Prosegue con successo la terza edizione del Luce Music Festival, ospitato, quest’anno, dal 7 al 12 agosto presso il Parco Naturale Lama Balice di Bitonto. Questa sera, appuntamento con Dente che presenterà l’omonimo suo album uscito a febbraio 2020. Come di consueto prima di ogni concerto del festival, si terrà anche il tour guidato al tramonto e alla scoperta del patrimonio storico, artistico ed enogastronomico del territorio, “Bacco in Lama”.
Questa è un’edizione speciale volta a sottolineare il valore genuino della musica come nutrimento e fonte di vita, soprattutto nei momenti di solitudine e quando nemici invisibili come il Coronavirus raffreddano i legami e ostacolano in qualche modo l’arte, ma non solo.
Prima data del Festival, realizzato con il contributo della Regione Puglia e in collaborazione con il Comune di Bitonto, è stata quella del Pandemonium di Vinicio Capossela affiancato dal suo “rumorista intraterrestre” Vincenzo Vasi e poi da due artisti pugliesi, alla viella il molfettese Giovannangelo Degennaro e al tamburello il barlettano Giuseppe Leone, che lo seguono in tour da circa cinque anni.
“In questo periodo pandemico -ha raccontato Vinicio- sono emersi spesso dalle cantine della nostra anima dei demoni intesi come nostre diverse nature spesso in reciproca contraddizione”. A loro è stato dedicato il suo concerto fatto di musica e parole, il rosso pandemonio le cui disarmonie sono state armonizzate da un grande organo e da un azionatore di vibrazioni, rumori, di spiritismi, dall’uomo orchestra Vincenzo.
E allora il rosso della rabbia, della morte, dell’inferno, ma anche della vita, dei suoi peccati lussuriosi, desideri, dei ritorni, della grinta di Vinicio ha trasportato il pubblico in un mondo quasi mitologico, medievale liberando l’essenza dell’anima imprigionata dal corpo, quel dàimon che genera panico e contraddizioni, ma al tempo stesso rimescola e risolleva verso il divino nelle sue altre vesti angeliche.
“Io vidi spalancarsi la porta dell’inferno” così canta Vinicio, ma “Il grande leviatano mi gettò in libertà”. Pian piano “Scivola vai via”, il cantante così si è rivolto al demone dell’anima che non sottrae amore anzi lo alimenta probabilmente in una “Camera a sud”, danza, rende “L’uomo vivo” , tenta e non passa come “Il ballo di San Vito”. In questa grande liberazione, il messaggio è la speranza riposta in una dolce preghiera all’amata a cui il cantante chiede che il suo cuore venga protetto in attesa che ritorni l’incanto. Allora, amore, “Ovunque proteggi”.
A quest’invito si è unito il molfettese Giovanni Giancaspro, in arte Gio Evan. Il poeta, scrittore, filosofo, umorista, performer e cantautore ha presentato per la prima volta nella sua Puglia, nella seconda data del Luce Music Festival, “Albero ma estro”.
“La solitudine pandemica ha sconvolto un po’ tutti, ma ci ha permesso di guardarci dentro, resistere a qualcosa che ci minaccia e da cui ci si libera attraverso la sofferenza, come ci suggerisce la sua etimologia latina. È sottraendo, rinunciando a qualcosa che si giunge alla purezza della felicità” per Gio Evan. Accogliendola, è possibile condividerla perché la vita ha un altro sapore se si colgono i suoi inviti a fermarsi per poi ricominciare, saper stare bene da soli e poi con gli altri, così come racconta in “CondiVid19”, brano con cui ha incominciato il suo spettacolo di musica e parole.
Questa sua filosofia ha il sapore della saggezza di un Baba che Gio ha incontrato in uno dei suoi viaggi in India, di cui v’è traccia anche e soprattutto in “Himalaya Cocktail”. Bisogna essere realmente pronti a rendere la vita incredibile e l’amore può essere l’antidoto, lo “Scudo”, la forza di girare “A piedi il mondo” pur restando occhi dentro occhi, uno di quei “Regali fatti a mano” che sanno ancora sorprendere.