«All’ improvviso ho sentito un
dolore forte al fianco, ma non ho sentito lo sparo, perché c’ erano i fuochi d’
artificio».
Nicola, nel lontano 2002, aveva soltanto 10 anni
e rimase colpito, di rimbalzo, ad una gamba da un proiettile vagante, calibro 22, proveniente da una piccola arma da guerra.
Il piccolo
arrivava da Andria con i suoi genitori per i festeggiamenti per i Santi Medici:
in pochi minuti il dramma, il dolore lancinante e la corsa al pronto soccorso
di Andria. Ed è proprio qui che i medici pensarono che la ferita fosse stata
provocata, in realtà, da una pietra: nonostante la medicazione, il bambino
continuò ad accusare forti dolori al gluteo e al fianco, così dopo un esame
radiologico si scoprì che il proiettile era rimasto nella carne. Dopo l’operazione
d’urgenza, la magistratura volle vederci chiaro e fu aperta un’inchiesta.
A Bitonto,
nel frattempo, i Carabinieri furono
informati solo il lunedì del ferimento: era troppo tardi per capire da dove
fosse provenuto il colpo, ogni perquisizione, interrogatorio era un terno a
lotto. Non si capì, insomma, se il ragazzo andriese era inconsapevolmente
finito al centro di un agguato o se il proiettile fu sparato da un incosciente
che voleva festeggiare così i Santi.
Per fortuna
il bimbo sopravvisse al ferimento senza ulteriori danni.
Ieri sera poteva andarci peggio. La lotta a suon di ferro, fatta
a due passi dal Luna Park allestito
su via Lazzati per la festa dei
Santi Medici, avrebbe potuto coinvolgere degli innocenti.
«Appena abbiamo sentito i colpi siamo
scappati, ci siamo nascosti, non sapevamo cosa fare», i commenti di alcuni ragazzi
quindicenni presenti sul posto. Per non parlare dei genitori, le famiglie, i
tanti forestieri completamente terrorizzati.
Ad essere
feriti, invece, sono stati l’incensurato Arcangelo Vitariello e un uomo vicino al clan Conte: Vito Antonio Tarullo, volto
noto alle Forze dell’Ordine già da più di un decennio.
Correva, infatti,
il 2 marzo 2003 quando viene freddato
con due colpi di pistola Michele Maggio,
27 anni (legato al clan Simiraro, avverso a Conte), davanti ad un pub in piazza Aldo Moro, in pieno centro,
sotto gli occhi di sua moglie. Il presunto autore materiale era Vito Tarullo, allora appena 19enne e affiliato al clan che
faceva capo a Michele D’Elia – morto
in un incidente stradale nel 1992, fu arrestato dagli agenti della Squadra
mobile della Questura di Bari con i colleghi bitontini.
È il maggio 2012, quando il Tarullo, tornava
nelle cronache locali perché, assieme a Giovanni
Stellacci, veniva accusato di tentativo di rapina, tentativo di omicidio
(pronto a vendicare il ferimento dell’allora 28enne Vito Di Cataldo, colpito ai polpacci in via Crocifisso), porto
illegale d’arma da fuoco e violazione della normativa sulla sorveglianza
speciale.
Molti, ieri
sera, sui social gridavano al “giorno
sbagliato per un atto criminoso”. Il
problema non è nel giorno, il male è nell’atto.
Credete
davvero che il fanatismo religioso di alcuni – manifestato nei grossi ceri, nei piedi
scalzi e quant’altro- dei nostri (ahinoi) concittadini possa fermarli dal portare
a compimento la loro guerriglia interna?
“Show must go on”, cantava qualcuno. E lo “spettacolo” andato in scena
ieri non è stato solo nel presunto non – rispetto della fede, ma anche nell’imperterrita attività del Luna Park, e
relativo chioschetto, i cui proprietari non sono nemmeno stati sfiorati dall’idea di chiudere l’attività,
almeno momentaneamente, fino alla fine delle indagini delle autorità presenti sul
posto.
Basta,
basta, a lamentarsi per le rapine, le sparatorie, quando quotidianamente quel
che si sente è solo olezzo di sostanze stupefacenti.
Quello è il
loro mercato, questo è il loro territorio, questa è la loro guerra.
Aspettiamo,
speriamo non invano, i rinforzi, ma intanto proviamoci a volerci bene. La vita
è preziosa grazia di Dio.