“Mia figlia non potete restituirmela, ma datemi almeno giustizia”. Si chiude con queste parole lo struggente appello ai giudici di Anna Mideja, mamma di Sara Grimaldi, alla vigilia della prima udienza del processo a carico dell’automobilista che ha causato la morte, a soli 19 anni, di sua figlia e di altri due ragazzi, Elisa Buonsante, 25 anni, e Michele Traetta, di 21.
Infatti, a conclusione delle indagini preliminari sull’ennesima strage di giovani sulle strade italiane, l’11 dicembre 2022 sulla Statale 96 nel territorio comunale di Modugno, alle porte di Bari, il Pubblico Ministero della procura barese titolare del relativo procedimento penale, il dott. Manfredi Dini Ciacci, ha chiesto il rinvio a giudizio per il reato di omicidio stradale, con le aggravanti di aver causato il decesso di più persone e di averlo commesso con pesanti violazioni delle norme sulla circolazione stradale, nello specifico l’eccesso di velocità, più del doppio di quella consentita, nonché per il reato di lesioni personali stradali gravissime, con la medesima aggravante, avendo cagionato anche il ferimento di un quarto giovane, per il conducente della vettura dove erano trasportate le vittime, ritenendolo l’esclusivo responsabile della immane tragedia: Gaetano Caputi, oggi trent’anni, di Bari. E riscontrando la richiesta, il Gup del tribunale di Bari, dott.ssa Rossana De Cristofaro, ha fissato, appunto, per lunedì 20 maggio 2024, alle ore 9, l’udienza preliminare.
“Procedendo sulla corsia di sorpasso al Km 116 della SS 96 con direzione di marcia Altamura alla giuda di una Mini One, dopo che le auto che lo precedevano sulla medesima corsia di sorpasso stavano rallentando al fine di consentire l’immissione in sicurezza nella carreggiata di un pullman che proveniva da una stazione di servizio, per colpa consistita in negligenza, imprudenza (dapprima non essendosi accorto della presenza del pullman che aveva impegnato la corsia di marcia, poi avendo omesso di arrestare la propria corsa in presenza di una evidente situazione di pericolo), nonché in violazione delle norme di cui all’articolo 142 del Codice della Strada, avendo proceduto ad una velocità di molto superiore al massimo consentito, ovvero a ben 120 chilometri all’ora su una strada il cui limite massimo era fissato in 50 km/h, nonché dell’articolo 148 Cds, che vieta di effettuare il sorpasso da destra (e che, più in generale, vieta di sorpassare quando non si ha la strada libera per consentire la completa esecuzione della manovra), decideva improvvisamente di superare da destra le vetture che lo precedevano e che si stavano fermando e, a seguito di tale manovra e della velocità eccessiva, trovando la corsia ostruita dal pullman, anziché arrestare la marcia decideva di effettuare un ulteriore sorpasso e così facendo finiva per schiantarsi contro lo stesso autobus” scrive nella sua richiesta di processo il Sostituto Procuratore che inizialmente, come da prassi, aveva iscritto nel registro degli indagati, oltre a Caputi, anche il conducente del bus, salvo poi chiedere e ottenere l’archiviazione del procedimento a suo carico non essendo emerse sue responsabilità nella causazione del sinistro.
Il resto, purtroppo, è tristemente noto. A seguito della collisione la Mini One è stata sbalzata contro un muro di cemento armato posto a circa trenta metri di distanza con conseguenze devastanti: a seguito del tremendo impatto Michele Traetta, che si trovava sul sedile posteriore destro, è deceduto sul colpo, Elisa Buonsante, di Mola, che era seduta sul sedile del passeggero anteriore, e Sara Grimaldi, di Palo del Colle, che si trovava sul sedile posteriore centrale, sono spirate subito dopo il loro trasporto all’ospedale a causa delle gravissime lesioni riportate. I familiari delle due giovani, per essere supportati e ottenere giustizia, attraverso l’Area Manager per la Puglia e responsabile della sede di Bari, Sabino De Benedictis, si sono affidati e sono state assistiti e seguiti in tutto il lungo e doloroso iter da Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, con la collaborazione dell’avv. Fabio Ferrara, del Foro di Bari. E Studio3A, tra le altre cose, ha messo a disposizione anche il noto ingegnere forense Pietro Pallotti per la ricostruzione dell’incidente. Da quell’utilitaria ridotta un ammasso di lamiere si sono salvati solo il guidatore e il passeggero seduto sul sedile posteriore sinistro, Giovanni Sforza, che però ha rimediato lesioni gravissime per una prognosi ben superiore ai 40 giorni.
Ora, a fronte delle schiaccianti responsabilità a carico di Caputi e alla sua scriteriata condotta di guida, confermate in tutta la loro evidenza e gravità dall’inchiesta della magistratura, i congiunti delle vittime chiedono a gran voce una giustizia esemplare. E lo fa, attraverso Studio3A, soprattutto la mamma di Sara, Anna Mideja (in foto con la figlia), con una lettera-monito toccante, che fa riflettere e che si propone nella versione integrale.
“L’11 dicembre 2022 è la data in cui è stata spezzata la vita di mia figlia Sara, di soli 19 anni, di Michele Traetta di 21 anni e della loro amica Elisa di 25 anni. Tutti e tre si erano affidati al loro amico, un uomo di 29 anni in procinto di diventare papà, unico patentato, per visitare i mercatini di Natale di Conversano: lui, invece, li ha uccisi con la sua guida scellerata, violando il codice della strada per eccesso di velocità (il tachimetro era bloccato al momento dell’impatto sui 130 km/h) in un tratto di strada in cui il limite è di 50 km/h.
