Il professor Sabino Lafasciano, oggi dirigente
scolastico in terra francese, si è sempre distinto per profonda cultura e
fermezza di idee.
Valori che propugna ogni giorno nell’interpretare come
missione la sua professione.
Si lavora fra i banchi per portare a compimento
quel processo di umanizzazione, che a certi individui pare proprio non
interessare.
Il klinamen epicureo lo ha condotto a guidare da un anno un
istituto in quel di Nizza.
Già, esattamente in quella città dove ieri sera è andato
in scena l’inferno della follia disumana.
Un camion sterminatore si è abbattuto
su centinaia di innocenti che stavano assistendo allo spettacolo dei fuochi
pirotecnici della Festa nazionale del 14 luglio.
L’ennesimo colpo mortale inferto al cuore dell’Europa.
Dall’errore all’orrore. A pochi giorni
dall’enorme ferita che ha colpito e straziato la Puglia, ieri a Nizza 84
persone si sono ritrovate vittime di un atto criminale. Cosa avete provato in
quei momenti?
«Errore ed orrore non sono sinonimi, ma c’è
tanto dell’uno nell’altro, e viceversa. Certo, l’orrore non è l’errore ultimo
del povero capostazione di Corato, ma nella catena degli errori, nel non
rendersene conto in tempo, nell'”automatismo” degli errori si nasconde
l’orrore. E’ orrorifico non rendersi conto che non risolvere la tragica catena
delle casualità, si crea lo spazio per l’orrore. Che, in qualche modo,
risulterà programmato, al di là delle volontà individuali di produrlo. Se, per
esempio, si fa finta di non rendersi conto che la violenza verbale, prima o
poi, genererà una violenza reale, ci si nasconde le proprie responsabilità. Il
battito d’ali della più innocua delle farfalle genera lo tsunami. Sempre. Così
come, ferma restando la giusta denuncia dei violenti, e dei loro atteggiamenti,
non ci si rende conto che non è la mancanza di una politica muscolare nei
confronti dei terroristi che alimenta il terrore, quanto proprio la cosiddetta
muscolarità, è una concausa dello stesso crescere esponenziale del terrore. Mi rendo conto che non è una risposta che
acquieta, che non è semplice. Come semplice non è la vita. Per le
vittime, per tutte le vittime, che muiano su un treno, in un bar o in una festa
di piazza, non c’è, e non può esserci altro che sgomento, rispetto, e
preghiera. A Ruvo come a Nizza, a Dacca o ad Istanbul».
Ormai in qualsiasi momento ci si sposti, che
sia una festa, un concerto, una partita allo stadio, dopo l’entusiasmo, il
secondo sentimento inconscio è quello della paura. Nemmeno ieri sono riusciti a
terminare un momento di festa. Se la presa della Bastiglia del 14 luglio fu un
momento di ribellione dei cittadini parigini, ieri – analogamente – c’è stata
una “presa” (ancora una volta) alla Francia da parte dei terroristi?
«La figlia di una mia amica, tornata stamattina
a casa dopo l’orrore della scorsa notte, ha detto a sua madre:”Non voglio
uscire più, non voglio viaggiare, voglio restare solo qui”. Per fortuna
dimenticherà, è giovane; ma se persistesse in questa reazione, sarebbe la prima,
vera vittoria del terrorismo. Che ha attaccato a Nizza, come al Bataclan,
proprio per colpire la festa, la quotidianità, l’ordinarietà del nostro stile
di vita. Non permettiamolo, con quella dose di incoscienza che è propria della
vita. Che continua ad esserci, nonostante tutto. Ciò che colpisce, girando oggi
per Nizza, è vedere ancora gente in costume che va in spiaggia, magari con gli
occhi bassi, con l’espressione triste, passando prima davanti al Negresco, dove
ci sono i soliti fiori, candele etc. Non sono certo che sia la migliore, o
l’unica reazione possibile, ma sono contento che la gente reagisca anche così».
Si parla costantemente di tolleranza e
accoglienza, ma a volte pare non sia abbastanza. Ciò che si è perso è il cuore,
un briciolo di bontà e la volontà di vivere in pace. Crede che gli uomini ce la
faranno a cambiare le cose?
«Ogni uomo ha in sé il peggiore dei propri
nemici. Ma anche il migliore dei propri amici. La tragedia della Bari Nord ha
generato, anche, quella catena di solidarietà e di empatia che ci rende
giustamente orgogliosi del nostro essere pugliesi. Non si tratta di sposare
partiti presi. Nè quello dell’ottimismo, ma neanche quello del pessimismo. La
differenza la fa , sempre, quello che facciamo. Nei momenti cruciali, ci è sempre
data la possibilità di scegliere tra il bene ed il male. Gli educatori, lo
ripeto innanzi tutto per me stesso e per i miei colleghi, son lì proprio per
questo. Per educare, senza moralismi , e senza rimuovere il fondo oscuro delle
nostre azioni,a fare la scelta giusta».