Inclusione sociale e lavorativa dei ragazzi con disabilità. Un tema delicato, ma che ogni comunità che tenga al proprio sviluppo civile. Lo ha sottolineato il vicesindaco Rosa Calò durante il convegno “Oltre la scuola … Una strada per la vita: progettualità e prospettive per un’inclusione sociale”, organizzato dall’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “Volta – De Gemmis” e dalla Rete delle Organizzazioni Area Disabilità (Road).
Un appuntamento per discutere su come garantire l’ingresso nel mondo del lavoro anche ai ragazzi affetti da disabilità e dare informazioni alle famiglie e agli insegnanti su quel che il territorio offre in termini di formazione e percorsi di inclusione.
Introdotto dal dirigente scolastico Giovanna Palmulli e moderato dalla giornalista Enrica D’Acciò, l’incontro ha visto la partecipazione di diversi ospiti, tra cui Francesco Manfredi, delegato provinciale CIP Bari, Angelo Caldarola, Coordinatore Road, Daniela Altomare, presidente della cooperativa Zip.h, Giuseppe Lapietra, responsabile provinciale dell’Unione Nazionale Ciechi, Antonio Mele, responsabile dell’Ufficio di Collocamento Obbligatorio della Città Metropolitana di Bari, Francesco Santoro, Responsabile Posta Sì e la docente Pasqua Decandia.
«I punti deboli del sistema sono l’assenza di progettualità nell’assistenza, specialmente dopo il compimento del diciottesimo anno, e la mancanza di chiarezza, dopo tale data, su chi deve assistere il ragazzo. È necessario superare questi ostacoli se si vuole garantire una continuità nei servizi offerti» sostiene Giuseppe Cipolla, responsabile del servizio NPIA di Bitonto dell’Asl di Bari, che invita ad una maggiore collaborazione tra le varie realtà, già a partire dal sedicesimo anno di vita del ragazzo: «C’è necessità di avviare tirocini formativi per l’avviamento verso il mondo del lavoro».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il professore Giuseppe Elia, docente di Pedagogia Generale, che ha evidenziato la frattura fra formazione scolastica e formazione professionale, ribadendo che la scuola può e deve fornire le abilità sociali per le competenze sociali necessarie per il raggiungimento dell’autonomia, per garantire anche al ragazzo disabile un livello di vita soddisfacente e l’inclusione sociale: «La scuola può intervenire con una didattica di tipo orientativo, che sia caratterizzata da elevati standard qualitativi e quantitativi e sensibilità degli interventi didattici. Il ruolo dell’insegnante, a tal fine, è essenziale».
Elia suggerisce anche attività nell’ambito dei beni culturali che, essendo utili per il territorio, farebbero bene all’autostima dei soggetti. Un percorso formativo, dunque, che garantirebbe la partecipazione attiva: «Ma per far ciò servirebbe sinergia in ambito scolastico, non la marginalizzazione delle aule di sostegno. Una didattica inclusiva, perché se la scuola è un momento di apprendistato della vita, deve porre al centro non solo il singolo, ma la costruzione della sua conoscenza all’interno del gruppo».
Andrea Foti, responsabile dell’Ufficio di Piano del Comune di Bitonto, conclude il ciclo di interventi esortando le scuole ad essere accoglienti e funzionali e ad ascoltare le esigenze del territorio per dare una programmazione attenta ad esse: «Il Comune può favorire l’inclusione con diversi interventi, tra cui il Piano Sociale di Zona. Ma, dovendo trovare il modo di esaudire richieste sempre maggiori da parte delle scuole, abbiamo la necessità di trovare nuove idee. Anche perché, dovendo osservare obiettivi sempre più specifici, spesso non possiamo considerare attività che sono importanti per l’inclusione, come lo sport. È dunque importante fare rete per garantire progetti stabili e non estemporanei. Serve il coinvolgimento di università, realtà imprenditoriali, associazioni di categoria, sia durante che dopo la scuola».
