Dagli albori di una qualsivoglia struttura sociale – gerarchicamente suddivisa o meno che sia – l’essere umano, inteso in quanto parte integrante della struttura sociale sopraddetta, desidera in tutti i modi far esperienza della Libertà.
Nel corso delle precedenti pubblicazioni abbiamo cercato di analizzare la Libertà in quanto tale, tentando di sviscerarla sin dal profondo della sua essenza: abbiamo cercato quindi di porre ordine all’interno di larghe definizioni di questo ideale, affibbiandone una definizione che potesse essere quantomeno filosoficamente accettabile.
Abbiamo visto, per esempio, come “[…]la libertà(possibilità di poter scegliere di) sarebbe quindi, aristotelicamente parlando, l’avere tutto in potenza: poter compiere qualsiasi tipo di azione incoercibilmente”1 deducendo quindi come l’essere umano declini l’agire liberamente come la possibilità di poterlo fare – di poter agire – senza alcun tipo di restrizione contingente; ancora, abbiamo detto “Essere liberi è quindi essere divergenti: seguire pari passo una deviazione, distruggere le catene della coercizione; significa non solo scegliere, ma anche poter scegliere e, soprattutto, poter scegliere la propria scelta”2 desumendo quindi come si sperimenti la Libertà attraverso la possibilità di poter scegliere la propria scelta; altresì potendo scegliere quanto si desidera.
Ciò che la seguente riflessione vuol far rilucere è la maniera in cui l’essere umano arriva alla consapevolezza di essere libero: in quale maniera possiamo capire quando esperiamo della Libertà? E’ realmente possibile sperimentare l’agire senza costrizioni?
Qualcuno dice che l’uomo s’illude d’esser libero solamente poiché non conosce le cause a lui ed alle cose che tocca intrinseche 3, eppure mi permetto di dissentire da tale pensiero senza però rifiutarlo in toto: lo ritengo un ottimo appiglio grazie al quale poter realmente inquadrare la consapevolezza umana dell’ideale della Libertà.
Postulando quanto detto sopra – l’essere umano è illuso d’essere libero solamente poiché non conosce le cause per le quali le cose sono e soprattutto per le quali lui stesso è – sarebbe conseguentemente celermente e facilmente liquidata la questione che ci siamo prefissi in questo scritto di vedere; ho detto di dissentire da tale pensiero poiché considero l’essere umano abbastanza autocosciente e cosciente di quanto gli è altro da poter conoscere la Libertà nel suo essere più vero.
E’ inoltre di imprescindibile importanza sapere che coloro i quali hanno mosso – e muovono – questo tipo di pensiero sono intellettuali con una concezione del mondo spesso e volentieri meccanicistica e/o deterministica: secondo costoro, quindi, tutto accadrebbe grazie ad una causa, la quale causa avrebbe un effetto il quale a sua volta sarebbe causa di altro e così via; in questa maniera tutto quello che effettivamente è prosegue in maniera meccanica, quasi per inerzia direi. 4
Ecco spiegato il loro ritenere la Libertà solamente un’illusione umana dettata dall’ignoranza dell’uomo che non conosce i legami di causa ed effetto che dettano l’andazzo delle cose di cui il mondo è costellato.
Da quanto appena asserito deriva il mio non totale rinnegare questo tipo di pensiero: come già detto prima, per quanto questo pensiero risulti teoreticamente affidabile, non ritengo che l’uomo sia tanto ignorante – nel senso strettamente etimologico – da non poter conoscere scientificamente, veracemente, la Libertà; questo perché, se l’uomo che decide 5 di essere ignorante è illuso di essere libero, l’uomo pregno di epistème 6 sarà, conseguentemente, non illuso.
Ciò può essere desunto direttamente dal pensiero sopravvisto: poiché l’uomo che ignora è illuso d’esser libero, l’uomo che non ignora non potrà che comprendere la Libertà; i due, infatti – l’uomo ignorante e l’uomo non-ignorante – si trovano agli antipodi qualitativi – costituiscono quindi una contraddizione – e nel contraddirsi, non potranno che essere l’uno l’esatto opposto dell’altro. Da ciò consegue che, quindi, sicuramente l’uomo ignorante non potrà che non conoscere la vera Libertà ma solo una surrogata illusione della stessa, ma certamente l’uomo non-ignorante sarà disilluso della surrogata Libertà potendo così contemplare la pienezza della reale Libertà.
