Ora, anche, l’abbaiare dei cani, nativi sullo stivale (cioè, dalle alpi all’isola che diede i Natali nella prima metà del secolo XIII a Cielo d’Alcamo, Pensate, o miei 25 Lettori, all’Autore di “Rosa fresca aulentissima” che, oltre ad Essere già nel Titolo Nuncio di Grande Poesia, è una delle prime notevoli Testimonianze della Capacità del “Volgare Siciliano” e, poi, della Italica “Vulgaris Eloquentia”, per Dirla con Dante, di SublimarSi in un Componimento Poetico), rimanderà al neologismo “petaloso” che, per primo, avrebbe coniato un ragazzino, di nome Matteo, alunno di una scuola elementare di un paese in provincia di ferrara. La maestra, nel leggere il compito di Matteo, d’acchito fu, negativamente, impressionata dall’insolito aggettivo; in seguito, forse, presagendo per sé e per il suo scolaro “‘n anticchia” di “visibilità mediatica”, cartacea e catodica, pensò di chiedere lumi all’ “Accademia della Crusca”, se fosse possibile far degno dei dizionari italiani l’aggettivo usato da Matteo. E i sacerdoti della Lingua Italiana, custodi della sua Purezza, le risposero che l’ingresso in pompa magna di “petaloso” nei dizionari italiani sarebbe stato possibile “se tanti l’avessero utilizzato e capito”. La notizia della domanda della maestra ai maggiorenti dell’illustre Istituzione Culturale Italiana e della subitanea risposta di essi alla loro interlocutrice si diffuse, altrettanto, subitamente: giornali e programmi televisivi “si spesero” nel magnificare la “scoperta linguistica” di un genietto, che aveva ricevuto l’ “imprimatur” dell’ “Accademia della Crusca”. Come succede da parte di un popolo pigro, amante del “pensiero unico” di tendenza e del gergo che lo esprime, ecco, cani e porci ad avventarsi, subito, su “petaloso”, per cannibalizzarlo sino allo sfinimento. Potevasi astenere il renzi matteo da tanto scempio di un inerme neologismo? E la sua cortigiana, della “buona scuola” firmataria, tal stefania giannini? Per carità, che nessuno lo dubiti! Infatti, il renzi ha “hashtagato”: “Grazie al piccolo matteo, grazie all’accademia della crusca, una storia bella, una parola nuova” e la giannini: “Bravo Matteo, la lingua è creatività e il luogo della libertà”. Come succede in tutti i regimi dittatoriali in divenire, la cricca al potere approfitta di tutto ciò che agli occhi della plebaglia appare di positivo rumore, per farlo credere sortito dal contesto politico da essa gestito! Sennonché, quando gli ultimi cambronnati italiettini non avevano, ancora, finito di addentare con coristica cupidigia i resti di “petaloso”, arriva la struggente delusione: il piccolo matteo non avrebbe potuto fregiarsi del conio dell’aggettivo “pataloso”, in quanto in uno scritto, databile tra il 1693 e il 1703, il botanico, farmacista inglese, James Petiver, definiva “petaloso” il fiore del peperoncino, la pimenta. Per non parlare di Michele Serra che avrebbe, già nel 1991, definito “petalosi” i fiori di san remo. Sennonché, l’aggettivo “petaloso” è un orrore linguistico che dissolve, vanifica, disperde la Poeticità del Sostantivo “Petalo”, dal quale si vorrebbe educarlo. Si Veda Alda Merini: “La poesia è un petalo /che cade nel vuoto /in bocca ad un leone /che ruggisce”. Si Veda Emily Dickinson: “Un petalo, un petalo e una spina /In un comune mattino d’estate, /Un fiasco di rugiada, un’ape o due, /Una brezza, /Un frullo in mezzo agli alberi – /Ed io solo una rosa”. “Cadono come fiocchi – /Cadono come stelle – Come petali da una rosa – /Quando d’improvviso in Giugno /Un vento con le sue dita – passa-“. E per finire, Due Versi Miei: “Aveva petali, da inzuppare di fumo e di catrame, /non ali, per non essere trovata sul suo stelo /inclinata…”. A Conforto di quanto ho Detto MI Viene il Grande Giacomo che nello “Zibaldone”, a Pagina 1789 del 25 settembre 1821, Analizzava la Poeticità di alcuni Aggettivi e Parole: “Le parole ‘lontano, antico’, e simili sono poeticissime e piacevoli, perché destano idee vaste, e indefinite, e non determinabili e confuse…Le parole ‘notte, notturno’ ec. le descrizioni della notte ec. sono poeticissime, perché la notte confondendo gli oggetti, l’animo