Inclusione sociale e lavorativa dei ragazzi con disabilità. Un tema delicato, ma che ogni comunità che tenga al proprio sviluppo civile. Lo ha sottolineato il vicesindaco Rosa Calò durante il convegno “Oltre la scuola … Una strada per la vita: progettualità e prospettive per un’inclusione sociale”, organizzato dall’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “Volta – De Gemmis” e dalla Rete delle Organizzazioni Area Disabilità (Road).
Un appuntamento per discutere su come garantire l’ingresso nel mondo del lavoro anche ai ragazzi affetti da disabilità e dare informazioni alle famiglie e agli insegnanti su quel che il territorio offre in termini di formazione e percorsi di inclusione.
Introdotto dal dirigente scolastico Giovanna Palmulli e moderato dalla giornalista Enrica D’Acciò, l’incontro ha visto la partecipazione di diversi ospiti, tra cui Francesco Manfredi, delegato provinciale CIP Bari, Angelo Caldarola, Coordinatore Road, Daniela Altomare, presidente della cooperativa Zip.h, Giuseppe Lapietra, responsabile provinciale dell’Unione Nazionale Ciechi, Antonio Mele, responsabile dell’Ufficio di Collocamento Obbligatorio della Città Metropolitana di Bari, Francesco Santoro, Responsabile Posta Sì e la docente Pasqua Decandia.
«I punti deboli del sistema sono l’assenza di progettualità nell’assistenza, specialmente dopo il compimento del diciottesimo anno, e la mancanza di chiarezza, dopo tale data, su chi deve assistere il ragazzo. È necessario superare questi ostacoli se si vuole garantire una continuità nei servizi offerti» sostiene Giuseppe Cipolla, responsabile del servizio NPIA di Bitonto dell’Asl di Bari, che invita ad una maggiore collaborazione tra le varie realtà, già a partire dal sedicesimo anno di vita del ragazzo: «C’è necessità di avviare tirocini formativi per l’avviamento verso il mondo del lavoro».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il professore Giuseppe Elia, docente di Pedagogia Generale, che ha evidenziato la frattura fra formazione scolastica e formazione professionale, ribadendo che la scuola può e deve fornire le abilità sociali per le competenze sociali necessarie per il raggiungimento dell’autonomia, per garantire anche al ragazzo disabile un livello di vita soddisfacente e l’inclusione sociale: «La scuola può intervenire con una didattica di tipo orientativo, che sia caratterizzata da elevati standard qualitativi e quantitativi e sensibilità degli interventi didattici. Il ruolo dell’insegnante, a tal fine, è essenziale».
Elia suggerisce anche attività nell’ambito dei beni culturali che, essendo utili per il territorio, farebbero bene all’autostima dei soggetti. Un percorso formativo, dunque, che garantirebbe la partecipazione attiva: «Ma per far ciò servirebbe sinergia in ambito scolastico, non la marginalizzazione delle aule di sostegno. Una didattica inclusiva, perché se la scuola è un momento di apprendistato della vita, deve porre al centro non solo il singolo, ma la costruzione della sua conoscenza all’interno del gruppo».
Andrea Foti, responsabile dell’Ufficio di Piano del Comune di Bitonto, conclude il ciclo di interventi esortando le scuole ad essere accoglienti e funzionali e ad ascoltare le esigenze del territorio per dare una programmazione attenta ad esse: «Il Comune può favorire l’inclusione con diversi interventi, tra cui il Piano Sociale di Zona. Ma, dovendo trovare il modo di esaudire richieste sempre maggiori da parte delle scuole, abbiamo la necessità di trovare nuove idee. Anche perché, dovendo osservare obiettivi sempre più specifici, spesso non possiamo considerare attività che sono importanti per l’inclusione, come lo sport. È dunque importante fare rete per garantire progetti stabili e non estemporanei. Serve il coinvolgimento di università, realtà imprenditoriali, associazioni di categoria, sia durante che dopo la scuola».
