Nel 1984, viene accolta
una 18enne, scappata di casa per evitare le minacce e gli abusi del padre.
Così ha inizio la lunga
storia d’amore e di carità della Comunità
Nazareth, vero polo per Bitonto, per la regione, ma anche per l’Italia e
per alcuni Paesi europei ed extraeuropei, nonché unica struttura di accoglienza
negli anni ’80, quando non erano ancora nate le strutture per esigenze
specifiche, sorte solo negli anni 2000.
Ora, a distanza di 30 anni dall’inaugurazione, la comunità
continua il proprio cammino “con
difficoltà, ma con tanta energia interiore”.
Ad affermarlo è don Michele Lacetera, durante la
conferenza per il trentennale, tenutasi sabato scorso, che ha visto la presenza
dell’Arcivescovo di Bari-Bitonto, Mons. Francesco
Cacucci, oltre che del Vicario
Generale Mons. Domenico Ciavarella, del Vicario Episcopale don Ubaldo Aruanno e di don Vito.
La comunità, ricorda il
padre spirituale, è formata da due componenti: le famiglie con storie dolorose,
accolte nella struttura, e i volontari, che vivono fuori dalla struttura, ma
condividono gli ideali scritti nello statuto.
«Non
siamo il solito centro d’ascolto. Noi ascoltiamo e accogliamo».Proprio per soddisfare tutti e per offrire “conforto,
aiuto e assistenza alle emergenze, in collaborazione con i servizi sociali”,
nel 1998 si è inaugurata una seconda struttura.
Tra le 394 presenze
registrate, c’è anche Mayra. La sua famiglia ha trovato accoglienza nella
Comunità Nazareth per due volte. Sfrattati, dopo la perdita del lavoro da parte
del padre, Mayra, i suoi genitori e i suoi 3 fratelli, sono stati accolti da
don Michele, che ha ascoltato anche le preoccupazioni della ragazza, “reduce”
dagli esami di terza media.
Come lei, hanno provato
l’amore della comunità anche una 26enne marocchina e sua madre. La differenza
di orientamento religioso non è stato d’intralcio, ma anzi ha portato ad
un’esperienza positiva di tolleranza e rispetto reciproco.
L’auspicio, manifestato daAntonio Pazienza, volontario e
vicepresidente del Consiglio Direttivo, è che nuovi volontari possano
affacciarsi in questa piccola vigna per svolgere questo servizio con uguale
piacere ed entusiasmo.
«Questa
è una testimonianza di Vangelo vivo. – ha affermato
l’Arcivescovo – In don Michele e in tutti
i volontari ho sempre visto il lasciarsi guidare dal Signore e dai 3 valori
fondamentali: fede, speranza e carità. Questo permette di guardare avanti con
positività».