L’uomo ignorante, semplificando il pensiero di cui sopra, non conoscendo le cause delle cose e di sé – poiché appunto ignorante – sarà colto dall’illusione della Libertà poiché ritiene che gli eventi di cui è protagonista avvengano per caso. Questo è davvero un discorso interessante: quello che gli ignoranti chiamano Libertà è solamente il caso fortuito dettato dalla non-conoscenza di quello che li circonda: tutto avviene in maniera tale che il soggetto non possa prevederlo; questo risulta per lui – per il soggetto – sintomo di Libertà.
Eppure, se davvero il caso è “matrice sterile di ogni cosa, unica cosa rimasta di quel tempo in cui la necessità generò la libertà e la libertà, lasciandosi ingannare, ritornò nel grembo materno” 7 , allora può essere dignitosamente considerato come una manifestazione dell’ideale per coloro che sono ignoranti.
La Libertà sta al caso tanto quanto il caso sta alla Libertà: contingenti facce di una stessa medaglia, tanto complementari quanto diversi; l’uomo ignorante – che quindi fa esperienza della Libertà sotto forma del suo manifestarsi in quanto caso – assaggia quello che l’uomo godente di episteme contempla.
Il caso è un altisonante squarcio nell’andazzo del tutto, una deviazione di percorso, una libertà-mancata, che solo gli occhi di un uomo ignorante possono cogliere.
Ritorniamo quindi al tema portante di quest’elucubrazione; poc’anzi abbiamo visto come solamente l’uomo-episteme possa realmente contemplare l’essenza della Libertà.
Vorrei quindi soffermarmi su questo passaggio facendovi subito notare come non abbia detto che l’uomo coscienzioso è libero ma solamente che può contemplare la Libertà. Dire la prima cosa è completamente differente rispetto ad asserire la seconda: l’uomo libero è colui che può tutto senza alcun tipo di costrizione. Questo poter avere tutto in potenza risulta essere decisamente impossibile, quantomeno nel regime sociale: l’uomo che vive all’interno di una società avente le sue leggi – uniche, inique, giuste che siano – deve sottostare a queste senza poterle infrangere – parliamo di situazioni, lapalissianamente, di legalità – ; in questa maniera risulta impossibile potere tutto senza alcuna coercizione, seppur risulti essere teoreticamente possibile.
Ci occupiamo ora, a fronte di quanto analizzato, di capire in quale maniera l’uomo consapevole possa contemplare la Libertà, la vera Libertà.
L’indizio svelatore, chiave di volta a tutto questo, ci vien fornito proprio dal fatto che all’uomo, considerato in quanto facente parte di una società, vien meno la possibilità dell’azione incondizionata: proprio a causa della presenza di leggi che limitano la rosa di azioni possibili e fattibili, l’uomo sperimenta la Libertà attraverso la sua assenza.
E’ proprio la mancanza del poter agire incoercibilmente che porta l’uomo a contemplare la Libertà: dovendo far questo e non-potendo far quest’altro, l’uomo arriva a scorgere la Libertà proprio nel suo non-esserci: nella mancanza riluce la presenza di qualcosa; non potendo essere libero, l’uomo conosce – o quantomeno comprende – la Libertà attraverso la sua non-presenza: la mancanza di Libertà permette la comprensione di quel che significa essere liberi.
Presto detto quindi perché l’uomo ignorante si illude di essere libero: invasato, obnubilato, accecato, dalla presenza del caso e dalla sua tirannica e pervasiva azione, pensa che l’avvenire degli eventi – soprattutto quelli che riguardano sé – sia dettato dalla loro spontanea libertà, quando in realtà tutto avviene secondo alcuni principi imprescindibili, come quello sopravvisto della causalità.
A questo punto sorge spontanea una domanda la cui risposta conduce a risvolti decisamente interessanti: se abbiamo detto che, a causa della presenza di leggi, l’uomo può contemplare la Libertà nella sua assenza, allora se non vi fossero leggi, se vivesse in quello che i filosofi moderni 8 definirono come “stato di natura” 9, potrebbe essere libero?
