All’indomani di quel terribile sabato sera nerissimo, aleggiava uno strano silenzio intorno a “Lilò”, l’ottima norcineria di Cosimo e Nunzia. Già, quel nulla di suoni strideva con gli alti lai – leggansi: urla, minacce, offese – da bolgia dantesca di qualche ora prima. Surreale. Gelido. Persino più tremendo del clamore della barbarie, quel silenzio. Perché la violenza fa male e incide solchi di dolore sull’anima di chi la subisce. No, non si può immaginare. La gente che passeggiava per il centro storico si avvicinava con fare timoroso e circospetto per leggere l’avviso sulla porta d’ingresso e subito si allontanava. Terrorizzata. C’eravamo solo io e i cari Domenico e Angela. Frattanto, il mondo tutto intorno – specie i dietrologi di professione – strologava sulla effettiva dinamica della rissa, su come davvero vadano affrontati questi fenomeni di degenerazione sociale, le forze dell’ordine convinte ma fino ad un certo punto, provando persino a minimizzare il tutto. E sfuggiva un piccolo dettaglio: che solo per miracolo non era sfuggito il morto, quella sera. Ma siamo tutti più bravi di tutti, sempre. Il dì seguente ancora, all’ombra un poco consolante della Cattedrale, i due proprietari attendevano troupe televisive che non vedevano l’ora di carpire la verità segreta di quella storiaccia, ed erano lì sotto le torve occhiatacce dei teppisti che sfilavano e li fissavano duri. Cosimo e Nunzia – che avranno pure le loro colpe, ci mancherebbe – addirittura dovevano abbassare il tono della voce pure dinanzi ai microfoni. Questo è stato l’immediato seguito di quell’assalto assurdo. Poi, sì, le sacrosante manifestazioni di solidarietà – encomiabile al riguardo l’ottimo Carmelo, che, conoscendolo, ora sarà più addolorato dei due ristoratori-, i discorsi giusti, finanche la presenza di qualche pattuglia in piazza Cattedrale. Ma, ormai, era troppo tardi. Non c’era più niente da fare. Finito tutto. “Lilò” chiude. Non è più stata incollata quella sedia rotta. È immedicabile la solitudine di un imprenditore, abbandonato nel monento del bisogno e costretto a lavorare in un contesto nemico. E non aggiungo neppure: riflettiamoci su, perché i soloni più saggi di tutto e tutti sono già scalpitanti sulle tastiere a predicare ammonitori il vero più vero che ci sia.