Sara, fin da bambina, si è presa cura dei suoi fratelli perché li amava e adorava tutti i bambini, tanto che veniva spesso nella scuola dell’infanzia in cui lavoro. Era solita coccolare i più piccoli e mi aiutava a preparare gli allestimenti per le recite o per la classe. Era una ragazza dolce, comprensiva, disponibile e determinata. Aveva ricevuto il foglio rosa per la patente di guida, ma non guidava auto se non in mia presenza o dell’istruttore di guida. Studiava per diventare un agente della Polizia Locale. Appena compiuti 18 anni ha voluto fare la sua prima esperienza lavorativa estiva in Calabria. Partecipava, con me, a tutte le manifestazioni sindacali in piazza per la difesa dei diritti dei lavoratori e dei cittadini tutti, per la pace…. Da altruista che era. Lei, però, non diventerà mai mamma, mai agente della polizia locale.
Tutti i suoi progetti per diventare una futura, brava donna inserita nella società sono stati spezzati. Con lei, siamo morti anche noi, genitori e fratelli. Le nostre vite sono state sconvolte completamente, stravolte dagli accadimenti. Continuiamo a sopravvivere a questa immane tragedia perché, grazie anche al percorso psicologico, abbiamo deciso di porci degli obiettivi: per noi genitori l’obiettivo è dare Giustizia a Sara e continuare a sostenere i nostri figli che non hanno più un importante punto di riferimento; per i fratelli l’obiettivo è affermarsi nella vita, perché vogliono che Sara sia orgogliosa di loro realizzando, a piccoli passi, tutto quello che lei non potrà più fare.
Il percorso psicologico è stato fondamentale perché, subito dopo la tragedia, ci sentivamo estranei in casa. Ognuno rinchiuso nel proprio dolore, si soffriva in silenzio, si evitava di parlare con gli altri membri della famiglia per tutelare l’altro. Quante medaglie i fratelli hanno messo alla foto di Sara! Sciocchezze? Chi può dirlo. Nessuno può comprendere il dolore che portiamo dentro e che porteremo per sempre con noi. Alla domanda “come stai?” rispondiamo sempre “bene”, perché, se iniziassimo a parlare, si “scoperchierebbe un vaso di Pandora” stracolmo di emozioni.
Come potrebbe stare un genitore che ha perso la figlia o un fratello che perde una sorella? Anche semplici cose che tutti facciano quotidianamente e superficialmente, come fare la spesa alimentare o girare per negozi di abbigliamento, in me genera un magone in gola, un soffocare il pianto, perché in quei momenti lei c’era sempre, era accanto a me. Ora sono sola, come soli si sentono i suoi fratelli. Nessun genitore, al posto di scegliere un cellulare da regalare alla propria adorata figlia per il Natale, deve trovarsi a scegliere il loculo per la figlia. Nessun genitore dovrebbe andare “a visitare” la figlia al cimitero anziché a casa sua per darle un sostegno con le faccende domestiche o i figli.
In questi mesi ho pensato tanto anche a quell’uomo di allora 29 anni che quella maledetta sera guidava l’auto e mi sono più volte chiesta perché non mi hai mai contatta, anche tramite avvocati, per chiedermi scusa o dimostrarmi il suo dispiacere per quanto è accaduto. Nulla di tutto questo, anzi, ha continuato serenamente la sua vita, pubblicando la sua felicità sui social, mancando di rispetto ai suoi amici morti e a noi familiari. L’unica risposta che ho trovato è che forse non ha una coscienza e non ha compreso pienamente la gravità delle sue azioni, delle conseguenze della sua imprudenza. Eppure, nel frattempo, anche tu, uomo di 29 anni con un figlio in arrivo, sei diventato genitore. Avresti dovuto comprendere cosa significa amare incondizionatamente una figlia e, per questo, essere sensibile al nostro dolore.
Mi sono rapportata con tanti genitori che hanno perso un figlio in un incidente stradale e, in modo unanime, è emersa la grande delusione verso una giustizia italiana che risulta inadeguata dinanzi a tragedie che sconvolgono e stravolgono per sempre la vita di interi nuclei familiari, infliggendo pene lievi, insignificanti rispetto al danno prodotto. Appunto, “tanti genitori che hanno perso un figlio in un incidente stradale “. Queste stragi, purtroppo, continueranno fin quando le istituzioni non comprenderanno la necessità di assumere posizioni ferme e decise, stabilendo pene severe ed esemplari! Perché consentire riduzioni di pena o patteggiamenti? Perché infliggere ulteriore dolore a chi ha già perso i propri affetti?
Qui ci troviamo dinanzi ad un OMICIDIO PLURIMO STRADALE. Tre vittime innocenti, giovani vite tranciate dalla dabbenaggine di che le aveva in custodia, che non hanno avuto sconti, che hanno dovuto pagare pienamente e con la vita. Nessuno scampo da un tragico destino che poteva benissimo essere evitato con una guida più attenta e responsabile. Per questo meritiamo giustizia.
Non potete riconsegnarmi la mia adorata figlia Sara, ma almeno garantitemi una giustizia che infligga una pena severa, corrispondente al dolore prodotto, che serva da deterrente perché non ci siano altre Sara, altri Michele, altre giovani vite stroncate in malo modo da driver sconsiderati. Fatelo per tanti giovani che potrebbero salvarsi”.
La mamma di Sara