Il tempo è una tela di ragno che ci imbriglia in ogni direzione. Parliamo di tempo lineare (gli anni che passano) e di tempo circolare (il riproporsi delle stagioni), di tempo presente (il battito di ciglia di un attimo), del tempo passato che si attualizza in un ricordo e del tempo futuro che ci prefiguriamo senza alcuna certezza o verità. Forse è il tempo della speranza o di una promessa, ma esiste soltanto perché noi possiamo pensarlo e prefigurarcelo. Tu sei ormai tempo coniugato al passato come presenza fisica e tempo coniugato al presente come “ingombro” nel cuore: occupi buona parte dello spazio nel mio quotidiano andare e sei un nodo che fa ancora male. Per fortuna, ho un cuore di riserva (i nostri figli qualche tempo fa mi regalarono un libro meraviglioso intitolato “E la chiamavano due cuori”). Non so se ce l’ho mai avuto o sono stati i miei ragazzi a farmelo sentire battere nel petto. Doppio battito, dunque. E nel cuore di riserva c’è spazio per tutti quelli che amo, per quelli che mi corrispondono, per quelli che via via bussano ai miei giorni per entrare a farne parte. Loro non sanno del mio cuore di riserva. Sanno che vi trovano spazio e qualche volta si meravigliano. Non tutti sanno di te. E quelli che sanno pensano che sono passati 10 anni. E ignorano quel nodo che ogni giorno mi riporta non ai nostri quasi cinquant’anni trascorsi più o meno insieme, ma a quell’ultimo giorno che non si fece mai alba per te. Rivivo attimo per attimo le due frenetiche ore che resero la tua storia irrimediabilmente al passato. E il nodo strangola strangola strangola per tutti i giorni che poi sono venuti dopo di te. Giorni difficili. Amari. Vulnerabili. Tutti mi danno premure attenzioni baci e sorrisi. Ma spesso io sento quel nodo non solo come il pianto della tua mancanza al mio fianco quanto piuttosto come ferita per tutto quello che a te è venuto a mancare proprio nel momento in cui avresti potuto averne più bisogno. È questo il mio tormento. Qualche volta, perciò, mi si rimprovera per una malinconia che non riesco a nascondere, per un’amarezza di fondo che non dovrei provare, per un pensiero che mi fa sentire più vicina alla tua promessa prima di andar via (il mio futuro sempre più breve): “ci vediamo di là”. Sì, è una promessa che gli altri che mi amano sentono come minaccia, mentre per me, che ho sempre avuto terrore, e non solo timore, della morte si fa segreto motivo di riconciliazione da sempre desiderata, di adesione serena se non proprio attesa, di accettazione tranquilla perché “di là” ci sei tu ad attendermi e tutti quelli che mi hanno amato. E siete ormai tanti. Proprio tanti… Quando sarà, faremo una grande festa con tutte le musiche e le canzoni che abbiamo ascoltato insieme. Con tutte le poesie che mi hai dedicato, che ti ho dedicato. Con tutta l’allegria del nostro ritrovarci… Intanto, vivo il nostro dopo e riascolto le tue poesie che mi hai dedicato quando eri certo di andare via prima di me. L’avevi sempre previsto. Sempre saputo. Ed è dolcissimo oggi rileggerti. Le tue rinnovate carezze per il mio doppio cuore. Tu ignori il cuore di riserva. Me lo avresti strappato e buttato via. Lo sai. Lo sappiamo.
A LINA, DOPO
Capricorno Selvaggio
Capricorno Selvaggio
sono nato prima di nascere
assurdo capricorno
di uno zodiaco senza cielo;
inseguivo tropici
con sangue di ghiaccio
lungo i confini del vento
che cerca la sua ragione
accusando le foglie
di bruciare l’autunno.
Per rincorrere
briciole di sabbia
colme di niente
ho rischiato la mia dignità
E
intanto ignoravo
la spiaggia immensa,
come unico rifugio
per le mie ansie
che si apriva sui confini
del mio cuore.
Mi son giocato me stesso
con dadi truccati,
mi sono giocato il tempo
da scontare senza più equilibrio
– Assurdo clown
che insegue il suo segno zodiacale –
Mi ritrovo selvaggio
come sono nato
inchiodato
come un povero cristo
dalle mani di pietra
incapace
di rovesciare la clessidra
e di sfogliare
i petali del vento
o inventare
un natale di dolcezza…
Per sapere
Ti vestirò di pane e fiori
E di fragranza dolce
Di prato e di fresco mattino
Ti vestirò di pane
Per sapere il tuo cuore
Ti vestirò di fiori
Per sapere il tuo amore
Per mangiarti
Con la mia fame di te
Per coglierti
Petalo su petalo
Mio pane quotidiano
Mia primavera.
