Il ricordo del professor Nicola Pice
Vito Procacci, non solo il direttore della complessa struttura di Medicina e chirurgia d’urgenza, il docente in tanti corsi di perfezionamento di Alta formazione permanente e ricorrente in Pronto Soccorso, il relatore di infiniti convegni, il componente del Comitato Tecnico-Scientifico-Regione Puglia per
la Formazione e Ricerca in materia di Urgenze ed Emergenze Medico-Chirurgiche, il ricercatore impegnato nello studio dei sistemi ossidoriduttivi o degli aspetti biochimici e metabolici legati a quadri inediti di tossinfezione alimentare, l’autore di numerosissime pubblicazioni di livello internazionale, un medico segnato dalla sacertà dello spirito di servizio.
Vito è stato anche un appassionato di storia locale, e da giovanissimo un attivissimo socio del Centro Ricerche.
Poco più che quattordicenne nel 1973 scrive sulla rivista ‘Studi Bitontini’, avviando una rubrica “aperta alla collaborazione della gioventù studiosa col fine di essere uno stimolo per una più ampia partecipazione alla vita culturale”: riporta alcune note biografiche del nonno Vito Acquafredda, ricordando non solo la sua monumentale opera in tre volumi ‘Bitonto attraverso i secoli’ “frutto di approfondite ricerche esposte con stile chiaro ed elegante”, ma anche le sue opere scientifiche e il suo studio su ‘I primordi della condotta medica e alcune disposizioni sanitarie in un Comune di Puglia nel sec. XV‘, che “tratta dell’affidamento di una condotta medica al noto medica Saladino Ferro”.
Vito fu uno dei giovani più attivi che lavorò agli scavi della chiesa di San Paolo sotto la guida perspicace di Francesco Paolo Palmieri ed Erminia Cardamone, impegnandosi nella separazione dei frammenti ceramici ritrovati e nella individuazione dei tre strati di pavimentazione dell’antica chiesa.
Ma c’è pure un articolo del 2000 pubblicato in Studi Bitontini impostato sulle testimonianze iconiche e il culto della Passione in Terra di Puglia: un tema che l’ha sempre appassionato quello dei riti della religiosità popolare collegati alla Passione di Cristo, che vedeva articolarsi in un rapporto triangolare, i cui soggetti individuava nell’uomo che assiste o partecipa al rito, il soggetto sacro rappresentato (le immagini dei Nazzareni sanguinolenti e dell’Addolorata),la gestualità del rito che è alla base del suo carattere iconografico.
E vedeva nelle immagini della Passione una eredità degli ordini cavallereschi e delle associazioni confraternali, riconosciute ufficialmente ai tempi della Controriforma, che ne esaltavano in uno alla tradizione cultuale legata al rito della Settimana Santa anche il compito assistenziale.
Gli piaceva conversare e parlare di cultura e lo deducevi dagli occhi che gli brillavano e dal sorriso solare che gli segnava il volto.