Ufficialmente
la situazione per gli oltre 220 dipendenti della Om Carrelli Elevatori si
aggraverà ancora di più dal 1° luglio, perché finirà, infatti, la cassa
integrazione straordinaria in cui si trovano e inizierà dapprima la mobilità e
poi lo spettro del licenziamento.
Per
questo, i lavoratori della storica azienda situata nella zona industriale di
Bari hanno deciso di protestare ieri mattina (e forse ci rimarranno per diversi
giorni) davanti alla sede della Regione Puglia, sul lungomare Nazario Sauro,
decisi a rivendicare un loro diritto. Quello del lavoro.
Già,
perché la sensazione che hanno gli operai è che le istituzioni si siano
dimenticati di loro e della loro sorte. «Nessuno parla più di noi – afferma
dalle colonne de la “Gazzetta del Mezzogiorno” Francesco Carbonara, Rsu – e
il nostro destino non é neanche tema da campagna elettorale».
Il
dramma della Om Carrelli inizia quattro anni fa, quando l’azienda passa dallaLinde nelle mani di Kion, che nel 2011 comunica ufficialmente che di lì a poco
lo stabilimento barese avrebbe chiuso. Scattano allora i tavoli regionali,
nazionali, interministeriali, con un susseguirsi di proposte e di ipotesi di
riconversione, tutte miseramente fallite. La più clamorosa è quella dellaFrazer Nash, che si era detta intenzionata a produrre taxi ibridi.
Il 15
gennaio di un anno fa arriva addirittura l’accordo quadro con le parti sociali.
Tutto sembrava risolto, tanto che i 221 lavoratori tornano al lavoro convinti
che il peggio sia passato. Purtroppo non è così, perché l’impegno di Frazer
Nash resta soltanto sulla carta. Improvvisa retromarcia, e senza motivazione
ufficiale.
Da
allora, otto mesi di lotta davanti ai cancelli della fabbrica, con tanto di
presidi permanenti e momenti di tensione e scontri. Come quello contro la
polizia, intervenuta per sgomberare il presidio, ma fermata dalla resistenza
pacifica degli operai. Resistenza che però si conclude con un epilogo
drammatico: l’Om Carrelli denuncia 29 (ex) operai per violenza privata.
L’ultima
puntata di questa drammatica vicenda si è consumata il 20 dicembre scorso,
quando viene firmato un accordo tra Regione, fabbrica, Uilm, Ugl, Fim, che
prevede che lo smantellamento dello stabilimento sia cambiato con il ritiro
delle denunce ai lavoratori.
Una sorta di accordo al ribasso e, ovviamente,
penalizzante per i dipendenti.
Da
allora più alcuna novità. Come se fosse calata una assordante cappa di
silenzio. «I sindacati devono sostenere con forza la determinazione di
questi lavoratori – afferma Saverio Gramegna, segretario della Fiom Cgil – e
perciò continueremo a dare voce a questa vertenza».