“Più importante è il personaggio e più esplosivo usano”. Furono 500 i chili di tritolo utilizzati il 23 maggio 1992 per far saltare in aria un tratto dell’autostrada Palermo – Punta Raisi, all’altezza del casello di Capaci, per uccidere il giudice Giovanni Falcone. L’assurda legge mafiosa è citata nello spettacolo “InCapaci. Alla memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”, rappresentato ieri sera in piazza Cattedrale da Teatroscaloe Skène Produzioni Teatralinell’ambito degli eventi del decentramento della Provincia di Bari, organizzato in collaborazione con l’amministrazione comunale bitontina e le associazioni Libera Puglia e Teatro Civile Avviso Pubblico Network. Scritto da Michele Bia, “InCapaci” è stato portato in scena da Franco Ferrante e Raffaele Braia, che si sono occupati anche della regia.
“Un percorso al contrario – così gli attori hanno definito il testo teatrale – per capire la coscienza dei 2 incapaci che si trovarono a dover premere quel pulsante”. Protagonisti sono infatti 2 componenti della bassa manovalanza mafiosa, di fatto incapaci di fare qualsiasi cosa. Di portate avanti un discorso logico, di prendere una decisione, di affermare ciò che pensano, di dire la verità. Due “poveri fessi”, come essi stessi di definiscono, mandati là, nei pressi di un tunnel scavato sotto una ferrovia (che nella rappresentazione sostituisce l’autostrada) con il solo compito di premere il pulsante per fare saltare in aria i binari al momento del passaggio di un certo treno. Senza, all’apparenza, sapere neppure chi sia il loro obiettivo, forse “un ministro corrotto di un governo corrotto”. Solo alla fine uno dei due ammetterà che “su quel treno c’è un giudice”. Si chiamano Paolo e Giovanni i due “incapaci”, proprio come i magistrati Falcone e Borsellino, in un efficace gioco di omonimia degli opposti. Vittime essi stessi di un certo Salvatore (il riferimento è al boss Totò Riina, mandante delle stragi del ‘92), che continua a vessarli e al contempo a illuderli, assicurando loro che quel gesto, quel pulsante premuto, li avrebbe fatti diventare qualcuno.
Ricordano un po’ Minuicchio e Pasquale, i due delinquenti litigiosi de “La Capagira” e, per altri versi, Estragone e Vladimir, protagonisti di “Aspettando Godot” di Beckett, perennemente in attesa di qualcuno che neppure loro sanno chi sia. Un moto di coscienza, mentre il momento topico si avvicina, fa dire a uno dei 2 mafiosi “Questo meccanismo si deve inceppare e noi lo possiamo fare inceppare”. Ma non lo faranno, assorbiti e irrimediabilmente corrotti dal sistema malavitoso, privati della forza di reagire realmente.
Quella forza di reagire che invece, a detta del sindaco Michele Abbaticchio nel suo intervento di presentazione della serata, hanno i bitontini. “Ci sono stati degli episodi negativi – ha ricordato il primo cittadino – che rappresentano un passo indietro. Ma noi dobbiamo fare sempre due passi avanti. La popolazione bitontina si sta riappropriando del suo territorio. Oggi c’è la forza di denunciare. Oggi i giovani investono il proprio denaro qui, mentre le passate generazioni andavano via. Dicono che queste iniziative sulla legalità sono solo parole, ma è dalle parole che si parte per sconfiggere le associazioni mafiose, come fecero Falcone e Borsellino”.