Una cosa così poteva succedere solo a Bitonto. Che il più grande benefattore della città – anche un neonato potrebbe intuire il valore incalcolabile delle tele donate alla collettività forse immerita – passasse addirittura per furfante. Certo, è italica usanza addormentarsi generale e risvegliarsi fantaccino o viceversa, però stavolta troppi dettagli non ci hanno convinto. C’è qualcosa di inspiegabile e irrisolto che qualcuno, prima o poi, ci dovrà chiarire. Ho avuto la fortuna – ché di questo trattavasi – di intervistare in più di un’occasione il professor Girolamo Devanna, Mino per gli amici. A proposito, parentesi lunga, mettetevi comodi. Gli amici, già, molto meno di quelli che sono sbucati, indubbiamente affranti, il dì delle esequie. Anche questa è una peculiarità nostrana. Mostrarsi fedeli sodali specie quando l’oggetto dell’improvvisato affetto è appena defunto, magari con cerimonia aperta al pubblico e cordoglio cittadino. Salvo, poi, sparlarne allegramente alle spalle postume. Ma transeat. Si diceva delle interviste. La sua dimora, un museo a cielo aperto, sotto gli occhi di tutti, in un palazzo antico nel cuore del centro storico, tutt’altro che inviolabile. Sentinella fiera e colta, ma non certo marziale, la sorella Rosaria. Devanna sotto occhialini pensosi aveva sempre uno sguardo lungiveggente ed un’ironia davvero socratica, essendo animato solo da uno sconfinato amore per il bello, che conosceva persino nelle pieghe più invisibili, dipinto, scultura o tomo che fosse. Come se con i capolavori avesse avviato sin dalla giovinezza un dialogo interiore, fatto di emozioni e scoperte. In lui, un solo desiderio: far sì che la meraviglia contagiasse il mondo che lo circondava. Una meraviglia da riconoscere tale, ecco perché delle scale di quella magione elegante negli anni hanno visto scendere incliti studiosi d’arte, accigliati sovrintendenti, rappresentanti delle forze dell’ordine dediti alla difesa dei beni culturali. Tutto questo, senza considerare il suo, di capodopera: la ponderosa donazione di perle che ha dato vita alla Galleria Nazionale della Puglia, allocata presso quello scrigno di stupori che è il Palazzo Sylos-Calò (parere personale, che nessun si adonti: andrebbe gestita con più energica convinzione, probabilmente con prevedibile disdoro del capoluogo, tramutandola però davvero in un attrattore serio, un volano economico-culturale per tutta la città. E sorvolo sul destino nebbioso dei locali a pian terreno). Fino al pasticciaccio di ieri, a un dipresso da una nuova elargizione di splendori e pure del prezioso patrimonio librario. Che pochi hanno capito, al di là di inutili spettacolarizzazioni, irose resipiscenze e tardive retromarce. Ancora una volta, ne usciamo tutti con le ossa rotte, ma questo sembra non interessi a nessuno. E non è stato affatto rispettato il professor Girolamo Devanna detto Mino, per gli amici (pochi a Bitonto, molti di più fuori, financo oltreoceano)…