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Home » L’Editoriale/I Mondiali siamo noi. Stasera, riannodiamo il filo azzurro che ci lega alla Nazionale

L’Editoriale/I Mondiali siamo noi. Stasera, riannodiamo il filo azzurro che ci lega alla Nazionale

Ci esaltano le sfide, le missioni impossibili. Cuore e pallone oltre l’ostacolo, discese ardite e gloriose risalite

Valentino Losito by Valentino Losito
14 Giugno 2014
in Cronaca
L’Editoriale/I Mondiali siamo noi. Stasera, riannodiamo il filo azzurro che ci lega alla Nazionale
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C’è un filo azzurro che lega le generazioni italiane al di là di
ogni “fede”, di ogni campanile, di ogni familismo: è il racconto del Belpaese
che si innamora, tifa, esulta e si dispera per la sua nazionale ai Mondiali di
calcio.

All’inizio furono quelle dei Meazza, dei Piola e del
“commissario unico” Vittorio Pozzo, campioni nel ’34 e nel ’38, trasformati
in eroi nazionali dall’epopea del regime fascista anche grazie alle
radiocronache del mitico Niccolò Carosio.

Dopo il lungo tunnel della guerra e della
ricostruzione, illuminato dalle gesta del Grande Torino e dalle lacrime di
tutti per la tragedia di Superga, il romanzo dei mondiali scrive un’altra
pagina con i mondiali di Londra. “Quelli del ’66, la regina d’Inghilterra era Pelè”
come ha scritto e cantato Antonello Venditti. Ma per noi fu subito Corea.
Quella  parola è entrata nel vocabolario popolare come sinonimo di
disfatta nazionale dopo che fummo cacciati dal mondiale da un gol del dentista
Pak Doo Ik
.

Tornammo ad esaltarci quattro anni dopo in Messico
allo stadio Atzeca e la storica vittoria sulla Germania per 4 a 3 con
l’indimenticabile gol di Rivera
.
Da allora una serie di trionfi contro i
“panzer”, per ridestare l’orgoglio dei nostri emigrati e per dimostrare che
almeno nel pallone la fantasia italiana è sempre al potere.

E infatti nell’82, il trionfo in Spagna fu ancora
contro i tedeschi e immagini che la memoria non cancella: l’urlo di Tardelli,
l’esultanza di Pertini, la pipa di Bearzot, le mani di Zoff sulla coppa, la
voce di Martellini
.
E, un attimo dopo, i primi vagiti di Antonio Cassano che
venne al mondo proprio nella più gioiosa delle magiche notti azzurre.

Poi le delusioni del ’90, con i mondiali persi in casa
e i napoletani a fare il tifo per l’Argentina di Maradona e quelli del ’94 con
il rigore sbagliato anche da Roberto Baggio, divin codino ma quel giorno
castigato dal cielo.

Ma il cielo tornò azzurro a Berlino nel 2006, la
testata di Zidane a Materazzi e quell’urlo che attraversò come un brivido di
piacere e di liberazione tutta la penisola quando Fabio Grosso segnò il rigore
che fece piccola la grandeur dei francesi.

Tra qualche ora si riparte, si ricomincia. La scuola è
finita, le ferie ancora una promessa, i tedeschi continuano a rivendicare il
“rigore” ( ma non sui campi di calcio) e noi abbiamo rispolverato i tricolori
che già sventolano sui balconi. Siamo fatti così, pronti a scatenarci e a
commuoverci per il patriottismo da condominio. Il pallone ci fa ancora
innamorare, come dimostra la favola bella del Bari (o della Bari)
di  quest’anno
. Ci esaltano le sfide, le missioni impossibili. Cuore
e pallone oltre l’ostacolo, discese ardite e gloriose risalite.

Grazie alla pedagogia di Carlo Azeglio Ciampi e alla
magistrale lezione di Roberto Benigni, ora anche l’inno di Mameli, per noi
italiani, non è più il grande sconosciuto. Balbettiamo un po’ di meno e ci
commuoviamo un po’ di più quando proviamo a intonarlo insieme ai nostri undici
eroi che si tengono per mano.

Un calcio al pallone e alla malinconia. Il filo
azzurro è pronto per essere passato ad altre mani. La storia continua. Si alzi
il sipario, lo spettacolo può cominciare perché, in fondo, i Mondiali siamo
noi.

Tags: calciomondialinazionale
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