Quanto segue vuole essere un’analisi metafisica, e quindi filosofica. Non verranno
presi in considerazione elementi anatomici dell’uomo agenti come “custodi” della
memoria, pensiamo all’Ippocampo, ma si elucubrerà prendendo il ricordo ed il
dimenticato in quanto tali.
Ricordo in quanto tale
Prima di speculare sul ricordo in quanto tale, cerchiamo di focalizzare cosa
intendiamo per ricordo: qualsiasi reminiscenza della mente. Il ricordo può esser
anche visto come pezzo di vissuto: esso è una ripetizione, in sintesi. La nostra mente
riesuma ,dall’interno di sé stessa, come fotogrammi di eventi che sono rimasti
immagazzinati all’interno del pensiero: avranno la loro utilità, evidentemente.
L’utilità sarà nostro interesse dopo, ora proseguiamo l’analisi principale: il ricordo in
quanto tale.
Riallacciamoci a quanto detto: il ricordo è quella parte di vissuto che, essendo
ritenuta importante, viene impressa nella memoria. Ciò significa che, tutti i pezzi che
la nostra memoria riesce a ricordare, andranno a creare, nella loro totalità
quantitativa, il nostro vissuto per intero: sono esperienze che, potendole ricordare,
chiamiamo passato.
Ricordare significa quindi prendere una parte della propria vita e rivederla come se
fosse presente. Chiariamo questo passaggio: nel momento nel quale sto attuando il
processo di riesumazione di un’esperienza passata, che è quindi esistente nella mia
mente sotto forma di ricordo, non sto facendo altro che riportarla nel presente nel
quale la sto ricordando.
Altra qualità che risulta quindi innata della riesumazione è quella di poter traslare nel
presente ciò che effettivamente avvenuto precedentemente all’avvenire della
riesumazione stessa: ciò che si ricorda è pur sempre passato, ma l’azione del
ricordare avviene nel presente. Così ciò che si ricorda, quel pezzo di vissuto, diviene
perpetuamente vissuto come presente, sinché il ricordo non diviene dimenticanza.
Quest’ultima sarà oggetto d’analisi successivamente.
Curioso constatare come non siano soltanto momenti piacevoli a divenire ricordo, ma
lo siano anche quelli da aborrire. Viene reso presente quindi anche quel passato che
sarebbe meglio che rimanga tale, per qualche assurdo motivo: è come se ricordare
esperienze dolorose funga da insegnamento; come se questo stesso dolore possa
migliorare il presente, presentandosi come tale, sotto forma di ricordo e consequenziale riesumazione. È un passato più utile come presente: per questo
diviene ricordo, pezzo di vissuto, e quindi passato, eppure presente.
Se ricordi ancora quell’avvenimento, non è passato: è ancora presente, disciolto
all’interno della tua memoria.
Piccola digressione esplicativa del Passato
Prima di proseguire nell’elucubrazione ed analizzare quindi il dimenticato in quanto
tale, penso che, per evitare possibili contestazioni logiche infondate, sia conveniente
anche effettuare una piccola analisi del passato specularmente al ricordo.
Evitando una prolissità effimera e, ritengo, assolutamente non necessaria, potremmo
considerare il passato il tempo dove il ricordo è, ma non onticamente parlando, ma
concettualmente. L’essere umano ingloba il ricordo all’interno della sfera del tempo
che chiama “passato” perché, da bravo miope, ritiene che tutto ciò che è avvenuto
ieri, l’altro giorno, e l’altro giorno ancora, non gli sia più attaccato. Eppure, nel
momento nel quale attua il processo di riesumazione, si rende conto, anche
inconsciamente perché no, che ciò che è stato, in un certo senso, ancora è. Potremmo
citare a favore di questa tesi la tanto famosa teoria del caos che, con quella sua legge
emanata che recita: “piccole variazioni nelle condizioni iniziali producono grandi
variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema” avvalora la nostra
ipotesi. Oppure, frase molto più famosa:” Il battere delle ali di una farfalla in Brasile
provoca un tornado in Texas(?)”-
Questo, all’interno della nostra elucubrazione, e comunque, filosoficamente parlando,
rivela una verità incredibile: il passato è una concezione umana, che la stessa natura
rinnega! E noi siamo altro che natura?
Effettivamente il battito d’ali in Brasile non avrà, sembra quasi pleonastico dirlo tanto
è logico, cause imminenti in Texas: ma ciò non significa che l’azione sia passata,
anzi, si sta evolvendo affinché diventi quel famoso tornado. Quel tornado,
onticamente parlando, sarà quindi la rappresentazione presente di un’azione data
passata: nel momento nel quale però, era in mezzo, ossia quando il battito d’ali in
quanto azione è finita ed il tornado non era ancora, cosa stava avvenendo? Vi sono
due modi per poter rispondere a questa domanda, a seconda del preconcetto
d’esistenza o non-esistenza della sfera del passato: una delle due da valore quasi
“istrionico” alla nostra tesi.
E’ difficile dare una risposta a questa domanda considerando il passato come pezzo di
tempo realmente esistente: qualsivoglia risposta risulterebbe per noi illogica. Questo perché, considerando il passato di per sé sussistente, sembra quasi impossibile
pensare il tornado come conseguenza di un battito d’ali avvenuto anche anni prima
della sua “esacerbazione” in tornado. Insomma, il tornado sembra avvenuto causa
sui, e non come conseguenza ad un’azione preliminare, soprattutto avvenuta molto
tempo addietro alla comparsa del suddetto tornado.
