Fondato a Bologna nel 1922, il Partito Liberale Italiano (PLI) rappresentò coloro che si riconoscevano in una idea liberale dello stato e liberista dell’economia e affondava le proprie radici nel Risorgimento, essendo l’erede dell’Unione Liberale di Camillo Benso conte di Cavour. Tra i suoi fondatori vi furono Giovanni Giolitti, Antonio Salandra e Vittorio Emanuele Orlando. La sua fondazione fu dovuta all’’introduzione del sistema proporzionale nel 1919 e al conseguente trionfo dei partiti di massa, in primis quello socialista, che costrinse anche i liberali ad organizzarsi in forme più stabili e più strutturate. Ma, nonostante la riorganizzazione in partito politico, il Pli non fu mai un partito di massa, tanto strutturato e in grado di essere l’unica espressione del liberalismo italiano.
Nei suoi primissimi anni, collaborò con il governo fascista di Benito Mussolini. Benedetto Croce, figura storica del liberalismo italiano, salutò con favore l’ascesa del regime, visto come «un ponte di passaggio per la restaurazione di un più severo regime liberale». Ma, dopo l’omicidio Matteotti e in seguito al II Congresso di Livorno, il Pli prese le distanze dal fascismo e fu dichiarato fuori legge nel 1925. Tanto che sarà lo stesso Croce, nel ’25, a redigere il Manifesto degli intellettuali antifascisti.
Si ricostituì nel 1943 quando alcuni intellettuali ed esponenti politici liberali ripresero a partecipare all’attività politica e quando, dopo l’8 settembre del ‘43, si cominciò a pubblicare, prima clandestinamente, poi ufficialmente il periodico “Risorgimento Liberale”. Tra questi vi furono Benedetto Croce, che fu presidente dal ’44 al ’47, e il futuro presidente della Repubblica Luigi Einaudi.
Schieratosi prima con la monarchia al referendum del ‘46, sostenne dopo quella data, la nascita della Repubblica, anche su invito di Croce, e, nell’Assemblea Costituente ebbe 33 seggi. Molti di meno rispetto ai cattolici, ai comunisti e ai socialisti. Del resto, il Pli svolse un ruolo minore ed ebbe un consenso molto limitato, nonostante godesse di un forte prestigio intellettuale, e diede alla neonata Repubblica ben due presidenti: il primo presidente, Enrico De Nicola, e il già citato Luigi Einaudi. La stessa ideologia liberale contribuì fortemente a forgiare la nuova carta costituzionale.
Un consenso limitato lo si ebbe anche nelle realtà locali, come Bitonto. Sede del partito fu in via Nino Bixio. Tra i suoi esponenti locali più illustri vi fu il giornalista Antonio Cardone che, per il Pli, si candidò, senza essere eletto, al Senato alle elezioni del 26 giugno 1983.
Tra i capisaldi dell’idea liberale, anche a livello locale, vi era il libero mercato, e la volontà di rappresentare «chi crede nella libertà di iniziativa economica privata», (principio in antitesi con la sinistra socialista e comunista) come scrisse sul “da Bitonto” nell’estate dell’89, l’allora segretario Nicola Calvone, in occasione della formazione, in consiglio comunale, del gruppo consiliare del Pli.
Vi era, dunque, la volontà di rappresentare gli imprenditori e farne proprie le istanze contro la burocrazia, nell’idea che difendendo il loro ruolo e quello delle proprie attività, si sarebbero difesi anche gli interessi dei lavoratori. Un concetto tipico della destra liberale, tanto che da parte avversa, l’accusa mossa era quella di rappresentare i conservatori, i latifondisti, i padroni.
«Sono un liberale e, dunque, fermamente convinto dei principi di libertà ai quali nessun uomo moderno può rinunciare. Il piccolo imprenditore ha bisogno, per far sopravvivere la sua azienda di potersi muovere più liberamente, di far camminare le pratiche, liberandole dalle strettoie burocratiche imposte da chi ha bisogno di costruire clientele per affermare il suo potere» scrisse Antonio Cardone in un’intervista rilasciata al “da Bitonto” nel giugno ’83, prima delle consultazioni elettorali in cui era candidato.
Il Partito Liberale Italiano, se pur toccato marginalmente da Tangentopoli, si sciolse nel ’94, seguendo gli altri partiti della Prima Repubblica. Anche per via dei suoi consensi inferiori non sopravvisse, anche se molti principi del pensiero liberale, con la crisi delle ideologie, furono fatti propri anche da tutti gli altri partiti, anche dagli ex comunisti.