Quella “osteria ad un respiro dalla Cattedrale” altro non era che la (allora) famosa Canden d Cap d Salsizz, locanda gestita dal sig. Gentile Donato, nella quale si vendeva vino alla spina, che veniva anche servito agli avventori che erano adusi recarsi in quel luogo a sorseggiare un bicchiere di buon vino che magari spesso innaffiava gustosi piatti tipici della nostra cucina, quali orecchiette (rigorosamente fatte a mano dalla moglie e dalle figlie del Gentile) al ragù, pasta al forno, salsiccia e ghiummerìidde (involtini di agnello) alla brace. Non poteva mancare la trippa al sugo, una vera leccornia!
I miei ricordi risalgono al periodo compreso tra la fine degli anni 50 e la prima metà degli anni 60, quando ero solito frequentare la “Canden” non come fanciullo avvinazzato (sic!!!), ma per via di una parentela stretta, dato che una sorella di mia madre, la cara zia Peppina (venuta a mancare prematuramente all’età di circa 38 anni) aveva sposato Franco, uno dei figli del citato Donato Gentile.
Un assiduo frequentatore della “Canden” era appunto Piripicchio, moderno giullare che si esibiva nello spiazzo antistante l’ingresso con esilaranti macchiette che attiravano l’attenzione di adulti e bambini. L’accessorio caratteristico e parte importante della coreografia citata da Mario Sicolo era il bastone di bambù, che il buon Piripicchio armeggiava con grande maestria nelle sue performance, che si concludevano spesso con la “contraerea”.
A proposito della contesa che Mario ha efficacemente voluto stigmatizzare, sono certo che, colui il quale è da considerare a buon diritto come una delle ultime maschere della Commedia dell’Arte italiana, ne riderebbe alla grande, costruendovi una brevissima, ma divertente sceneggiata.
N.B. Le foto sono di Vincenzo Parisi, cognato di Raffaele Picciotti. Sono state fatte in via Pasculli, dove c’era la macelleria “Monopoli” che arrostiva la carne in occasione della sagra dei Santi Medici.