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Home » Violenza in città. Pinto: “La repressione non risolve un problema atavico che ha radici profonde”

Violenza in città. Pinto: “La repressione non risolve un problema atavico che ha radici profonde”

Secondo il presidente del consiglo comunale, oltre all’aiuto dello Stato, fondamentale è il ruolo degli amministratori locali e dei cittadini stessi: “Va costruita una società più civile”

Lucia Maggio by Lucia Maggio
16 Agosto 2022
in Cronaca
Violenza in città. Pinto: “La repressione non risolve un problema atavico che ha radici profonde”
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Perché? Cosa va fatto per tornare a vivere al sicuro? Sono alcune delle domande che la comunità bitontina si sta ponendo dopo le aggressioni di sabato scorso in piazza Cavour e Cattedrale. «Una sola parola, repressione, per giunta distante dal nostro sistema valoriale, non può risolvere un problema atavico che ha radici profonde», riflette Domenico Pinto, neo presidente del Consiglio comunale. Oltre che all’intervento dello Stato, «credo che molto spetti a chi DEVE amministrare perché investito dai cittadini -ha aggiunto-. E non ci faremo trovare con le mani in mano». Per Pinto, tra le cose da fare ci sarebbero anche iniziative e la costituzione di realtà educanti che potrebbero portare a “ricivilizzare” il paese.

Ecco la sua riflessione.

“Il discorso è lungo e complesso. Una sola parola, repressione, per giunta distante dal nostro sistema valoriale, non può risolvere un problema atavico che ha radici profonde che c’era prima, anzi c’è sempre stato prima, c’è adesso ed è stato acuito, i dati sono sui quotidiani tutti i giorni, basta leggerli e troverete episodi di omicidi per futili motivi, dalla esperienza di confinamento e isolamento che il covid ci ha fatto vivere. Detto questo ci vuole la mano dello Stato. Quello con la S maiuscola. Quello che non si limita a dichiarare che “non ci sono uomini e non ci sono le risorse” per spostare la responsabilità più in là e continuare a perpetrare questo abbandono del territorio.

Credo che molto spetti a chi DEVE amministrare perché investito di questo dai cittadini. E non ci faremo trovare con le mani in mano. Ma molta parte spetta anche alla sostanziosa fetta di cittadini, di qualunque estrazione sociale ed idea politica, che tiene alla bellezza e sicurezza del proprio territorio. Frequentare la piazza, vivere la piazza deve essere un must, una prerogativa di tutti noi.

In campagna elettorale sono stato anche dileggiato, anche da membri del mio partito ex post, perché avevo proposto una ludoteca in centro storico. La ludoteca è un luogo di incontro dove ragazzi possono sostare ed esprimere se stessi imparando giocando. Ridiamo. Ma qualcuno si chiede quali luoghi frequentano i quindicenni la sera in questa città? Ci sono parrocchie o luoghi di aggregazione giovanile che consentono di far confluire le pulsioni e le energie, anche quelle negative, ed incanalarle verso direzioni positive e costruttive?

 

Ecco che a me amministratore interessa la “costruzione” di una società più civile. Perché reprimere non basta, certo è necessario, ma non basta. Perché la repressione di oggi non elimina il problema, lo allevia per 3 giorni, ma non lo elimina”.

Perché? Cosa va fatto per tornare a vivere al sicuro? Sono alcune delle domande che la comunità bitontina si sta ponendo dopo le aggressioni di sabato scorso in piazza Cavour e Cattedrale. «Una sola parola, repressione, per giunta distante dal nostro sistema valoriale, non può risolvere un problema atavico che ha radici profonde», riflette Domenico Pinto, neo presidente del Consiglio comunale. Oltre che all’intervento dello Stato, «credo che molto spetti a chi DEVE amministrare perché investito dai cittadini -ha aggiunto-. E non ci faremo trovare con le mani in mano». Per Pinto, tra le cose da fare ci sarebbero anche iniziative e la costituzione di realtà educanti che potrebbero portare a “ricivilizzare” il paese.

Ecco la sua riflessione.

“Il discorso è lungo e complesso. Una sola parola, repressione, per giunta distante dal nostro sistema valoriale, non può risolvere un problema atavico che ha radici profonde che c’era prima, anzi c’è sempre stato prima, c’è adesso ed è stato acuito, i dati sono sui quotidiani tutti i giorni, basta leggerli e troverete episodi di omicidi per futili motivi, dalla esperienza di confinamento e isolamento che il covid ci ha fatto vivere. Detto questo ci vuole la mano dello Stato. Quello con la S maiuscola. Quello che non si limita a dichiarare che “non ci sono uomini e non ci sono le risorse” per spostare la responsabilità più in là e continuare a perpetrare questo abbandono del territorio.

Credo che molto spetti a chi DEVE amministrare perché investito di questo dai cittadini. E non ci faremo trovare con le mani in mano. Ma molta parte spetta anche alla sostanziosa fetta di cittadini, di qualunque estrazione sociale ed idea politica, che tiene alla bellezza e sicurezza del proprio territorio. Frequentare la piazza, vivere la piazza deve essere un must, una prerogativa di tutti noi.

In campagna elettorale sono stato anche dileggiato, anche da membri del mio partito ex post, perché avevo proposto una ludoteca in centro storico. La ludoteca è un luogo di incontro dove ragazzi possono sostare ed esprimere se stessi imparando giocando. Ridiamo. Ma qualcuno si chiede quali luoghi frequentano i quindicenni la sera in questa città? Ci sono parrocchie o luoghi di aggregazione giovanile che consentono di far confluire le pulsioni e le energie, anche quelle negative, ed incanalarle verso direzioni positive e costruttive?