Considerando quanto in questo scritto elucubrato, la risposta sarebbe affermativa: in una totale assenza di leggi, l’uomo potrebbe effettivamente agire secondo quelli che sono i suoi desideri più intimi; in altre parole, potrebbe agire incondizionatamente, senza incorrere in alcun tipo di penalità. In questa maniera, vien fornita lui la possibilità di poter fare tutto incoercibilmente, ossia – per quanto abbiamo potuto vedere – l’uomo risulta essere libero.
Questo però non significa che l’uomo che anarchicamente decide di essere quello che vorrebbe e di fare quello che desidererebbe possa conoscere o tantomeno comprendere la Libertà, cosa, invece, che l’uomo sottoposto a leggi – ma coscienzioso – può fare.
Effettivamente, pensandoci, l’uomo che può compiere tutto indistintamente, sicuramente è libero – sempre ricordandoci la necessaria assenza di leggi coercitive – ma non è consapevole di esserlo.
Non sentirebbe, infatti, l’assenza della Libertà, non potrebbe assaporare ed essere ammaliato dal comprendere-senza-conoscere, non potrebbe essere catturato dalla assenza di una presenza, che è a modo suo una presenza.
Concludendo, l’uomo può essere sicuramente libero, soprattutto se liberato da tutte le leggi che giornalmente lo limitano, eppure, nel caso dovesse essere libero, non avrebbe abbastanza consapevolezza di esserlo da conoscere la Libertà; cosa, questa, possibile solamente vivendo nel regime sociale.
La Libertà è quindi esperibile consapevolmente solamente nella limitazione, solamente quindi, paradossalmente, nella Non-Libertà.
Simone Santamato
NOTE
1: La pubblicazione cui si fa capo è quella intitolata “Sulla libertà, senza variazioni speculative” ,leggibile sulla piattaforma accademica “academia.edu” e sul giornale “DaBitonto” ai seguenti link: https://www.academia.edu/37699192/Sulla_libert%C3%A0_senza_variazioni_speculative ; https://www.dabitonto.com/cultura-e-spettacolo/la-rubrica-di-simone-santamato-la-persistenza-filosofica-liberta-dialetticamente-parlando.htm
2: La pubblicazione cui si fa capo è quella intitolata “Demistificazione della Libertà: la Deviazione”, leggibile sulla piattaforma accademica “academia.edu” e sul giornale “DaBitonto” ai seguenti link: https://www.academia.edu/37852877/Demistificazione_della_Libert%C3%A0_la_Deviazione ; https://www.dabitonto.com/cultura-e-spettacolo/la-rubrica-di-simone-santamato-la-persistenza-filosofica-quando-la-deviazione-profuma-di-liberta.htm
3: Riferimento specialmente spinoziano, rinvenibile all’interno della II parte dell’Ethica (De Mente) , in particolare nello Scolio della Proposizione XXXV, a pagina 183 (Spinoza, Ethica, Bompiani, 2017, a cura di Giovanni Gentile – note al testo – e Gaetano Durante – traduzione dal testo originale in Latino – ) .
4: Ho qui utilizzato il termine inerzia per sottolineare il fatto che un mondo che prosegue solamente per ragioni deterministico-meccanicistiche è tendenzialmente un mondo asettico che perdura poiché deve perdurare.
5: Si noti che anche nell’ignoranza l’uomo abbia la possibilità – e quindi la Libertà – di poter effettivamente scegliere di esserlo.
6: Nel linguaggio filosofico, e specialmente platonico, l’episteme è il grado di conoscenza vero, scientifico, che si contrappone alla doxa – letteralmente, opinione – in quanto fallace conoscenza dei più.
7: Kierkegaard, Diario del Seduttore, pagina 57, Giunti, 2017, a cura di Susanna Mati – introduzione al testo – e Alessandro Quattrone – traduzione – .
8: Come filosofi moderni s’intende tutta la matrice di pensiero filosofica che pone le sue radici dalla rivoluzione scientifica (fine ‘500 c.a.) sino alla fine dell’800.
9: Con il termine “stato di natura” s’identifica un contesto concettuale nel quale l’uomo è libero dalle leggi imposte dallo stato; è un argomento molto caro a intellettuali come Rousseau, John Locke, Thomas Hobbes ed in generale tutti i filosofi aventi una matrice di pensiero prettamente illuministica.