Nei giorni scorsi, Bitonto ha ospitato tre testimoni della barbarie, della violenza, della prepotenza, ma anche della vulnerabilità della mafia. La prima è Savina Pilliu che, insieme alla sorella Rosa, ha resistito per trenta anni alle minacce di Pietro Lo Sicco, imprenditore edile legato a diversi boss di primo piano come Brusca, Bagarella, Bontate e interessato ad acquisire con ogni mezzo il terreno su cui sorgeva la sua abitazione. Il secondo è Dario Vassallo, fratello di Angelo, il sindaco di Pollica che, nel settembre 2010, fu assassinato dalla camorra. Il terzo è Franco La Torre, figlio di quel Pio che, nel 1980, presentò alla Camera dei Deputati un disegno di legge che introduceva il reato di associazione di tipo mafioso e il sequestro dei patrimoni mafiosi. Una legge che costò la vita al deputato comunista, ma che, ancora oggi, è una delle più potenti armi a disposizione dello Stato, in grado di colpire quello a cui la mafia tiene di più: le ricchezze.
Ed è proprio per inaugurare i due immobili di via Muciaccia e via Togliatti sottratti alla malavita organizzata che i tre sono venuti in città.
«Avevo un appuntamento con Paolo Borsellino il 15 luglio 1992, ma lo rimandai a data da destinare» ricorda Pilliu, raccontando dal palco allestito in piazza Aldo Moro la sua storia, fatta di intimidazioni, soprusi e beffe anche da parte dello Stato: «Borsellino segno il mio numero in agenda, per fissare un nuovo appuntamento».
Ma il 19 luglio una bomba uccise il magistrato e così «mi sono pentita di aver rimandato quel colloquio».
«Mi hanno definito pazzo per aver cercato la verità» ricorda Dario Vassallo: «Ma penso che cercare la verità non sia una follia. Bisogna combattere il pensiero mafioso che si annida in ogni angolo della nostra società civile, nelle scuole, negli uffici e cerca di alterare gli equilibri della convivenza e della democrazia. Essere mafiosi è anche questo. Non è soltanto l’accanimento per ottenere ricchezza personale».
«La difesa di Pollica non ha resistito dopo l’omicidio di Angelo» continua Dario Vassallo rispondendo alle domande del giornalista Piero Ricci, che ha sottolineato come il “sindaco pescatore” fu assassinato per difendere la bellezza di Pollica e del Cilento, «per dare al territorio una prospettiva economica pulita, turistica, ma ecologica».
«Negli anni ci sono stati tanti stupidi che hanno inquinato le indagini facendo perdere mesi e anni di investigazioni» continua Vassallo, evidenziando come se da un lato esiste una verità civile che conosce bene chi siano i responsabili, esiste una verità processuale lenta: «Quando noi andiamo a Washington, all’Onu, a Lisbona a parlare di Angelo, della pulizia dei fondali marini, cerchiamo di contrastare un pensiero diffuso che tende a portare la società all’apatia. Ecco perché l’affidamento di due immobili sequestrati alla mafia deve essere una festa di tutto il paese, di tutto questo territorio».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Franco La Torre, non intervenuto in piazza, ma alla sola inaugurazione degli immobili: «Beni che finalmente ritornano alla comunità. Sono passati 41 anni dall’approvazione di quella legge finalizzata a colpire i patrimoni accumulati illecitamente. Ecco perché quella di oggi è una giornata straordinaria. Questi due immobili sono stati restituiti alla comunità, a cui erano stati sottratti. E, a rendere ancora più straordinaria questa giornata è il fatto che queste strutture ospiteranno i più deboli, le persone con disabilità, consentendo loro un percorso di valorizzazione delle loro capacità».
Sul palco anche il sociologo Leo Palmisano che ricorda l’omicidio di Annarosa Tarantino e la morte di Paola Clemente, morta per fatica nel luglio 2015, nelle campagne di Andria: «Anche il caporalato è mafia. Purtroppo in Italia le leggi arrivano quando ci sono i morti, come è successo con la legge che portava la forma di Pio La Torre e come è successo con la legge 199/2016, a cui mi onoro di aver contribuito, quella che sancisce che anche il caporalato è mafia e anche un’azienda agricola può essere confiscata».
E, confermando le parole di Vassallo, Palmisano continua: «Le mafie hanno un carattere eversivo. Perché quando arrivano ad uccidere un sindaco, stanno amputando la democrazia della capacità di decidere liberamente. Una carica eversiva pari a quella del terrorismo e del fascismo».
«Dedico un applauso alla rete Road e all’associazione Anatroccolo, che hanno deciso di partecipare e che staranno lì ogni giorno, nonostante i proprietari vogliano ancora rivalersi. Gli stessi proprietari che, in seguito alla confisca, devastarono gli immobili riducendoli nelle condizioni in cui li trovammo» continua Michele Abbaticchio: «Annarosa Tarantino ha tolto quel velo di ipocrisia che impediva a tanti di ammettere l’esistenza delle mafie sul nostro territorio».
Sul palco, anche Paolo Dellorusso, responsabile dell’Ufficio Lavori Pubblici, e Tiziana Conte, responsabile del Servizio Patrimonio per la Pubblica Istruzione nel Comune di Bitonto ha illustrato le difficoltà incontrate durante il percorso che ha portato alla restituzione di quegli immobili alla comunità.
Difficoltà incontrate anche dalle associazioni che hanno preso in carica gli immobili, come conferma Vincenzo Bellifemmine, responsabile dell’associazione L’Anatroccolo: «Nel momento in cui abbiamo presentato il progetto, abbiamo subito minacce, furti, ci hanno incendiato e allagato l’associazione. Ma noi non ci siamo arresi e siamo andati avanti».