Inclusione sociale e lavorativa dei ragazzi con disabilità. Un tema delicato, ma che ogni comunità che tenga al proprio sviluppo civile. Lo ha sottolineato il vicesindaco Rosa Calò durante il convegno “Oltre la scuola … Una strada per la vita: progettualità e prospettive per un’inclusione sociale”, organizzato dall’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “Volta – De Gemmis” e dalla Rete delle Organizzazioni Area Disabilità (Road).
Un appuntamento per discutere su come garantire l’ingresso nel mondo del lavoro anche ai ragazzi affetti da disabilità e dare informazioni alle famiglie e agli insegnanti su quel che il territorio offre in termini di formazione e percorsi di inclusione.
Introdotto dal dirigente scolastico Giovanna Palmulli e moderato dalla giornalista Enrica D’Acciò, l’incontro ha visto la partecipazione di diversi ospiti, tra cui Francesco Manfredi, delegato provinciale CIP Bari, Angelo Caldarola, Coordinatore Road, Daniela Altomare, presidente della cooperativa Zip.h, Giuseppe Lapietra, responsabile provinciale dell’Unione Nazionale Ciechi, Antonio Mele, responsabile dell’Ufficio di Collocamento Obbligatorio della Città Metropolitana di Bari, Francesco Santoro, Responsabile Posta Sì e la docente Pasqua Decandia.
«I punti deboli del sistema sono l’assenza di progettualità nell’assistenza, specialmente dopo il compimento del diciottesimo anno, e la mancanza di chiarezza, dopo tale data, su chi deve assistere il ragazzo. È necessario superare questi ostacoli se si vuole garantire una continuità nei servizi offerti» sostiene Giuseppe Cipolla, responsabile del servizio NPIA di Bitonto dell’Asl di Bari, che invita ad una maggiore collaborazione tra le varie realtà, già a partire dal sedicesimo anno di vita del ragazzo: «C’è necessità di avviare tirocini formativi per l’avviamento verso il mondo del lavoro».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il professore Giuseppe Elia, docente di Pedagogia Generale, che ha evidenziato la frattura fra formazione scolastica e formazione professionale, ribadendo che la scuola può e deve fornire le abilità sociali per le competenze sociali necessarie per il raggiungimento dell’autonomia, per garantire anche al ragazzo disabile un livello di vita soddisfacente e l’inclusione sociale: «La scuola può intervenire con una didattica di tipo orientativo, che sia caratterizzata da elevati standard qualitativi e quantitativi e sensibilità degli interventi didattici. Il ruolo dell’insegnante, a tal fine, è essenziale».
Elia suggerisce anche attività nell’ambito dei beni culturali che, essendo utili per il territorio, farebbero bene all’autostima dei soggetti. Un percorso formativo, dunque, che garantirebbe la partecipazione attiva: «Ma per far ciò servirebbe sinergia in ambito scolastico, non la marginalizzazione delle aule di sostegno. Una didattica inclusiva, perché se la scuola è un momento di apprendistato della vita, deve porre al centro non solo il singolo, ma la costruzione della sua conoscenza all’interno del gruppo».
Andrea Foti, responsabile dell’Ufficio di Piano del Comune di Bitonto, conclude il ciclo di interventi esortando le scuole ad essere accoglienti e funzionali e ad ascoltare le esigenze del territorio per dare una programmazione attenta ad esse: «Il Comune può favorire l’inclusione con diversi interventi, tra cui il Piano Sociale di Zona. Ma, dovendo trovare il modo di esaudire richieste sempre maggiori da parte delle scuole, abbiamo la necessità di trovare nuove idee. Anche perché, dovendo osservare obiettivi sempre più specifici, spesso non possiamo considerare attività che sono importanti per l’inclusione, come lo sport. È dunque importante fare rete per garantire progetti stabili e non estemporanei. Serve il coinvolgimento di università, realtà imprenditoriali, associazioni di categoria, sia durante che dopo la scuola».
