Sullo sfondo, fra i ramoscelli di ulivo, risplendono sgargianti i colori che tingono le mura esterne del nuovo Centro Tecnologico Interprovinciale. Siamo nella Zona Artigianale, in piena periferia. Tutto sembrerebbe perfetto, se non abbassassimo lo sguardo. Siccome però l’azione risulta istintiva, salta subito alla vista quello che è un male endemico della nostra città: cumuli di immondizia sparsi qua e là, materiali di risulta scaricati illecitamente, tubi e materassi. Anche nelle strade che serpeggiano attorno alla struttura, comprese quelle che si inoltrano nei fazzoletti di terra punteggiati di uliveti, non può mancare la solita massa informe di detriti che sporca la vista delle nostre campagne.
Da sempre, l’annosa questione delle discariche abusive è una delle problematiche con cui gli amministratori di una città debbono confrontarsi, la nostra compresa. Tanto che Bitonto si è recentemente guadagnata anche un titolo non proprio lusinghiero sull’edizione online de “Il Giornale”, ma che condensa mirabilmente la situazione attuale: “Bitonto, le discariche fra gli ulivi”. L’argomento è serio, perché, in primo luogo, è sintomatico di una carenza culturale, ovvero del senso di civiltà che sembra mancare ad alcuni cittadini, i quali continuano imperterriti ad inquinare una delle risorse più preziose del nostro territorio, trasformato in alcune zone in un mondezzaio improvvisato. In secondo luogo, questi comportamenti hanno delle conseguenze anche di natura economica: come faceva notare qualche settimana fa l’ex consigliere socialista Franco Mundo nell’ennesima segnalazione su una discarica abusiva in via delle Pere Rosse, «il corretto conferimento di questi rifiuti, in modo differenziato, avrebbe concorso ad innalzare la percentuale di differenziata. In questo modo invece, oltre ai costi della eventuale “pulizia”, i residui andrebbero a finire negli indifferenziati poiché la normativa considera ciò che si raccoglie per strada, anche con lo spazzamento, classificabile come RSU (rifiuti solidi urbani) da conferire in discarica. Con buona pace di chi lucra dalla gestione delle discariche».
Ma se questi concetti basilari non sembrano voler entrare nella testa di alcuni nostri cittadini, non mancano alcuni consimili che aggiungono al danno la beffa: facciamo riferimento a chi si diverte ad incendiare questi cumuli di rifiuti abbandonati, aggravando il quadro ecologico, già compromesso, della zona. Un fenomeno diffuso che, tra l’altro, ha interessato qualche giorno fa un angolo di Lama Balice, nei pressi di Via Solferino. In questa situazione, in cui sono corresponsabili cittadini e amministratori, visto che ad entrambi spetta il controllo del territorio, non mancano però le lodevoli iniziative. Basti pensare all’iniziativa “Pneumatici Stop”, che ha visto, per tre domeniche fra settembre e ottobre, diversi volontari con l’ausilio di uomini e mezzi dell’Asv, impegnarsi per ripulire le campagne bitontine dai pneumatici abbandonati.
Oppure ancora l’attività “Puliamo il Buio 2017”, promossa dal Gruppo Speleologico Vespertilio, CAI (Club Alpino Italiano) sezione di Bari, per raccogliere i rifiuti che deturpavano la grotta di Chiancariello, una delle numerose caverne che arricchiscono il paesaggio della Lama Balice in territorio bitontino. Si tratta solamente di alcune delle numerose iniziative volte a migliore la vivibilità del nostro territorio. Se infatti è abbastanza opinabile, per ricorrere ad un eufemismo, quel passaggio del suddetto articolo, secondo cui noi preferiremmo “vivere in brutti appartamenti, che in masserie affrescate” (che dovremmo ristrutturare e acquistare, non si sa bene con quali risorse), le attività ambientalistiche citate sono ancora una speranza per il nostro territorio.