Bari e il mare
Fra le espressioni dialettali baresi é famosa più per la sua pronuncia cantilenante che per il suo significato (niente affatto chiaro). Viene spesso ripetuta con un leggero accenno di malizia per sottolineare l’assurdità del confronto fra una grande capitale europea ed un modesto capoluogo regionale, un paragone che capovolge ironicamente i ruoli effettivi.
Leggendo o ascoltando l’espressione “Cce Parigi tenesse lu mère fosse ‘na piccola Bére” c’è da chiedersi comunque perché si confronti Bari con Parigi, cioè quale legame possa unire due città profondamente diverse in tutto. Che Bari abbia avuto rapporti stretti con la Francia, del resto, è risaputo: basti pensare alla dominazione angioina, sul finire del Medioevo, e, agli inizi dell’ Ottocento, a quella napoleonica, che ha dato una forte impronta urbanistica al capoluogo pugliese. Il quartiere “muratiano”, voluto da Gioacchino Murat, cognato dell’Imperatore, con il suo perfetto impianto ortogonale è, ancor oggi, il centro di Bari e rappresenta una delle migliori espressioni di un’urbanistica razionale e moderna.
È, poi, innegabile che la pronuncia barese del termine ‘mère’ sembri più una parodia della lingua francese che vera voce dialettale tanto da determinare una distorsione fonetica del nome “Bari”, niente affatto vernacolare: “tenesse lu mére, fosse na piccola Bére (e non Bbàre, come dovrebbe)”. Colpisce, inoltre, l’uso di ‘piccola’, aggettivo che il dialetto di solito traduce con “p’ccenunne” e pospone al nome cui si riferisce. E qui, invece, suona molto italiano anche perché è anteposto al nome: “piccola”, appunto, non “p’ccenunne”.
Però, nel contesto citato prevale soprattutto l’esagerazione che riduce Parigi ad una ‘piccola Bari’. Ciò precisato, torniamo, comunque, al paragone iniziale che sottolinea un dato di fatto: Bari ha quel mare che a Parigi manca. Ma cosa significa una simile affermazione?
Chiaramente, essa esprime il malcelato orgoglio con cui i Baresi vantano il mare come elemento distintivo della propria città: quasi a dire che una vera città non possa prescindere dall’avere un affaccio sul mare. Sembra confermarlo un altro detto popolare dal sapore altrettanto campanilistico, che, però, qui traduciamo: “Se Bitonto avesse il porto, Bari sarebbe morta”. E che, forse, va interpretato come l’affermazione orgogliosa non di bitontinità ma di baresità fondata essenzialmente sul mare: Bari, appunto, ha il porto che Bitonto non potrà mai avere (anche se, ad onor del vero, Bitonto una marina ce l’aveva, quella di Santo Spirito, ceduta proprio a Bari nel 1928).
A confermare questa interpretazione potrebbe valere il tono rassegnato dell’affermazione ipotetica iniziale con una sfumatura di commiserazione (in cui si coglie anche una sfumatura di commiserazione): se Bitonto avesse il porto, Bari etc. ma Bitonto, il porto, purtroppo, non ce l’ha. Pure questo detto popolare ribadisce, insomma, una vocazione marinara del capoluogo pugliese, del resto, storicamente attestata, sin dal Medioevo, dalla sua rivalità con Venezia nei traffici e nelle influenze politico-commerciali sul mare Adriatico. E sul vicino Oriente, da cui proviene quel Nicola, vescovo di Myra in Turchia, che, trasportato (o deportato?) in Puglia con un sequestro lampo, diventa santo patrono di Bari sul finire dell’XI secolo, pur mantenendo un carattere volutamente esotico perché di carnagione scura (ad onor del vero, un turco ha la pelle chiara). Un santo ben presto celebrato come autore di miracoli spettacolari (riempie le navi di granaglie, resuscita i bambini fatti a pezzi, garantisce la dote a tre pulzelle …) e come taumaturgo e miroblita (nella sua tomba cola la manna). Ma, soprattutto, “(San Nicola) va per mare … va per mare e spira il vento”: cantano i fedeli durante la sua festa mentre la sua statua è portata sulla barca dai marinai. A voler ribadire, orgogliosamente, il legame stretto di Bari col mare.