non ne concepisce che un’immagine vaga, indistinta, incompleta, sì di essa, che quanto ella contiene. Così ‘oscurità, profondo’…’Posteri, posterità (e questo più perché ‘più generale’) ‘futuro, passato, eterno, lungo’ in fatto di tempo,’morte, mortale, immortale’, e cento simili, son parole di senso o di significazione quanto indefinita, tanto poetica e nobile, e perciò cagione di nobiltà, di bellezza ec. a tutti gli stili”. Caro Matteo di otto anni, per Parafrasare Oliver Wendell Holmes jr., avrai successo nella vita, se, rifiutando gli osanna dei tuoi genitori, della tua maestra, di renzi, della giannini, del mondo dei media, invece di affannarti nello scoprire parole nuove che, in realtà, altri hanno già scoperto, ti Convincerai che alla tua età non si può Essere Dio, o non ancora!
Nel “De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio (Discorso sulla donazione di Costantino, contraffatta e falsamente ritenuta vera) Lorenzo Valla o Laurentius Vallensis (Nato a Roma, 1405-1407, Morto a Roma il 1° agosto 1457), Elegantissimo Umanista, Critico Acuto, Scrittore Pungente nella sua continua, violenta Polemica contro il potere temporale della chiesa di roma, tra tanto l’altro, fa una lunga Riflessione sulla chiesa cattolica del suo tempo: se anche papa silvestro fosse stato in possesso di una “Donazione”, non scritta da Costantino, non avrebbe dovuto accettare i beni, da lui donati, in quanto nessun pontefice nella storia della chiesa cattolica aveva dimostrato di saper amministrare alcunché con fedeltà, ma che, anzi, il papa portava guerra e discordia tra i popoli. Continua, accusando i papi di essere stati, di essere affascinati dalla ricchezza; pertanto, hanno pensato, pensano di poterla strappare dalle mani di tutti coloro che possiedono beni in grande quantità, inducendo, così, la voglia, la brama di essi in tutti gli uomini, sollecitati a seguire l’esempio di coloro che si sono assisi, s’assidono sulla cattedra di pietro. Valla Ritiene che non ci fosse più religione, che nessuna cosa fosse più santa, che non ci fosse più timore di Dio, che tutti i malvagi scusassero i loro delitti, ammettendo di aver preso a modello i delitti dei papi. Eppure, ad onta del Mio, pienamente, Concordare con le dure, incontrovertibili Lamentazioni di Lorenzo Valla nei confronti della millenaria avarizia del clero e della gerarchia cattolica, non posso EsimerMI dal Riconoscere ai medesimi di aver Salvato la Cultura Classica (Scienza, Filosofia, Letteratura), la Lingua Greca e Latina dall’inesorabile scorrere del Tempo, dall’incuria, dalle distruzioni, dall’oblio degli uomini.”Ora et labora”, recita la regola benedettina che raccomanda misura ed equilibrio tra la preghiera e il lavoro alle comunità religiose dal medioevo in poi. Laboriosi nel silenzio dei cenobi, innumeri monaci hanno Trasmesso i Doni della Classicità Greco – Romana agli abitanti del continente europeo che, se non politicamente, si sono sentiti Uniti in quanto Plasmati da una Comune Cultura e dai Valori di Essa, Rintracciabili nelle Opere dei più Eminenti Autori che ad Essa Diedero Vita. Se è, inequivocabilmente, dubitabile che un Dio abbia creato l’Universo, non v’è dubbio che la Pazienza di tanti Uomini, dalla fede consacrati a un Dio, Salvò quel Divino, Possibile in ogni Uomo, che Abita nei Capolavori della Pittura e della Scultura e della Letteratura e della Filosofia e della Scienza Greco – Romana; che Ammansì, Affascinandola, l’animosità guerriera dei popoli conquistatori dell’impero romano. Ma una Cultura è Viva, se è Viva la Lingua che La Esprime! Non conoscendo il greco moderno, non posso dire, se Qualcosa della Lingua che Immortalò il “Fedone” di Platone Sopravviva nei dialoghi dei greci, traditi dal loro “premier” tsipras. Sono, altresì, Certo che la Lingua di Cicerone è, assolutamente, defunta nelle lingue, a torto, ora, orpellantesi “neolatine”, tra le quali, il ruttante italiettino ributtante attuale; nella liturgia della chiesa cattolica che, tra i tanti storici crimini commessi dalla sua “governance”, le bufale elaborate nelle sue adunanze conciliari, ha perpetrato l’infamia