Se dovessimo però pensare il presente come tutta la vita che viviamo, compresa di
quello che è stato e quello che sarà, la risposta sarà facile da darsi. L’azione del
battere d’ali, in quanto tale, sicuramente è conclusasi, il tornado non c’è ancora, ma le
conseguenze del battito d’ali sono ancora presenti, ed in un certo senso, anche quella
stessa azione, ontologicamente parlando, è esistente: si ripresenterà come tornado.
Ritenendo corretta questa formulazione, ossia l’annichilimento della sfera temporale
del passato, ritenete ancora passato quello che si è svolto ieri? E l’altro ieri? E l’altro
ieri ancora? E la vostra esistenza?
Il Dimenticato in quanto tale
Dopo aver cercato di dare una definizione al ricordo, dobbiamo cercare di fare
altrettanto con il dimenticato. A fronte di quanto sopraddetto sembra tautologico,
quasi, che esso sia semplicemente il non-ricordo. Ossia: annullamento completo del
vissuto ricordabile. Ciò che è dimenticato costituisce un buco nero all’interno del
rullino chiamato esistenza: eppure, anche se non ricordiamo cosa avvenuto magari
due anni fa, non possiamo dire che in quell’anno non siamo esistiti, ovviamente.
Dimenticare però non significa rendere il ricordo non-esistente, ma semplicemente
corromperlo, deteriorarlo, appunto, in dimenticanza. Però in quanto tale, la
dimenticanza è un ricordo dimenticato. Dimenticare significa dimenticare di ricordare
un ricordo. Il ricordo non viene perso, viene appunto dimenticato. Effettivamente
quindi è esistente.
Per poter spiegare più facilmente questo concetto pensiamo, ad esempio, alla tanto
agognata da Freud, in ambito psicoanalitico, teoria della rimozione: qualcosa che
impaurisce, terrorizza, è ansiogeno per l’Io, questo stesso, come meccanismo di
difesa, decide di dimenticarlo, rimuovendolo.
Ciò che è rimosso, o dimenticato, non è distrutto, annichilito, annullato della sua
esistenza, anzi: volendo riprendere la psicoanalisi, questo ricordo “in stato di quiete”,
avrà la possibilità di ripresentarsi sotto forma di nevrosi. Altro che non esistente! Riportando quanto scritto poco sopra: il non ricordare un momento in particolare non
è sinonimo di non essere esistito nel momento nel quale quel momento era presente;
analogamente, il dimenticare in quanto tale(dimenticanza del ricordo) non è sinonimo
di non esistenza del ricordo.
Ricordo il Dimenticato
Quando un ricordo diviene dimenticanza può questa tornare ad essere ricordo? Come
possiamo ricordare ciò che abbiamo dimenticato?
La nostra memoria sembra essere un compendio dinamico: in base alle nostre
emozioni riesce a ricordare altri momenti in cui abbiamo provato emozioni
analoghe(si pensi al funzionamento dell’Amigdala). Quindi anche se dovessimo
dimenticare qualcosa, possiamo in seguito ricordarlo, riportandolo alla memoria,
appunto. Ciò di cui possiamo esser certi è che il nostro vissuto non è in alcun modo
annullabile od eliminabile.
Non sembra esserci possibilità alcuna di poter completamente eliminare pezzi di
vissuto. Pur divenendo dimenticanza, un ricordo non viene mai distrutto, e rimane, da
qualche parte, all’interno della nostra mente, in attesa di esser risvegliato, di esser
riportato alla memoria. Questo grazie a qualche tipo di emozione, vissuta nel reale,
che lo rappresenti: solo così riesco a ricordare una dimenticanza. Significa quindi,
ricordare una situazione analoga per emozione.
Il ricordo in funzione dell’esistere
Ricordare costituisce il ciclo dell’esistenza dell’uomo. Egli riesce a far esperienza del
passato per il presente grazie al continuo processo di riesumazione. È quest’ultima
che permette lui di rivedere pezzi di vissuto, belli o brutti che siano, perfezionandoli
in conoscenza. Conoscenza grazie alla quale l’uomo muta, migliora se stesso, si
evolve.
Grazie al ricordo del ricordo, alla dimenticanza del ricordo, al ricordo della
dimenticanza, l’uomo scrive il suo divenire. La dimensione del passato-presente,
costituita dal ricordo, sembra essere quindi in funzione di un altro tipo di dimensione
temporale, anch’essa concettuale, ma consequenziale al presente: il futuro.
L’uomo per esistere necessita di se stesso, di tutto se stesso: del se stesso che è stato,
il quale cerca di migliorare il se stesso che è, così da garantire al se stesso che sarà
un’esistenza migliore rispetto a quella nella quale riversa nel presente. E quindi, per poter vedere il se stesso che è stato, ed imparare da quest’ultimo, necessita del
processo di riesumazione.
L’uomo è se stesso in quanto ricordo: sente di essere se stesso quando,
incoercibilmente, declina in se stesso tutto quello che è stato, quel che è, quel che
pensa di essere, e quel che pensa di divenire, divenendo tale.
Simone Santamato