La grande fede in Dio e la crescita interiore della vocazione. Fino a diventare sacerdote, quel desiderio forte di abbracciare Gesù pur nella sofferenza di una malattia terribile e inesorabile. L’emozione, la gioia hanno pervaso il cuore di don Salvatore Mellone che il 16 aprile scorso, nella sua casa di Barletta divenuta l’altare della misericordia, ha ricevuto il presbiterato. Una luce immensa che ha illuminato un’esistenza tormentata dal dolore fisico, ma animata soprattutto dalla volontà di offrirsi al Signore. La storia del 38enne seminarista, gravemente malato allo stadio terminale, ordinato prete ha commosso tante gente, lasciando una traccia indelebile di una esperienza di cristianità così significativa, tangibile, purissima. «Nel celebrare la mia prima messa», ha detto nel momento più toccante, «ho provato un senso di pace che mi permette di abbracciare un po’ tutti e di farmi vivere una condizione di beatitudine e di vera gioia».
Durante il suo cammino spirituale e religioso, cominciato sin da ragazzo, prima frequentando la parrocchia di Santa Maria degli Angeli, poi la chiesa del Santissimo Crocifisso, un centinaio di metri da casa sua, Salvatore ha sempre mostrato una disponibilità d’animo verso il prossimo e un fervido interesse per i testi sacri. Cresciuto in una famiglia cattolica praticante ha ricevuto un’educazione esemplare. Papà Giuseppe, maresciallo dell’esercito ora in pensione, e mamma Filomena lo hanno seguito passo dopo passo, oltre alla sorella Adele che insegna religione. Insieme a loro anche l’inseparabile e affabile nonna Vittoria così premurosa nei confronti del nipote. «Una famiglia modello molto credente e impegnata nel sociale», afferma don Rino Caporusso, parroco del Santissimo Crocifisso. «Il papà è anche accolito, mentre la mamma fa la catechista. Spesso nella loro casa hanno ospitato preti, seminaristi dando loro un pasto caldo, un letto per dormire. Conobbi Salvatore una quindicina di anni fa quando arrivai in questa parrocchia. Ebbi subito la sensazione di avere di fronte un ragazzo speciale, quasi percepii la sua vocazione. È sempre stato animato dalla continua ricerca di Dio. Ha voluto rendere grazie al Signore per aver raggiunto il sacerdozio, un qualcosa più grande di lui e della sua malattia. Questo suo donarsi agli altri è un esempio per tanti giovani».
Ai ragazzi della parrocchia che ha dedicato molto del suo tempo facendo catechismo, dialogando con loro, condividendo l’attività dell’oratorio e stando insieme durante i campi scuola estivi. «Gli mancavano pochi esami per laurearsi in Scienze Politiche», racconta Riccardo Losappio, diacono nonché direttore dell’ufficio stampa dell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie. «Salvatore è uomo di cultura oltre ad essere giornalista pubblicista. Ha scritto due libri, tra cui la raccolta di poesie Le scaglie intorno. Il desiderio di diventare prete è stato supportato dalla maturità della sua fede per assimilarsi a Gesù Cristo. In questo la malattia, pur sfibrandone il fisico, lo ha rafforzato».
Per Antonio Diodovich, che ha lavorato insieme a lui nella redazione del giornale parrocchiale La Stadera, «è una persona molto solare e riflessiva, con una grande capacità di ascolto. Ha sempre cercato di riportare verso il Signore tutti quei ragazzi che si sentivano smarriti».
Appena trentenne Salvatore si trasferì a Bolzano per lavorare nella segreteria dell’Istituto delle Suore Marcelline. Poi, verso la fine del 2010 arriva la vocazione. Nell’ottobre del 2011 entrò nel Pontificio Seminario Regionale di Molfetta per l’anno propedeutico, superato il quale si dedicò con la proverbiale dedizione al biennio di filosofia. In quel periodo instaurò un’amicizia sincera con Marcellinus Nwodo nigeriano di Nsukka, diventato prete nel luglio scorso. «Quando comunicava con gli altri era un piacere ascoltarlo. Sapeva spiegare il Vangelo, quasi fosse un insegnante delle Sacre Scritture. Spesso mi chiedevo: ma perché non è sacerdote? Mi ha colpito la grandezza del suo cuore. Per me è stato un padre spirituale, mi ha aiutato nei momenti difficili. Lui si commuoveva quando incontrava gli ammalati».
Quella malattia che lo ha colto nel fiore degli anni. A giugno scorso i primi sintomi del tumore all’esofago mentre stava per affrontare il primo anno di teologia. «Le sue condizioni si sono aggravate e mi ha chiesto il discernimento vocazionale», sottolinea l’arcivescovo di Trani mons.Giovanni Battista Pichierri, «ha voluto essere con Cristo nel sacerdozio attraverso la semplicità e l’umiltà. Il suo è un messaggio profondo di carità cristiana: pregare per gli ammalati, per i sofferenti, per chi è solo».
Così quando Papa Francesco, dopo avergli telefonato, ha chiesto a don Salvatore Mellone di benedirlo durante l’ordinazione le sue sono state parole di infinito affetto:«L’ho fatto con il cuore pieno di gioia perché per noi tutti è un modello, un maestro. Non possiamo fare altro che seguirlo e continuare a pregare per lui».
Per gentile concessione del settimanale Famiglia Cristiana e dell’autore Nicola Lavacca