di rendere peregrina la Celebrazione dei suoi riti in Latino, quel Latino che, se fosse stato, ancora, la Lingua Ufficiale di una istituzione religiosa, sparsa su tutto il pianeta, poteva Diventare ciò che oggi è, immeritatamente, non la Lingua di Shakespeare, ma quella ebetizzante del principe carlo d’inghilterra o, in versione statunitense, quella “stronzeggiante di trump, non solo canale di comunicazione tra rappresentanti dei paesi nei consessi internazionali, “sed etiam”, l’Elegante, Affratellante Veicolo di Amore e di Pace tra tutti gli Uomni. Ahimé, in quanta, in quale Fatica vana S’impegnarono i Discepoli di Benedetto, se, oggi, il capo della chiesa cattolica, il bergoglio, nell’avventurarsi (data la qualità culturale degli attuali pastori del gregge di pecore del serraglio vaticano bisogna proprio parlare di avventura!) in citazioni in latino, pur maccheronico, commette banalissimi strafalcioni. Ebbene, il mitratissimo italo – argentino, gesuita, l’oratoria del quale, farcita di facile, scontata, populistica, demagogica sociologia, non appare, di contro, supportata dalla “tosta” preparazione teologica dei sudditi in nero (o neri?) del “papa nero”, nel rispondere a trump (se eletto, porterà al potere del pianeta la sua scandalosa, proterva ignoranza) che l’aveva accusato di essere un papa “politico”, in una conferenza stampa ha citato Aristotele, ma nel latino traballante dei chierici di oggi (se sa poco di Latino, figuriamoci di Greco!). Per Farla breve, lo Stagirita aveva Definito l’Uomo: “Zoon Politikon” (Animale Sociale), Definizione che entusiasmava francesco, se anche a lui riferita, in quanto, anch’ egli, come tutti gli uomini, si sentiva: “animal politicus”. Erroraccio, ché “animal” è neutro e l’aggettivo va la neutro concordato con esso. Quindi: “Animal politicum!”. E pensare che ieri, ma molto ieri, anche i Curati di campagna Elargivano ai liceali Austere, Rigorose Lezioni di Latino e di Greco ché, per essere ordinati sacerdoti, i vocati alla “vita consacrata” (tanto ditta il gergo) dovevano fare i calli ai glutei nei serissimi Ginnasi e Licei nei seminari istituiti. Mentre, oggi, i “sistemandi” nella “vita consacrata”, prima vanno a rubarsi un qualsiasi diplomino nelle sgarrupate scuolette italiettine, pubbliche o private, mattutine o serali, a “truc”(falsamente) umanistiche o, facilmente, professionali, e, poi, pronto, il responsabile di una qualsiasi diocesi a professionalizzarli nella conta delle rendite, degli introiti che le parrocchie procurano: tanto a te e molto a me! Per Concludere questo Mio Scritto (nel quale ho Parlato di coloro che non hanno Imparato a Vivere, secondo Seneca, la Scienza a cui dobbiamo Tendere con tutte le nostre Forse Spirituali e con la Ragione), vorrei Domandare ai Miei 25 Lettori: “La Gratitudine Appartiene, frequentemente, agli uomini, è appartenuta nella Storia come la Parte Migliore di essi ? Quanti tra gli uomini si sono dati la briga di Conoscere Socrate, Dante, Giordano Bruno, Galilei, Leopardi, Pasolini e, se Li hanno Conosciuti, quanti si sono Affannati a Mettere in Pratica il Magistero di Essi, Teleologizzato a Salvarci dalla nostra morte spirituale (per citare Dante a braccio), Scontando, Molti di Loro, la nostra Salvezza Spirituale con la loro Morte Fisica ? La Risposta è: NO! Mentre i media cartacei e catodici in questi giorni ci hanno Ragguagliato e Fornito le Immagini del Rapporto Sublime di Grato Amore tra un Uomo e un Pinguino. Come dovrebbe instaurarSi tra gli Uomini; tra gli Uomini e la Natura; tra gli Uomini e tutti gli Esseri Viventi in Essa. Ciò che Sto Raccontando non è l’Epifania di Qualcosa di Meraviglioso che Si potrebbe Esperire in un Sogno, “sed” è il Meraviglioso Reale, se, pur, di Eccezionale Realtà: “Joao Pereira de Souza trovò il Pinguino Dindim in fin di vita su una spiaggia di Rio, cinque anni fa. Lo curò, lo guari e lo lasciò andare nel suo “habitat”, distante 8 mila chilometri da Rio. Da allora, tuttavia, il pinguino, almeno, “semel in anno”, torna a trovarLo dalla Papuasia”. Non possiamo avere niente altro di (DIS)umana Esemplarità che ci Svegli e ci Scuota!