Inclusione sociale e lavorativa dei ragazzi con disabilità. Un tema delicato, ma che ogni comunità che tenga al proprio sviluppo civile. Lo ha sottolineato il vicesindaco Rosa Calò durante il convegno “Oltre la scuola … Una strada per la vita: progettualità e prospettive per un’inclusione sociale”, organizzato dall’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “Volta – De Gemmis” e dalla Rete delle Organizzazioni Area Disabilità (Road).
Un appuntamento per discutere su come garantire l’ingresso nel mondo del lavoro anche ai ragazzi affetti da disabilità e dare informazioni alle famiglie e agli insegnanti su quel che il territorio offre in termini di formazione e percorsi di inclusione.
Introdotto dal dirigente scolastico Giovanna Palmulli e moderato dalla giornalista Enrica D’Acciò, l’incontro ha visto la partecipazione di diversi ospiti, tra cui Francesco Manfredi, delegato provinciale CIP Bari, Angelo Caldarola, Coordinatore Road, Daniela Altomare, presidente della cooperativa Zip.h, Giuseppe Lapietra, responsabile provinciale dell’Unione Nazionale Ciechi, Antonio Mele, responsabile dell’Ufficio di Collocamento Obbligatorio della Città Metropolitana di Bari, Francesco Santoro, Responsabile Posta Sì e la docente Pasqua Decandia.
«I punti deboli del sistema sono l’assenza di progettualità nell’assistenza, specialmente dopo il compimento del diciottesimo anno, e la mancanza di chiarezza, dopo tale data, su chi deve assistere il ragazzo. È necessario superare questi ostacoli se si vuole garantire una continuità nei servizi offerti» sostiene Giuseppe Cipolla, responsabile del servizio NPIA di Bitonto dell’Asl di Bari, che invita ad una maggiore collaborazione tra le varie realtà, già a partire dal sedicesimo anno di vita del ragazzo: «C’è necessità di avviare tirocini formativi per l’avviamento verso il mondo del lavoro».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il professore Giuseppe Elia, docente di Pedagogia Generale, che ha evidenziato la frattura fra formazione scolastica e formazione professionale, ribadendo che la scuola può e deve fornire le abilità sociali per le competenze sociali necessarie per il raggiungimento dell’autonomia, per garantire anche al ragazzo disabile un livello di vita soddisfacente e l’inclusione sociale: «La scuola può intervenire con una didattica di tipo orientativo, che sia caratterizzata da elevati standard qualitativi e quantitativi e sensibilità degli interventi didattici. Il ruolo dell’insegnante, a tal fine, è essenziale».
Elia suggerisce anche attività nell’ambito dei beni culturali che, essendo utili per il territorio, farebbero bene all’autostima dei soggetti. Un percorso formativo, dunque, che garantirebbe la partecipazione attiva: «Ma per far ciò servirebbe sinergia in ambito scolastico, non la marginalizzazione delle aule di sostegno. Una didattica inclusiva, perché se la scuola è un momento di apprendistato della vita, deve porre al centro non solo il singolo, ma la costruzione della sua conoscenza all’interno del gruppo».
Andrea Foti, responsabile dell’Ufficio di Piano del Comune di Bitonto, conclude il ciclo di interventi esortando le scuole ad essere accoglienti e funzionali e ad ascoltare le esigenze del territorio per dare una programmazione attenta ad esse: «Il Comune può favorire l’inclusione con diversi interventi, tra cui il Piano Sociale di Zona. Ma, dovendo trovare il modo di esaudire richieste sempre maggiori da parte delle scuole, abbiamo la necessità di trovare nuove idee. Anche perché, dovendo osservare obiettivi sempre più specifici, spesso non possiamo considerare attività che sono importanti per l’inclusione, come lo sport. È dunque importante fare rete per garantire progetti stabili e non estemporanei. Serve il coinvolgimento di università, realtà imprenditoriali, associazioni di categoria, sia durante che dopo la scuola».