Si parte dai numeri. Purtroppo poco incoraggianti.
Il primo è una percentuale: 0,18 per cento. È il numero degli utenti bitontini che utilizza la bicicletta, di qualunque genere esso sia, per spostarsi in città. Per svariate e molteplici motivazioni.
Il secondo è 34mila. È il totale delle auto immatricolate a Bitonto, quindi più di una macchina per famiglia. Un dato che fa riflettere visto che siamo circa 56mila.
Si capisce bene, dunque, che per creare una città smart, proiettata al futuro, davvero a misura di cittadino, è fondamentale invertire la tendenza. E quindi mettere come priorità la mobilità sostenibile, sul quale la città è in ritardo nonostante gli sforzi fatti negli ultimi anni.
E il progetto presentato ieri a Palazzo Gentile va proprio in questa direzione. Una velostazione nella stazione principale della città (quella in via Matteotti, ma in programma ce ne sono altre due), che consentirà a chiunque di andare fuori città arrivando in bici in stazione, metterla in un parcheggio sicuro e custodito, e prendere il treno.
Non è qualcosa di nuovo, in realtà, perché di velostazione già si è abbondantemente parlato nel 2018, allorchè il Comune aveva bussato alle porte della Regione per un finanziamento, ricevendo però una bocciatura a causa di una documentazione trasmessa non coerente (clicca qui per i dettagli https://bit.ly/2VHq3iE).
Il bando è stato riproposto – scade qualche giorno prima di Natale – e il progetto è stato rimodulato, rivisto e ampliato. Sia per avere un punteggio più alto, ma anche perché è stato legato al Piano di azione energia sostenibile (Paes) comunale, ed è figlio, direttamente o indirettamente, anche del Biciplan metropolitano e del Piano urbano della mobilità sostenibile (Pums).
Come sarà questa velostazione? “Il tutto è già esecutivo e verrà realizzato – spiega l’assessore ai Trasporti e Viabilità locale Cosimo Bonasia – tra le due aiuole di verde presenti sui marciapiedi della stazione centrale paralleli ai binari. Ospiterà oltre una 50ina di biciclette di qualsiasi natura, anche quelle elettriche con tanto di posteggio di ricarica. E questa volta non dovremmo avere problemi nel ricevere il finanziamento”. A riguardo, da corso Vittorio Emanuele non hanno chiesto il massimo possibile (circa 300mila euro), ma qualcosa meno, (circa 240mila) con nessun cofinanziamento comunale.
“Va nell’ottica – continua Bonasia – di inculcare un deciso cambio di mentalità, e quindi di mettere da parte le auto private e utilizzare sempre più strumenti di trasporto alternativi e sostenibili. Non è una cattedrale nel deserto, ma è figlia di una idea nuova e organica di vedere la città, e di una rimodulazione dei percorsi viari”.