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Home » Il Piano Urban a Bitonto. La città a venti anni dalla sua attuazione

Il Piano Urban a Bitonto. La città a venti anni dalla sua attuazione

Come gli investimenti hanno cambiato il territorio

Michele Cotugno by Michele Cotugno
18 Giugno 2018
in Cronaca
Il Piano Urban a Bitonto. La città a venti anni dalla sua attuazione
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Il Programma di iniziativa comunitaria Urban fu avviato nel 1994 e coinvolse 118 città europee e sedici italiane. Era finalizzato a realizzare interventi di rivitalizzazione economica, ambientale, spaziale, sociale in ambiti affetti da degrado, attraverso il sostegno alle attività, la promozione dell’occupazione delle popolazioni locali, l’offerta di nuovi servizi e attrezzature e il potenziamento di quelli esistenti. Mirava anche alla riqualificazione degli spazi urbani, al miglioramento dei trasporti e al recupero di contenitori. Fu avviato a Bitonto dal sindaco Nicola Pice sin dalla sua prima giunta (1998-2003) e gli interventi sono proseguiti negli anni successivi, contribuendo a modellare l’attuale aspetto della città.

«Spesso in passato l’espansione della città non è stata attenta alle sue esigenze. La città deve tantissimo al Piano Urban. Quello che è venuto dopo, come la rivalutazione del centro storico, è frutto della sua attuazione».

Ad esprimersi così è proprio Nicola Pice, colui che attuò a Bitonto il Programma Nazionale Urban Italia, un’iniziativa comunitaria volta a lottare contro le marginalità presenti sul territorio e ad avviare interventi di rivitalizzazione economica e sociale nei quartieri svantaggiati delle città europee.

Mirava non solo a migliorare la qualità degli spazi e a colmare le gravi carenze di servizi e infrastrutture dei quartieri più degradati, ma anche a porre le premesse per l’innesto di processi di sviluppo economico e sociale.

Tra gli obiettivi dei quattro assi che componevano il programma degli interventi c’erano il potenziamento dell’offerta di assistenza, formazione e servizi alla città, il contrasto al degrado fisico urbano del centro storico, quel degrado sociale ed economico che lo ha reso abbandonato e pericoloso, e il miglioramento della qualità della vita nelle periferie, con la realizzazione di infrastrutture sportive come strumento per l’integrazione.

Ma, in concreto, a cosa ha portato a Bitonto l’Urban?

«Tra le direzioni intraprese vi fu l’incremento dei servizi socio-assistenziali, con la creazione di un polo della solidarietà che comprende l’Istituto Maria Cristina, l’Hospice Aurelio Marena e il centro per i malati di Alzheimer Villa Giovanni XXIII. Vi fu l’impegno per il settore socioculturale con il restauro del Torrione con il suo fossato, del teatro, di Palazzo Sylos Calò, con l’istituzione della Galleria Nazionale e della Contessa, da trasformare in centro di aggregazione sociale, oltre che delle scuole. Furono sistemate di aree verdi e lo spostamento dell’area mercatale per rendere le periferie meno periferie, la realizzazione delle due palazzine per alloggi popolari progettate dallo IACP. Anche il Park & Ride, sia pure con un progetto modificato, è stato finanziato con la premialità del piano Urban» ricorda l’ex sindaco spiegando che in passato spesso l’espansione della città non è stata attenta alle esigenze della città: «C’è ancora bisogno di interventi per ridurre una fascia di marginalità che, unita alle sacche di povertà che persistono nelle aree periferiche, contribuisce ad alimentare fenomeni di criminalità».

I fondi del piano furono anche utilizzati anche per il recupero delle mura angioine e dei giardini pensili, l’allestimento del Museo Diocesano, la realizzazione del Museo De Palo Ungaro, il recupero dell’ex scuola di disegno, oggi sede delle Officine Culturali

«Non si tratta di un restyling solo estetico» disse Pice in un’intervista durante gli anni del suo mandato, parlando di interventi in grado di «alimentare flussi di crescita importanti e vitali per tutta la città, consentendo ai settori turistico, socio-sanitario, culturale e commerciale margini significativi di miglioramento anche in termini occupazionali».

«Come tutti i genitori, sono affettivamente legato alla totalità degli interventi proposti per l’Urban a Bitonto» aggiunse, sempre in quell’occasione, l’ex primo cittadino, non nascondendo enorme soddisfazione per la riapertura dell’ex Teatro Umberto I (ora Traetta) e il recupero del Torrione Angioino.

«Il merito più grande è l’aver dato un’identità alla città di Bitonto, che è vocata al sociale e alla cultura. Ce lo riconoscono tutti. Sono stati investimenti lungimiranti» ricorda invece Emanuele Pagone, assessore all’urbanistica durante la seconda giunta Pice, che ci tiene però a sottolineare che il merito del Piano Urban va dato a Pice: «Nacque nel primo quinquennio e io, poi, l’ho messo in atto».

«L’Urban ha puntato sulla rete tra pubblico e privato, nel sociale. La collaborazione con i privati ha portato alla realizzazione dell’Hospice Aurelio Marena e del centro per l’Alzheimer di Villa Giovanni XXIII, che affrontano alcuni tra i grandi mali della società odierna. Con il pubblico sociale si sono avuti investimenti per l’Istituto Maria Cristina per 750mila euro» prosegue l’ex assessore, che però ha un rammarico su quest’ultimo punto: «Peccato che gli investimenti non abbiano portato i frutti sperati, come per gli altri due casi. Per tante ragioni, tra cui un’assenza, negli anni, di politiche serie sul sociale, non è mai riuscito a decollare».

Ed è proprio sul sociale che, per Pagone, c’è ancora molto da fare, a partire dal rafforzamento della rete tra tutti gli attori che operano nel settore: «Anche per difenderci dall’attacco dei grandi investitori che ritengono il sociale solo un ottimo terreno per fare business. Perché oggi, se hai dei soldi e li investi nel sociale, puoi fare ampi guadagni. Ma io ritengo che il sociale non debba servire per fare business. In primo luogo, deve fornire assistenza al territorio, ai più deboli e svantaggiati».

Rinvigorire la rete del sociale è necessario anche per il contrasto alle marginalità: «Oggi, tra i business legati al sociale, c’è quello relativo all’assistenza ai migranti, su cui sono stanziati molti soldi. Per il contrasto alla devianza minorile e per il sostegno alle famiglie svantaggiate, ai minori figli di tossicodipendenti non ci sono tanti soldi e chi se ne occupa fa la fame. Ci sono le parrocchie, ma sono da sole. Su questo il piano Urban poteva fare ben poco».

L’ex assessore all’Urbanistica precisa anche che il recupero di parte del centro storico non è frutto della politica di oggi, ma di ieri: «Di pari passo con gli interventi sul sociale, furono stanziati investimenti massicci nel borgo antico, tra cui 1,8 milioni per il rifacimento di piazza Cavour, 1 milione per il Torrione e 4 milioni per la Galleria Devanna. Interventi che sono serviti a migliorare il contesto e ad incentivare la nascita di altre attività. Che poi, solo dopo qualche anno, sono nate».

«Perché – conclude – gli incentivi da soli non sarebbero serviti a nulla senza grandi investimenti sulle infrastrutture».

 

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