 

Ecco che a me amministratore interessa la “costruzione” di una società più civile. Perché reprimere non basta, certo è necessario, ma non basta. Perché la repressione di oggi non elimina il problema, lo allevia per 3 giorni, ma non lo elimina”.

Perché? Cosa va fatto per tornare a vivere al sicuro? Sono alcune delle domande che la comunità bitontina si sta ponendo dopo le aggressioni di sabato scorso in piazza Cavour e Cattedrale. «Una sola parola, repressione, per giunta distante dal nostro sistema valoriale, non può risolvere un problema atavico che ha radici profonde», riflette Domenico Pinto, neo presidente del Consiglio comunale. Oltre che all’intervento dello Stato, «credo che molto spetti a chi DEVE amministrare perché investito dai cittadini -ha aggiunto-. E non ci faremo trovare con le mani in mano». Per Pinto, tra le cose da fare ci sarebbero anche iniziative e la costituzione di realtà educanti che potrebbero portare a “ricivilizzare” il paese.

Ecco la sua riflessione.

“Il discorso è lungo e complesso. Una sola parola, repressione, per giunta distante dal nostro sistema valoriale, non può risolvere un problema atavico che ha radici profonde che c’era prima, anzi c’è sempre stato prima, c’è adesso ed è stato acuito, i dati sono sui quotidiani tutti i giorni, basta leggerli e troverete episodi di omicidi per futili motivi, dalla esperienza di confinamento e isolamento che il covid ci ha fatto vivere. Detto questo ci vuole la mano dello Stato. Quello con la S maiuscola. Quello che non si limita a dichiarare che “non ci sono uomini e non ci sono le risorse” per spostare la responsabilità più in là e continuare a perpetrare questo abbandono del territorio.

Credo che molto spetti a chi DEVE amministrare perché investito di questo dai cittadini. E non ci faremo trovare con le mani in mano. Ma molta parte spetta anche alla sostanziosa fetta di cittadini, di qualunque estrazione sociale ed idea politica, che tiene alla bellezza e sicurezza del proprio territorio. Frequentare la piazza, vivere la piazza deve essere un must, una prerogativa di tutti noi.

In campagna elettorale sono stato anche dileggiato, anche da membri del mio partito ex post, perché avevo proposto una ludoteca in centro storico. La ludoteca è un luogo di incontro dove ragazzi possono sostare ed esprimere se stessi imparando giocando. Ridiamo. Ma qualcuno si chiede quali luoghi frequentano i quindicenni la sera in questa città? Ci sono parrocchie o luoghi di aggregazione giovanile che consentono di far confluire le pulsioni e le energie, anche quelle negative, ed incanalarle verso direzioni positive e costruttive?

 

Ecco che a me amministratore interessa la “costruzione” di una società più civile. Perché reprimere non basta, certo è necessario, ma non basta. Perché la repressione di oggi non elimina il problema, lo allevia per 3 giorni, ma non lo elimina”.

Perché? Cosa va fatto per tornare a vivere al sicuro? Sono alcune delle domande che la comunità bitontina si sta ponendo dopo le aggressioni di sabato scorso in piazza Cavour e Cattedrale. «Una sola parola, repressione, per giunta distante dal nostro sistema valoriale, non può risolvere un problema atavico che ha radici profonde», riflette Domenico Pinto, neo presidente del Consiglio comunale. Oltre che all’intervento dello Stato, «credo che molto spetti a chi DEVE amministrare perché investito dai cittadini -ha aggiunto-. E non ci faremo trovare con le mani in mano». Per Pinto, tra le cose da fare ci sarebbero anche iniziative e la costituzione di realtà educanti che potrebbero portare a “ricivilizzare” il paese.

Ecco la sua riflessione.

“Il discorso è lungo e complesso. Una sola parola, repressione, per giunta distante dal nostro sistema valoriale, non può risolvere un problema atavico che ha radici profonde che c’era prima, anzi c’è sempre stato prima, c’è adesso ed è stato acuito, i dati sono sui quotidiani tutti i giorni, basta leggerli e troverete episodi di omicidi per futili motivi, dalla esperienza di confinamento e isolamento che il covid ci ha fatto vivere. Detto questo ci vuole la mano dello Stato. Quello con la S maiuscola. Quello che non si limita a dichiarare che “non ci sono uomini e non ci sono le risorse” per spostare la responsabilità più in là e continuare a perpetrare questo abbandono del territorio.

Credo che molto spetti a chi DEVE amministrare perché investito di questo dai cittadini. E non ci faremo trovare con le mani in mano. Ma molta parte spetta anche alla sostanziosa fetta di cittadini, di qualunque estrazione sociale ed idea politica, che tiene alla bellezza e sicurezza del proprio territorio. Frequentare la piazza, vivere la piazza deve essere un must, una prerogativa di tutti noi.

In campagna elettorale sono stato anche dileggiato, anche da membri del mio partito ex post, perché avevo proposto una ludoteca in centro storico. La ludoteca è un luogo di incontro dove ragazzi possono sostare ed esprimere se stessi imparando giocando. Ridiamo. Ma qualcuno si chiede quali luoghi frequentano i quindicenni la sera in questa città? Ci sono parrocchie o luoghi di aggregazione giovanile che consentono di far confluire le pulsioni e le energie, anche quelle negative, ed incanalarle verso direzioni positive e costruttive?

 

Ecco che a me amministratore interessa la “costruzione” di una società più civile. Perché reprimere non basta, certo è necessario, ma non basta. Perché la repressione di oggi non elimina il problema, lo allevia per 3 giorni, ma non lo elimina”.

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