Italia agli altri paesi europei e del Mediterraneo, evitando nuove tentazioni autarchiche che erano state tipiche del fascismo.
Il Piano Marshall fu ben accolto dalle forze politiche orientate verso ovest, mentre a sinistra il parere favorevole non fu certo così unanime. Agli occhi di molti, infatti, quegli interventi erano un tentativo degli Stati Uniti di ribadire la loro influenza sull’Europa. La Francia aveva pure tentato di coinvolgere l’Unione Sovietica a partecipare agli incontri preparatori. Ma la patria del comunismo, dopo un primo interesse mostrato, scelse di continuare a partecipare ai negoziati, portando con sé anche gli altri paesi del blocco orientale. Il timore, non certo infondato, era che il piano celasse un’iniziativa imperialista in chiave antisovietica.
L’argomento fu, come abbiamo visto, centrale durante la campagna elettorale per le politiche del ’48, quando la contrapposizione tra i due blocchi raggiunse picchi altissimi.
A poco servirono rassicurazioni che, in caso di vittoria comunista, gli aiuti sarebbero stati accettati ben volentieri. Il Piano Marshall fu un efficace espediente per disincentivare il voto comunista e socialista. Abbiamo citato la lettera dei pugliesi d’America, che invitavano i loro concittadini rimasti in Puglia a non votare i comunisti, pena la sospensione degli aiuti. Ma anche Ernesto Rossi (Unità Socialista), nel suo discorso che, in quell’occasione, tenne a Bitonto, invitò a non votare i comunisti che, impedendo l’arrivo dei fondi, avrebbero portato il Paese nella miseria.
L’aiuto americano fu decisivo per la realizzazione dei progetti di ricostruzione nel Mezzogiorno e nella Puglia, quei progetti che erano stati proposti dai tecnici dell’Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale), della Banca d’Italia e della Svimez, che premevano sulla necessità di potenziare le infrastrutture e contrastare la diffusa disoccupazione, rimediando alle notevoli distruzioni che la guerra aveva causato al sistema produttivo delle principali città, dove spesso avevano lasciato cumuli di macerie. Il Piano, quindi, fu decisivo per la ripresa economica e sociale e permise anche al Sud di riprendere la sua corsa. Fu una boccata di ossigeno per un’economia che, altrimenti, avrebbe conosciuto politiche di austerity che avrebbero probabilmente generato scontento sociale tra la popolazione.
L’attuazione del piano terminò nel 1951. Ci fu qualche tentativo di prorogarne la fine, ma l’inizio della guerra di Corea e la vittoria del Partito Repubblicano, negli Stati Uniti, alle elezioni per il Congresso del ’50 ne sancirono l’interruzione definitiva.