È
già ora di cena quando il signor Vito
Piscopo torna a casa dai suoi figli, dopo una lunghissima giornata di
lavoro.
Giunge con passo trafelato e tra le mani stringe un fascicolo
contenente lettere, progetti edili e ricevute di pagamento.
Sono racchiuse lì,
tra quelle “sudate carte”, le storie assurde che vuole raccontarci.
Decenni di
indescrivibili vicissitudini, che vedono l’imprenditore mariottano ostaggio di
una burocrazia lenta e inefficiente.
Con un’espressione d’amarezza, comincia a
spiegare (in una conversazione di circa due ore) la sua “versione” dei fatti,
muovendo dalla sua azienda di carburanti per arrivare a un tema molto sentito
da tutta la comunità mariottana, cioè la costruzione di una nuova scuola.
“Avevo avviato, molti anni
fa, la pratica 662 presso lo Sportello Unico di Bitonto”,
racconta, “ciò che chiedevo era un
permesso per ampliare il mio deposito carburanti a cominciare dagli uffici,
dove ancora oggi lavoriamo in condizioni disagevoli. Bene, per molti anni
questa pratica non è mai stata espletata”.
E spiega le ragioni dell’inadempienza
usando parole durissime: “Uno scaricava
l’incombenza all’altro, spesso il personale era in malattia, c’è stato un
ricambio frequente dei dirigenti e, come se non bastasse, la pratica è stata
smarrita. I permessi sono arrivati nel 2012, dieci anni dopo la mia richiesta.
Ormai era troppo tardi, io avevo già acquistato una proprietà a Ruvo, dove sto
costruendo un nuovo deposito”.
Dopo decenni d’attività, dunque,
l’imprenditore mariottano si dichiara costretto a migrare verso altri lidi e, a
tal proposito, tuonano severe le sue considerazioni: “Bisogna urlarlo forte che la burocrazia è sempre stata il cancro di
questo paese. Lo devono sapere tutti. Nel momento in cui, in un territorio già
penalizzato, è presente un’azienda che dà lavoro a 15 persone di Mariotto, che
cosa fanno? Invece di dare sostegno, osteggiano”.
Chiusa
la parentesi dell’azienda, il racconto prosegue con un’altra questione
ugualmente “ambigua”, quella che più sta a cuore alla famiglia del signor
Piscopo e che ancora oggi è all’attenzione dell’Amministrazione comunale e
dell’Ufficio Tecnico.
Vale a dire, la costruzione di una villa in un terreno di
sua proprietà.
In
breve, l’antefatto.
L’imprenditore ha acquistato a Mariotto, alcuni anni fa, un
terreno in zona totalmente edificabile, spendendo una grossa cifra.
Lì,
avrebbe potuto finalmente concretizzare il sogno dei suoi due bambini, quello
di vivere in una grande villa e poter ospitare tanti amichetti.
La concessione
per la costruzione stava per arrivare e il signor Piscopo si preparava a pagare
gli oneri, ma la cartella è stata ritirata.
Due le ragioni che hanno
indotto l’Ufficio Tecnico a bloccare la pratica e a prolungare di circa quattro
anni l’iter burocratico.
Innanzitutto, nella zona in cui ricade la proprietà,
il Piano Regolatore prevede appartamenti su due livelli -più
area a verde pubblico e parcheggi- e per poter costruire una villa si rendeva
necessario applicare una variante (la cui richiesta è stata inoltrata
all’Ufficio Urbanistico nel 2013).
In secondo luogo, un confinante reclama un
diritto di servitù che -a suo dire- verrebbe violato dalla costruzione della
struttura (su questo, si attende il verdetto del Giudice).
Dopo la lettera di diffida
dell’imprenditore e del suo architetto, indirizzata all’Amministrazione
comunale e datata 25 novembre 2014, s’è riunita d’urgenza la Commissione Affari
istituzionali e il “caso” Piscopo è
stato portato in Consiglio Comunale.
Per andare più in profondità, rimandiamo
all’albo pretorio on line e alla relazione dettagliata del “tortuoso” Consiglio
del 23 dicembre 2014, che si è concluso con il beneplacito dell’ingegner
Sangirardi -Dirigente 5° Settore Territorio- e con 11 consiglieri favorevoli e
7 contrari ad adottare la variante al Piano Particolareggiato.
A oggi, però, il
signor Piscopo non si dà pace e vuole spiegazioni circa i tempi “biblici” che
ha dovuto subire e che ancora deve sopportare.
“I miei figli erano
piccini quando abbiamo avviato questo progetto”, chiarisce, “hanno una stanzetta piccola, dove non
hanno nemmeno lo spazio per giocare. Ora mi dicono che la variante è stata
adottata, ma non so ancora nulla di certo. Forse sapremo qualcosa a marzo-aprile,
ma ormai stiamo valutando l’idea di lasciare il paese. Fanno spazientire la
gente”.
Continua, poi, sottolineando come alcuni “franchi tiratori”, con la loro opposizione ferma in questa
vicenda, abbiano mostrato scarsa attenzione verso la crisi del settore
edilizio, perdendo una valida occasione per lenirla.
“Il Comune avrebbe ottenuto una cifra consistente di oneri per rimpinguare le casse. Senza tener conto dell’assoluta indifferenza ai
gravi disagi che stanno vivendo gli addetti al settore edilizio”, dichiara
con risolutezza.
In
ultimo, il lungo racconto dell’imprenditore si conclude con l’affaire scuola.
Un’altra “faccenda”
ingarbugliata come un gomitolo, che ancora oggi impedisce ai cittadini di
Mariotto di disporre di una struttura nuova ed -eventualmente- di una palestra.
“Già dai tempi dell’amministrazione Valla
avevo proposto di cedere al Comune alcuni locali di mia proprietà per la
costruzione di una nuova scuola e chiedevo in cambio un locale a Bitonto”, spiega, “prima il sindaco Valla e, poi, il sindaco
Abbaticchio si sono mostrati entusiasti all’idea di poter donare a Mariotto una
nuova struttura. Ma anche questa volta l’Ufficio Tecnico ha bloccato la
pratica”.
Pare, infatti, che i locali in questione siano stati giudicati
non idonei all’ubicazione di una scuola e l’Amministrazione comunale ancora
oggi naviga nell’incertezza.
“La
struttura che c’è ora vi sembra idonea per i nostri bambini?”, si difende
il signor Piscopo, “e comunque è tutto
falso. Io ero intenzionato anche ad abbattere e a ricostruire la struttura a
mie spese, questo la gente lo deve sapere. La verità è che in tutte le cose
manca la volontà di trovare soluzioni concrete e immediate. Probabilmente,
vogliono che la gente scappi via dalle frazioni, come già stanno facendo gli
alunni”.
Tante,
quindi, le domande che l’imprenditore vorrebbe porre ad amministratori e
dirigenti bitontini e che, in mancanza di un confronto, rivolge a sé stesso.
“Può un imprenditore aspettare dieci anni per
l’espletamento di una pratica? Può un cittadino veder compromesso il proprio
diritto alla proprietà privata? Si può continuare a pagare il peso di una
burocrazia inefficace?”, si chiede.
E con scoramento, risponde: “Se la vita durasse un’eternità,
probabilmente sì”.