Matera
città Capitale europea della Cultura.
Comprensibile il giubilo dei materani,
dei lucani.
Diremmo di tutta una terra, quella del Sud spesso negletto e
dimenticato, bello e bellissimo, sofferente come solo possono esserlo quelle
lande baciate dal sole e dalla disgrazia, dalla pietra che salva e che uccide,
dalla fede antica in Dio e nell’uomo.
E sì, perché Matera, e con essa tutta la
straordinaria civiltà della Murgia, è la civiltà della pietra e dell’uomo.
Dell’uomo sin dai suoi primordi.
Matera è culla dell’uomo stesso. E lo è alla
luce di un territorio, quello appunto murgiano, che accomuna storie e paesi,
tradizioni e lingue solo apparentemente distanti.
E nemmeno tanto: pensiamo a
quanto in realtà vicina sia la raggiungibilità di Matera per un bitontino, un
palese, un torittese.
Dell’altamurano e del gravinese, manco a parlarne.
Con
Matera, noi dell’entroterra barese, abbiamo e viviamo indubitabili spazi
storici di comunanza.
Le storie delle grotte, degli eremiti, delle chiese
rupestri, dei muretti a secco, degli ulivi, dei mandorli.
Basta superare l’area
urbana di Bitonto stessa, ad esempio, per entrare, anche visivamente, in questa
straordinaria e antica civiltà, che davvero arriva fino alle fondamenta
dell’umano.
La nostra terra, nelle viscere, conserva e racconta l’uomo e il
ritrovamento quasi casuale del cosiddetto “Uomo di Altamura”, nel 1993, lo
dimostrò ampiamente.
Bitonto è terra strana e bella proprio per la sua
versatilità e dunque indubbio è anche il nostro guardare alle atmosfere marine,
oggi, baresi (oggi, dato che ieri quel mare era integralmente nostro, come
nostro nella memoria inossidabile rimane).
Però è lì che risiede il nostro
spazio recondito e antico. In tutti gli aspetti: si pensi ai forni, al pane,
all’odore caldo e letteralmente indescrivibile (avete mai provato a trovare un
aggettivo per il “sapore” del pane?) dei prodotti delle nostre farine.
Il pane
è così “di Altamura” e “di Matera” insieme, sì che anche in una panetteria
tutta stile del Veneto puoi ascoltare “per me del Matera, grazie” oppure
“Altamura: mezzo chilo”. E noi, noi che saliamo verso la Murgia, noi che siamo
lì (ecco, Bitonto è tante cose), noi che sembriamo come ascendere, certo nella
fatica dei campi, a quel clima arido di silenzio e pietroso come la nuda verità,
noi siamo pienamente partecipi di quella storia e di quella civiltà.
Certo,
Matera ha avuto tempi lenti e il trentino De Gasperi non potè credere ai suoi
occhi, durante quel suo viaggio nella città dei Sassi. Come già prima era
accaduto al bresciano Zanardelli, nella Basilicata ancora più profonda.
Bitonto
e l’area più propriamente barese, nel bene e nel male, hanno scontato pregi e
difetti del loro dirsi quasi occidentali, in una terra che pure è avamposto
verso l’Oriente (e qui risiede il fascino polisemico di queste nostre zolle,
così tragicamente avviluppate a dimensioni storiche di complessità).
Ora, sia
chiaro. Non è che si tratta di cedere al compromesso derivante dal fiuto degli
affari e allora, Matera è città della Cultura, dunque noi “ficchiamoci in
mezzo”.
No, è solo che la storia, la geografia, i paesaggi, la morfologia dei
territori hanno un senso. Poi guardiamo pure alla Città Metropolitana. I
destini politici son segnati. Ma la storia è la storia.
Ecco perché chiediamo
al sindaco Michele Abbaticchio di rifletterci bene e di cominciare a pensare
anche in un questo raggio d’azione, quasi sentimentale, ma non retrò e stantio:
che va alle origini, insomma. Noi crediamo che il nostro territorio (grande,
grandissimo), al di là ripetiamo delle strette mura e della città poi espansa,
guardi per forza di cose a quell’area di silenzio.
Un silenzio che prima è
stato anche rude, sofferto, volutamente messo a tacere, espressione vetusta
della civiltà contadina, anch’essa madre e formatrice, ma per secoli costretta
all’esclusivo suo mondo esteriore e interiore di lavoro, sudore, imposto mutismo.
Ma c’è anche il silenzio integrale della Murgia inesplorata stessa. Il silenzio
carsico e roccioso di quest’altopiano che alla pietra fa riferimento sin
dall’etimo del suo nome. E allora si parli, si pianifichi: il tempo c’è tutto.
Si parli con Altamura, Gravina, Gioia del Colle. Città apparentemente lontane
solo per le strade moderne, ma per morfologia sorelle. Lo sanno i Parchi, lo
hanno saputo i politici lungimiranti, la ho saputo Pasolini (che non a caso si
spinse fino a Massafra). Se hanno vinto i Sassi, ebbene, nell’ancestrale storia
della pietra ci siamo anche noi.
Indiscutibilmente.
Perché la Murgia è pietra e
noi siamo Murgia.