La proposta arriva dal professor Nicola Pice, presidente della Fondazione De Palo Ungaro e grande studioso oltre che autentico innamorato del nostro territorio.
E, come sempre gli accade, è corroborata da una descrizione minuziosa e preziose immagini.
Dunque, sulla strada di via Megra, resiste, dopo aver attraversato i secoli,una edicola votiva altomedievale. Il prof non lo dice espressamente, ma è ovvio che l’invito a restaurarla quanto meno a recuperarla è tanto implicito quanto chiaro.
Leggiamo.
“Sorge tra gli ulivi lungo la strada di via Megra, la via “lunga” che dalle Murge porta al mare, una cappellula, una edicola votiva altomedievale, costituita da un’ampia arcata con centina a duplice ghiera, cuspidata e rivestita di chianchette. Piuttosto ignorata, essa ha la facciata seminascosta da un ambiente a trullo, mentre sulla parete di fondo si conservano i resti di un dipinto a tempera, erroneamente interpretato come l’Annunciazione, mentre invece si tratta della Visitazione: “In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!” (Luca, I, 39-42). L’affresco, molto rovinato, lascia cogliere la figurazione delle due donne che portano in grembo due bambini, figli di una promessa e di un’attesa. Entrare in una casa e salutare è uso comune che indica familiarità: posta questa immagine in aperta campagna mi fa pensare al saluto di gioia, che un tempo i contadini si scambiavano lungo il selciato dei campi: ”Oòht! Daoràzie” una sorta di “ehò a te con la grazia di Dio” chiaro e squillante. Forse in queste due donne vedevano specchiato l’abbraccio fraterno e il senso di prossimità che albergava nei loro cuori… (le foto nella loro sequenza sono di Italo Maggio)”.
E allora, ce la diamo una mossa.