Abbiamo più volte raccontato, nel corso di questa rubrica, come, a partire dagli anni ’70, gli italiani iniziarono a mal sopportare quelli che, per un trentennio, erano stati i principali attori della vita politica italiana, i partiti di massa. Una sfiducia che si manifestò in più modi. Disertando sempre più le urne e iniziando una tendenza inesorabilmente crescente all’astensionismo. Cominciando ad esercitare un voto più instabile, fluttuante tra le varie sigle. O dando vita a nuovi movimenti prima e nuovi partiti poi non più nati da una base solamente ideologica, da un insieme più vasto e solido impianto di valori, ma concentrati su singoli temi specifici, su singole materie. Partiti che, collocandosi trasversalmente alle varie coalizioni politiche (ma talvolta anche collocandosi a destra o a sinistra), basavano la propria attività politica su una singola questione. Nacquero, specialmente a partire dagli anni ’80, quelli che, prendendo in prestito l’espressione inglese, furono chiamati “single-issue party”, ma che possiamo tradurre semplicemente con “partiti monotematici”.
Organizzazioni che abbandonando propositi di lotta di classe, contestazioni su base collettiva, tematiche prettamente sociali, agivano il più delle volte per la difesa e la conquista di tutele o diritti civili, mantenendosi sul piano della lotta per i diritti individuali che, di lì a breve, avrebbe permeato l’intero panorama politico deideologizzato.
Il movimentismo attorno a singole questioni si era già sviluppato abbondantemente nel decennio precedente, attorno a temi come il pacifismo, il femminismo, l’emancipazione omosessuale, il riconoscimento dei diritti delle minoranze etniche (tema questo poco italiano e più presente negli Stati Uniti o negli altri paesi europei con una più importante storia colonialista), le istanze regionaliste e autonomiste dei territori. O come l’ambientalismo. E furono proprio gli ambientalisti tra i primi gruppi che fecero di quel movimentismo un partito politico in grado di presentarsi direttamente nelle competizioni elettorali.
I primi movimenti ecologisti avevano già iniziato ad organizzarsi politicamente e a diventare veri e proprio partiti politici negli anni ‘70. Il primo esempio di partito a tema esclusivamente ambientalista sorse in Australia nel ‘72. L’anno successivo anche l’Europa vide la nascita del primo partito verde, nel Regno Unito.
In Italia, invece, fu nei primi anni ‘80 che nacquero i primi partiti verdi. Nonostante una coscienza ambientalista avesse iniziato già dai primi anni ’70 a diffondersi. Sin da quando, una forte spinta propulsiva fu data dalla pubblicazione, nel ‘72, del “Rapporto sui limiti dello sviluppo”, ad opera dell’associazione “Club di Roma”. Un rapporto che paventava notevoli rischi per l’ecosistema terrestre e per la sopravvivenza della specie umana. Rischi derivanti dalla crescita demografica mondiale e dal conseguente sfruttamento delle materie prime.
Le elezioni regionali dell’85 videro la discesa in campo, in diverse regioni di liste verdi, rappresentate, nel simbolo, da un sole ridente preso in prestito dagli ambientalisti danesi. Lo abbiamo accennato già parlando di quell’appuntamento elettorale, sottolineando che la Lista Verde raggiunse l’1,06 in tutta la Puglia e l’1,02% nella sola città di Bitonto.
L’anno successivo, dall’unione delle varie liste verdi, nacque a Finale Ligure, la Federazione delle Liste Verdi, che si presentò alle elezioni politiche del 1987 raggiungendo il 2,51% alla Camera e l’1,86% al Senato (a Bitonto 1,24% e 1,36%).
Fu alle europee dell’89 che la Federazione ottenne il suo risultato migliore di sempre, raggiungendo il 3,89% su base nazionale (2,74% nella nostra città). Un risultato a cui si deve sommare anche quello dei Verdi Arcobaleno, una frangia ambientalista di Democrazia Proletaria, che si presentò con una propria lista ottenendo il 2,39% (1,64% a Bitonto).
Nel ’90, la Federazione delle Liste Verdi, unendosi ai Verdi Arcobaleno, fondò la Federazione dei Verdi, ancora attiva e sempre in coalizioni di centrosinistra. Cercando, quindi, pur concentrandosi sulle tematiche dell’ambiente, di abbracciare anche altri valori, in modo da attrarre un elettorato più ampio. Motivo per cui si abbracciò, spesso, anche una narrazione antipartitica e antipolitica che, specialmente alla fine degli anni ’80 e nei primi anni ’90, fu all’apice della popolarità, con i partiti ormai moribondi, colpiti da una sempre più grave crisi politica, alimentata da corruzione, scandali e attacchi antipolitici.
«Agli uomini forti, agli uomini coraggiosi, agli uomini fiduciosi in un mondo migliore, agli uomini disposti a sperare contro ogni speranza, rivolgiamo il presente appello per sostenere e partecipare ad una battaglia di riconquista e rinascita della nostra città, nella pienezza dei suoi valori storici, culturali, sociali ed economici» recitò un comunicato stampa diffuso, sulle pagine del “da Bitonto” del maggio 1990, dai Verdi bitontini, in occasione delle amministrative di quell’anno, le prime che videro la loro partecipazione. Ottennero il 2,53% delle preferenze e un seggio a Palazzo Gentile, che andò al più suffragato della lista, Marco Vacca (312 voti).
Il comunicato pubblicato dal “da Bitonto” invitava i cittadini al sostegno per i Verdi e alla loro battaglia per un rinnovamento della politica, «fermando lo stato di degrado politico, morale e civile. Lottando contro ogni forma di prevaricazione lesiva della dignità umana. Combattendo la faziosità, gli arrivismi, le lottizzazioni e gli immobilismi delle oligarchie dei partiti, causa dell’avvilimento della nostra città. Promuovendo la riscoperta del gusto della Politica: una politica nuova, con uno sguardo nuovo, con metodi nuovi. Dando voce ai senza voce, ridando fiducia nella politica agli sfiduciati».
Obiettivi, per gli ambientalisti nostrani, da raggiungere promuovendo «i diritti costituzionali della persona umana», come il diritto alla casa, alla sicurezza sociale, alla salute, alla tutela dell’ambiente, all’istruzione, alla cultura, al lavoro, alla libertà di pensiero, allo sviluppo delle attività economiche.
Tra le prime campagne a cui prese parte il partito ambientalista, in consiglio comunale, ci fu l’opposizione al progetto della discarica controllata per i rifiuti solidi urbani, che, nel consiglio comunale del 30 dicembre 1991, fu approvata con i soli voti contrari di Pds e, appunto, i Verdi.