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Home » Il Commento/Il blitz, le forze dell’ordine, gli arresti, e poi di nuovo tutti liberi. A spacciare

Il Commento/Il blitz, le forze dell’ordine, gli arresti, e poi di nuovo tutti liberi. A spacciare

Ma qui, in tutto questo bailamme malavitoso, tra i cittadini c’è chi crede che un’altra via sia davvero possibile? Soprattutto, la si desidera?

Lucia Maggio by Lucia Maggio
3 Marzo 2025
in Cronaca, Primo Piano
Libera Bitonto: “Vogliamo un futuro in cui lo spaccio non sia core-business del centro storico”
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“Seh, seh, hanno fatto gli arresti! I passanti in mezzo alla strada hanno preso. Sono innocenti e sono già a casa!”.

È stato questo il tenore dei commenti apparsi nei giorni scorsi sotto le testate giornalistiche online, che hanno riportato la notizia dei cinque arresti, scaturiti dall’enorme dispiegamento di forze dell’ordine nel nostro centro storico.

Ed è la verità. Stanno già tutti a casa. Anzi, persino chi è stato “beccato” dai militari con soldi e droga è stato destinatario di un obbligo di dimora.

E quindi niente. Va così. Si alzano elicotteri, arrivano più di 15 auto dei carabinieri in città, cinturano l’intero centro storico, sincronizzano gli orologi (non come i film di Banfi, per davvero) e i risultati della magistratura, ahinoi, sono tutt’altri.
Così si continua non solo a spacciare, ma soprattutto a commercializzare droga di ogni genere, con ragazzi e adulti di ogni fascia d’età e di qualunque ceto sociale, che consumano hashish, marijuana, cocaina, forse persino eroina, ovunque.
Che sarà mai!

Come sempre le “sedi” degli “esercizi commerciali” illeciti aumentano, si espandono, cercano nuovi pertugi dove poter stare. A volte per non “ostruire” il passaggio, invitano persino i residenti a girare al largo per rientrare a casa a piedi o in auto, per non “distrarli” dagli acquirenti veri.

Le centrali di spaccio si sono ormai stabilmente consolidate in quelle zone del centro storico, da sempre presidiate dalla criminalità locale, che cerca di trovare spazi laddove sono stati lasciati dai “capi” portati in carcere.
Tanto che circa un mese fa, nella prima decade di febbraio, si è verificato uno scontro armato nei pressi del “famoso” asilo Pantaleo che già fu oggetto di “attenzioni” della polizia nei mesi scorsi.
Nessun timore per il carico e il materiale sequestrato: dove c’è domanda, c’è offerta. E quindi c’è tutto il denaro necessario per ricomprare tutto e tornare come prima. Senza tralasciare il ritorno all’uso potenziale delle armi. Colpi di pistola, quelli di quella domenica 9 febbraio, che si vanno ad aggiungere a quelle sparatorie ancora da risolvere della scorsa estate, avvenute su via Crocifisso e via Verdi. Nel contesto criminale si aggiunge anche l’agguato a casa di un pregiudicato su via Repubblica, in pieno centro. Tutti episodi accaduti in orari di punta, mentre passanti, quelli veri, erano intenti a far compere per le vie dello shopping.
Non sono mancate nemmeno le rapinucce qui e là, tra supermercati, bar, furti tra scuola e ospedale, spesso commessi da tossicodipendenti o persone affette da patologie specifiche.
Non dimentichiamo nemmeno quanto accaduto nelle due banche sul corso (altra piaga ancora irrisolta) e su via Repubblica.

Ecco. Noi non siamo affatto convinti che le nostre forze dell’ordine, tutte, nessuna esclusa, “stiano dormendo” come molti pensano.
Forse quel che occorre è una spinta in più da parte della magistratura (purtroppo blindata, c’è da dirlo, dalle nuove riforme Cartabia e con l’ombra della Nordio che incombe).
Le nostre città perdono occasioni di crescita. Potremmo vivere di turismo, cultura e bellezza. Non di droga. Potremmo vivere con i giovani che organizzano tour per i forni a mangiare focaccia, non in giro per le piazze di spaccio.

Non vogliamo città militarizzate, vogliamo città vive, dove i cittadini possono poter denunciare con fiducia ciò che accade: devono poter raccontare un fatto alle forze dell’ordine, senza la paura che qualcuno, il giorno dopo, quel bandito glielo liberi e stia da capo per strada… a fare del male.

Non è il carcere l’unica soluzione. Ci sono la rieducazione e tutte le cose bellissime che leggiamo persino per la giustizia riparativa, è vero. E in molti casi funziona, funziona benissimo: si pensi all’esempio di quanto accaduto a Canosa di Puglia, dove ex tombaroli sono diventati risorse per la procura d Trani, grazie ad un accordo con la Fondazione Archeologica Canosina.

Ma qui, c’è chi crede che un’altra via sia possibile?
Soprattutto, la si desidera?

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