Nell’ambito del
progetto “Calcio e Scuola… Un’unica
squadra: la Bari”, in collaborazione con la FC Bari 1908, l’ITT
“Alessandro Volta” ha organizzato venerdì mattina un incontro sul tema “Sport, Legalità e Informazione” con il
noto giornalista barese, e storica voce radiofonica delle partite del Bari, Michele Salomone, autore del libro “La mia voce in biancorosso”.
Salomone ha
incontrato nell’aula magna dell’istituto di via Matteotti le quarte e le quinte
classi, in un confronto promosso dalla dirigente scolastica Giovanna Palmulli e dalla docente
prof.ssa Annamaria Facchini, e con
la partecipazione del Presidente del Comitato studentesco, Alessandro Altieri, che ha rivolto al giornalista alcune domande.
«Un
incontro in una scuola vale dieci volte di più rispetto a quello in
un’associazione culturale, in quanto mi piace il confronto con i giovani»ha esordito Salomone, che poi è passato a raccontare la sua esperienza, espressa
nel suo libro, e a toccare i temi dell’incontro. Partendo dall’inizio della sua
avventura da radiocronista del Bari, il 21
marzo 1976, in un Trapani – Bari 1-1,
con il giovane Salomone che, seppur balbuziente, riuscì proprio grazie alla
radio a superare il suo limite.
«Nel
1974 ci fu l’apertura dell’etere, che andava così a superare il monopolio della
RAI –
ha ricordato Salomone –. A Radio Bari
Cento decisero di inserire nel palinsesto le radiocronache del Bari, che allora
era in Serie C. A novembre del 1975 organizzarono un provino nella Curva Sud
dello “Stadio della Vittoria” alla ricerca dei futuri radiocronisti, in quanto
la radio doveva nascere il 22 febbraio 1976. Al provino riuscii a superare il
problema della balbuzie, e se mi ritrovo oggi con 1901 radiocronache in
carriera è anche grazie al destino, per esserci andato quel giorno in Curva
Sud. Sono super fortunato nel fare questo mestiere al seguito della mia squadra
del cuore».
Salomone poi si
sofferma sui temi etici dello sport.
«Il
calcio negli ultimi anni ha vissuto momenti brutti, come con il calcioscommesse.
Nel calcio come nella vita deve vincere il bene sul male, non possiamo lasciare
il campo a chi vuole delinquere. Anche nel calcio servono che ci siano e
vincano le forze buone, il male ci sarà sempre ma con la cultura dell’etica e
della legalità dobbiamo combatterlo».
Il giornalista
barese già dalle sue radiocronache si presenta come esempio di lealtà e
sportività.
«Ho
tolto alcune parole dal vocabolario delle mie radiocronache. Non dico “il Bari gioca contro…” bensì “gioca con” perché il calcio non è
guerra, battaglia, è solo una contrapposizione di valori. Non dico “extracomunitario” perché extra
significa escludere, ma io voglio che lo sport ed il calcio siano strumenti di
inclusione. E noi soggetti del mondo dell’informazione dobbiamo essere i primi
a farlo».
Molti valori vanno
inculcati sin da piccoli, per chi fa sport.
«Da
noi c’è un’etica che non funziona, c’è una cultura arcaica –
aggiunge –. I genitori non possono
pensare di avere dei figli fenomeni e di istigare alla violenza. Non si deve
vincere per forza, arrivare secondi non è una sconfitta».
Salomone analizza
anche i temi dell’informazione sportiva.
«Per
farvi un’opinione più vicina alla realtà non fermatevi mai ad un solo articolo
perché a volte nel mondo dell’informazione ci sono distorsioni provocate dagli
interessi editoriali. Diffidate dai giornalisti che fanno domande accomodanti,
meglio un giornalista che fa domande scomode, è più vero».
Uno sguardo al
calcio attuale.
«Oggi
è un calcio diverso, inquinato dagli interessi delle società di calcio, dai
diritti televisivi. Al centro dell’attenzione non c’è più il tifoso, che è il
vero unico pagante delle società di calcio».
Chiusura su due
calciatori che hanno segnato, nel bene e nel male, la recente storia del Bari: Andrea Masiello, protagonista dello
scandalo “calcioscommesse” e tornato in campo nelle ultime settimane dopo aver
scontato la sua squalifica, e Antonio
Cassano, accostato ad un ritorno in biancorosso nell’ultima finestra di
mercato.
«Nella
vita si sbaglia e chi sbaglia deve avere la possibilità di riscattarsi. Una
pena ha senso se serve anche al reinserimento nella società. Ma non posso
tollerare che un calciatore come Masiello, che guadagnava 500 mila euro
all’anno e aveva bisogno di vendersi le partite per guadagnare altri soldi,
possa tornare a giocare a calcio. Su Cassano, ho atteso la fine del mercato, ho
sentito che lui non è venuto a Bari per timore di subire la pressione della
città. Non è mai morto nessuno di troppo amore dei tifosi. Nella vita come nel
calcio essere bravi non basta, bisogna essere seri. Prima di essere calciatori
bisogna essere uomini. Forse Cassano meriterebbe un po’ di anonimato, così
capirebbe l’importanza dei tifosi».