Il
richiamo in prima pagina è già tutto un programma: “Bitonto,
l’harakiri del centrosinistra”.
Il
titolo vero e proprio, all’interno, non passa in secondo piano:
“Amico e castigatore del Pd, il rebus di Bitonto”.
L’edizione
barese di Repubblica, nella prima puntata del viaggio
all’interno della crisi del Partito democratico pugliese dopo i
brutti fatti di Brindisi, parte da Bitonto.
Dove
c’è un sindaco, Michele Abbaticchio, in ottimi rapporti con i
democratici baresi e regionali, ma non con quelli locali. Che sono la
principale forza di opposizione. O almeno così sembra.
C’è
una coalizione di governo formata da partiti (Sinistra ecologia e
libertà, Partito socialista, Italia dei valori) e liste civiche
(Giovani con Michele Abbaticchio, Progetto Comune, Città
democratica, Laboratorio) che si sono opposti al Pd nel 2012, ma che
in competizioni sovracomunali – vedi le ultime Regionali – sono
stati alleati del partito del premier Matteo Renzi.
Eccola,
allora, l’anomalia della città dell’olio. Sinistra “Unita”
fuori, divisa dentro.
O
almeno così sembra. Sì, ripetiamolo.
Un
caso strano, già fatto notare più volte dai media locali (sul
nostro fratello maggiore, il “daBITONTO” cartaceo, abbiamo speso
fiumi di inchiostro sulla vicenda).
Tutto
parte, si diceva, quattro anni fa. L’amministrazione Valla implode e
Bitonto è chiamata alle urne. La sinistra, dopo un iniziale tavolo
di concertazione, si sfascia e presenta due candidati: Michele
Abbaticchio, già dirigente comunale, e Paolo Intini, candidato
scelto dal Pd.
Abbaticchio
vince al ballottaggio, e il Partito democratico si deve accontentare
del premio di partito più votato. Come nel 2008.
Inizia
la consiliatura, e più volte ci si chiede come ricucire il dialogo
tra le due sinistre. “Ma come posso io dialogare con un partito
che pensa solo e soltanto ad attaccarmi?” ripete a più riprese
il primo cittadino, riferendosi a Franco Natilla, consigliere dem,
molto spesso il più puntiglioso tra gli oppositori.
Accade,
però, più di qualcosa di strano, che stona un po’, e che lancia più
di un sospetto sul fatto che dietro il gioco delle parti ci sia molto
di più.
Nel
2014, “per il bene comune”, si tenta di mettere una pezza
allo strappo. Ci sono le Europee e le elezioni per la Città
metropolitana, e si arriva a un rapporto epistolare tra il sindaco e
la “Pescara”. Qualcuno, addirittura, parla di rimpasto di giunta.
Nulla
accade.
Qualche
mese dopo, però, nasce “Progresso Democratico”, con a
capo il “renziano” Emanuele Sannicandro, che raccoglie
consiglieri di maggioranza nonché assessori, e ha la voglia di unire
il centrosinistra. A settembre scorso, poi, il Pd (alias Progresso
Democratico) scrive all’altro Pd (Partito democratico) una missiva
nella quale chiede di appoggiare l’amministrazione targata Michele
Abbaticchio.
E
poi c’è la questione del presidente del Consiglio comunale.
Che
confusione, direbbero i Ricchi e Poveri. Ma tant’è.
Uscendo
dalle mura cittadine, è tutta un’altra musica. Nel 2013 l’allora
sindaco di Bari, Michele Emiliano, nomina Abbaticchio vicepresidente
Ato rifiuti Bari 1. Nell’ottobre di due anni fa diventa consigliere
metropolitano, e in più di una occasione ringrazia i vertici
regionali. L’anno scorso, Antonio Decaro, il primo cittadino del
capoluogo pugliese, lo nomina assessore metropolitano alla
Pianificazione territoriale e strategica e, successivamente,
vicesindaco, perché è “una
persona di qualità, un amministratore concreto dalle riconosciute
capacità e con una forte esperienza da sindaco nella sua città”.
Un
endòrsement in piena regola. Roba da far venire i brividi anche a
Seneca e alla sua “Consolatio
ad Polybium”.
Eccolo,
allora, Abbaticchio. “Amico
e castigatore del Pd”.
E
l’anno prossimo cosa accadrà? Sarà sempre la consueta, stracca tiritera fatta di bastone o carota?
Anche ai
vertici regionali interesserebbe saperlo…