Ti vestirò di pane
Soffice e caldo
Per i denti del mio cuore
Ti vestirò di fiori
Per le mie mani ansiose.
E sulla mia pelle
Pane e fiori
La festa non avrà mai fine.
Per la gloria dei gabbiani
Le conchiglie hanno sogni
Di acqua tenera
E di sole azzurro e verde
Lungo le orme
Di sabbia mai stanca
Mai vinta.
E il tuo canto
Ha vele di nostalgia
Per la gloria dei gabbiani in volo.
Il tuo respiro
È un giorno profondo
Di luce e di stelle
Antico e immenso
Come un guerriero
Senza storia.
E la tua presenza
È un canto senza fine
Come specchio di tempo
E di memoria.
Favola
E tu
Scioglievi i rami
Dei tuoi sogni
Sulle note della nostalgia
Mentre il giullare Inseguiva la noia
Alla Corte del Re
La notte era fredda
E tu
Fata e poi strega
Con fiori di luna
Nei tuoi capelli
Parlavi di pianto
E di amori perduti.
Poi, l’alba
Raggiunse il castello
Pietra su pietra
Fino ai tuoi occhi
Ciglia su ciglia
Fino al desiderio
Del Re
Tu Regina e Schiava
Con la tua pelle
Nuda di rugiada
Tra fiore e foglia.
Dormivano i cavalli
Con le criniere stanche
Come sogni lasciati
E mai vissuti.
E tu
Corda di mille chitarre
Tu la notte
Tu il giorno
Tu favola di ieri
Tu favola
Di sempre.
Se un giorno ti diranno
Se un giorno ti diranno
di amarti tanto,
pensami e saprai
che ti amo più di tanto.
Se un giorno ti diranno
di amarti un mondo,
pensami e saprai
che ti amo più di un mondo.
Se un giorno ti diranno
di amarti immensamente,
pensami e saprai
che ti amo di più
tanto di più
un mondo di più
immensamente di più…
Primo Leone
A te (dieci anni dopo)
Sul precipizio mi fermai a guardare il vuoto…
Fu tutto in un istante
il dirsi arrivederci ed era addio
in quel presentimento
che mai m’abbandona
e fissa istanti
in cui tutto accade ed è eternità
I tuoi occhi lontani e già altrove
il silenzio nel giardino
il grido inorridito a metà gola
perché nessuno scoprisse l’inganno
del tuo dover andare senza appigli
ad ogni filo di luce che ti lanciavo
e farti un nodo al dito a rammentarti
il ritorno e la strada e il vento e la ruga
da baciare per levigare un pensiero
più di una ferita
a esorcizzare il tempo che esonda
la pena di ogni nuova sconfitta
Ritorno sui miei passi stanchi
e ho scarpe rotte e tasche di buchi
e uno scoramento di lacrime
a inondare la soffitta senza la possibilità
di contrastare le stelle
e trattenere
il tuo viaggio fino all’ultima dimora
dove è più adeguato il tempo
alla tua arsura di libertà
(respiro immenso ha la nostra vela
con mani intrecciate
a un cielo al tramonto che sa ancora di noi…)
Lina
N.B.: le poesie, dedicatemi da Primo su un quadernetto nero col bordo rosso come quello che usavamo tra i banchi di scuola dove ci incontrammo la prima volta nel 1958, sono dieci. E sono meravigliose poesie d’amore da leggere “dopo”. A Lina, dopo. Alcune sono inserite nel libro “per oro e per sempre” (SECOP Edizioni, 2017), dono di Raffaella e Peppino per il giorno delle nostre Nozze d’Oro, il 20 settembre 2017. Altre sono ancora inedite. Avevo deciso di tenerle solo per me, ma poi sono talmente belle che mi sembra giusto farle conoscere anche agli altri… Primo, ottimo poeta, scrittore, pittore… e tanto altro ancora…
P. S. Cara Lina, il darti appuntamento “di là” da parte dell’amato tuo Primo non già è da intendersi come invito ad una fisica trasposizione oltre il “muro d’ombra”, bensì come esortazione a perseverare nel sogno quaggiù. Chi è poeta vero – proprio come te, che doni nutrimento all’anima di chi ti legge – sperimenta cotidie il fragile limen che separa i due mondi: quello di chi crede d’esser vivo e quello di chi crediamo esser morti. Ecco, abitare poeticamente quello spazio esiguo di luce e tenebra significa essere in perfetta sintonia con chi è solo fisicamente di là. Così che la parola che nasce dalla verità del cuore sarà sempre legame eterno fra chi resta e chi parte. Perciò tu continua a scrivere per noi, ne sarà felice anche il tuo adorato con-Sorte Primo…
Mario Sicolo