Michele Mirabella non è solo un professore catodico che indica con Elisir la via del benessere agli spettatori.
È da sempre osservatore appassionato della sua terra, al punto da non lasciarsi sfuggire storie, memorie e tradizioni.
In più, sa analizzare con acume i cambiamenti del costume. E della nostra politica.
Per questo, domenica sulle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno, ha preso nel mirino la Città metropolitana, che, a suo dire, pare non avere ancora una identità ben precisa.
Eppure le Province sono state inesorabilmente abolite. Il noto scrittore cita un suo articolo forbito di qualche anno fa nel quale canzonava questo nuovo soggetto amministrativo nascituro.
Detto delle amministrazioni provinciali che “hanno fatto la fortuna di un pletorico ceto politico che, non sempre, ma spesso, le ha utilizzate per i bisogni e le nefandezze della Casta“, ricordava che qualche residuale competenza esse ancora l’avevano. Poi, passa alla disamina del nuovo ente, chiarendo che il “sindacone”, i suoi vice e i suoi assessori bene o male si conoscono.
Ma per il resto?
“Quanto se ne fregano i cittadini lo sanno i cittadini. I quali saranno tutti metropolitani?“.
E prosegue la sfilza dei dubbi: “Altri vantaggi non ne vedo, ancora, non nuovi, almeno rispetto alle Province, se non un’altra fascia sulla pancia del “sindacone”“.
Insomma, il bitontino Mirabella ha espresso le sue perplessità.
Noi, in concreto, non possiamo che dargli ragione.