di Michela Rubino
Sabato sera, nella chiesa di San Francesco d’Assisi, il teatro si è fatto voce di resistenza, memoria e urgenza. “Reactive e reazione fu”, lo spettacolo firmato dalla compagnia “AttoRE Matto”, ha portato in scena storie di donne che, attraversando i secoli, hanno saputo plasmare la loro sofferenza in arte, conoscenza e testimonianza.
Non è una data scelta a caso, quella della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne: è un invito collettivo a rompere quell’indifferenza che anestetizza, un invito a ricordare ma soprattutto a reagire. Come ha sottolineato Cecilia Maggio, regista dello spettacolo, “Questa serata è dedicata alle donne, ma anche alla violenza in tutte le sue forme. Abbiamo voluto rendere omaggio a figure storiche di grande rilevanza, e allo stesso tempo a chi, come Anna Rosa Tarantino, ha perso la vita in un atto di violenza gratuito e inaspettato”. La memoria di Anna Rosa, l’84enne uccisa per errore durante una sparatoria nei vicoli di Bitonto, è emersa con forza attraverso gli audio originali trasmessi durante il monologo della giornalista Viviana Minervini: i 17 colpi di pistola che hanno spezzato la sua vita e il momento straziante della chiamata alla polizia.
Sul palco, la narrazione si è sviluppata come un filo di Arianna, guidando il pubblico attraverso epoche e culture diverse, ma unite da un tema universale: il dolore che chiede giustizia, il silenzio che deve essere spezzato. Letizia Acquafredda, Valeria Baldasarre e Roberta Palmieri hanno dato corpo e anima a Ipazia, martire della conoscenza e simbolo di resistenza alla brutalità del potere, ricordata per il suo coraggio nell’affrontare un mondo che voleva farla tacere.
Con Artemisia Gentileschi, interpretata da Gabriella Perrini, la scena si è trasformata in un quadro vivo: la pittrice che usò il pennello per gridare ciò che il mondo voleva ignorare.
Eva Fahidi, sopravvissuta all’orrore di Auschwitz, è stata rievocata da Fausta Finetti, ricordando che il corpo non dimentica mai: è la prima testimonianza della violenza, ma anche il primo strumento della ribellione.
Marajha Murgolo ha vestito i panni di Alda Merini, poetessa che ha scritto della follia come liberazione e condanna. Chiara Mitolo, invece, ha vestito quelli di Frida Kahlo, emblema di tutte le donne che, ferite, trovano il modo di risorgere.
“Reactive e reazione fu” non si è fermato a raccontare il passato. Ha manifestato allo spettatore come la violenza non sempre urla: spesso tace, sussurra, si nasconde nei dettagli. Non basta condannare, bisogna agire e reagire. Come queste donne hanno convertito il loro dolore in qualcosa di eterno, così noi abbiamo il dovere di convertire il nostro silenzio in una rivoluzione che, finalmente, non tardi più a venire.