Prima di parlare della Semantica analizzandola filosoficamente, sarebbe meglio connotarla com’è collettivamente ritenuta. La Semantica è la branca della linguistica che si occupa e studia il significato delle parole. Non a caso, infatti, la parola etimologicamente richiama il vero, “ciò che è vero”: semaino, in greco, significa “vero”, da qui Semantica. Il problema filosofico sul quale dobbiamo interrogarci è la relatività con la quale un suono, un fonema, corrisponde a ciò che è, a ciò che esiste, al tode tì aristotelico; quindi a come questo suono richiami nella realtà un ente ontologico. Evitando di scomodare alcuni filosofi della Scolastica, i quali si occuparono, data la “quaestio de universalibus”, dello studio degli enti in ambito soprattutto conoscitivo, cerchiamo di analizzare la Semantica in maniera più semplice e intuitiva ma non meno filosofica.
La problematica principale è riuscire a capire il “punto d’intermezzo” che c’è quando ci vogliamo riferire ad un oggetto, ad un ente, quando lo chiamiamo con l’ausilio del fonema, e quindi lo riconosciamo. In questa maniera di questo stesso ente ne abbiamo un concetto. Ma tra il concetto ed il fonema che costituiscono il riconoscimento, cosa c’è? Prendiamo in esempio la sedia, oggetto comune. Quando ci riferiamo ad essa utilizziamo il fonema e la parola “sedia”, ma, nel reale perché dovremmo riferirci inoppugnabilmente a quel tipo d’oggetto? Perché, ovviamente, sedia significa quello. Ma è proprio questa la domanda che dobbiamo porci: perché significa quello? La Semantica risulta quasi essere, quindi, una branca dalla tassonomia, più che della linguistica: non si occupa tanto di comprendere e scoprire le caratteristiche del linguaggio, quanto di traslare da una realtà concettuale ad una realtà effettuale quel che noi diciamo. “Sedia” come semplice suono, in quanto tale, è appunto un semplice suono, “flatus vocis” direbbe Roscellino: non significa e non esprime niente. Ciò che porta il suono a rapportarsi all’ente è il concetto, il quale altro non è che un’elaborazione mentale che in quanto tale, in quanto pensata, non produce e non gode di dizione. L’uomo tramite i concetti elabora il reale, e tra l’elaborazione e la trasmutazione del concetto in realtà vi è la Semantica, la quale oltre all’occuparsi di dar significato alle parole, riesce anche, indirettamente, a creare un punto d’incontro tra il concetto e la sua valenza effettuale. Da questo, quindi, viene il riconoscimento.
E’ come, quindi, se tutte le parole in quanto fonemi siano onomatopee prive di significato, suoni di niente, vuoti. Tutte le parole non significano nulla: è grazie al loro essere legati a doppio filo ad un concetto ed ad un ente ontologico, che godono della loro valenza significativa, la quale gli vien conferita, tassonomicamente, dalla Semantica.
Simone Santamato