Ci sono anche due bitontini tra i ventuno
indagati nell’inchiesta della Procura di Trani sul disastro ambientale della
discarica comunale del comune tranese, sequestrata agli inizi del 2015, il
15 gennaio scorso. Si tratta Pasquale e Pietro Elia Abbaticchio,
due tecnici di un laboratorio privato.
Le notifiche delle informazioni di garanzia sono
state emesse dai Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico e dal Nucleo
di Polizia Tributaria di Bari, tutti ad ex amministratori comunali, dirigenti e dipendenti
dell’Amiu (la ex municipalizzata che si occupava dei rifiuti, ndr) e dirigenti
regionali.
Il magistrato
Michele Ruggiero contesta i reati di disastro ambientale aggravato, gestione
continuata di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione (Aia) ed
emissioni in atmosfera non autorizzate, omissione in atti d’ufficio, corruzione
aggravata e concorso in turbata libertà degli incanti.
Le indagini hanno fatto emergere un quadro piuttosto
critico delle emissioni generate dall’impianto di Trani: in dieci anni,
infatti, avrebbe emesso ben 80 milioni di metri cubi di biogas, una vera e
propria bomba che sarebbe esplosa se non si fosse posto uno stop all’attività
di conferimento dei rifiuti.
Le indagini ebbero inizio quando i Carabinieri, con
delle riprese video durante alcuni sopralluoghi, notarono delle eruzioni di
percolato «a mo’ di geyser», si legge
nei verbali, tanto che per gli investigatori era «incombente e concreto il pericolo di esplosione per la mancata
realizzazione di un impianto di captazione del biogas prodotto della decomposizione
dei rifiuti». Infatti, proprio l’assenza di un impianto avrebbe determinato
una pressione sotterranea del biogas e le conseguenti eruzioni di migliaia di
litri di percolato, con un inevitabile danno ed inquinamento all’ambiente.
Tra gli indagati spiccano gli ultimi due ex sindaci di
Trani, Luigi Riserbato e Giuseppe
Tarantini; ex assessori comunali e dirigenti
dell’Ufficio tecnico; ex amministratori e consiglieri di amministrazione
dell’Amiu, l’ex direttore tecnico e dipendenti dell’impianto, e alcuni dirigenti
della Regione Puglia.
Quanto alla posizione
dei due bitontini, sembra ad ogni modo marginale
e non di primissimo piano, in quanto semplicemente tecnici di un laboratorio
che ne curava il monitoraggio.