Nei secoli il nome Bitonto, pur oscillando fra Bitonti e Botonti, ha subito poche variazioni grafiche ma suggerito ipotesi etimologiche piuttosto fantasiose: tant’è che la città dell’eco o quella del bonum totum o, addirittura, il paese dei fichi botoni o, peggio, la capitale di re Botone hanno fatto e continuano a far sorridere per la loro grossolanità e superficialità. Comunque, fin dalle sue prime attestazioni concrete, quelle numismatiche (??????????) ?, datate con buona approssimazione al III sec. a. C., è evidente nel nome BITONTO una caratteristica terminazione messapica (forse, di derivazione illirica), -nton, successivamente latinizzata in –ntum. Si tratta di un suffisso piuttosto frequente nella toponomastica pugliese, come attestato da Sallentum, Hydruntum, Tarentum, Sipontum, Ursentum, Barsentum etc., e significa insediamento, luogo, territorio: il Sallentum era, per i navigatori greci, il territorio al di là del mare; Hydruntum, l’attuale Otranto, l’insediamento sulle rive di un corso d’acqua (un torrente ancor oggi attraversa il paese); Tarentum il luogo di Taras (o Falas), un eroe messapico o un torrente. Così interpretando, è evidnete che nel nome latinizzato Butuntum il suffisso -ntum si unisce ad una radice indoeuropea bhedh/ bhodh-, che, al grado ridotto bhe/o-, ha esito in f- per il Latino (fovea, fodio: fossa, scavare); per il Greco, esce in ????- (bothros, bacino, fossa naturale, e bòthunos, attestato anche in Omero e Cratino, lama, fossa, avvallamento naturale); per il Messapico, si esprime in v- come in var- (varium, Bari e Var, sulla costa slava dell’ Adriatico), ven- (Venusia, Venosa) e vot-, da cui il vocabolo dialettale barese vòtane, avvallamento paludoso. Tale termine è diffuso nella toponomastica rurale di Bari,Bitetto, Capurso ed altri paesi pugliesi come dimostra la vicenda del vòtane granne di Modugno (Ba), un avvallamento piuttosto esteso alla periferia del paese, trasformato nei secoli successivi in pescara pubblica, su cui, nel 1910, fu costruita l’attuale Villa Comunale. Sorprendente più di tutto, però, è scoprire la presenza di questa radice bhedh/bhodh- nella corrente pronunzia dialettale del nome Bitonto, Vetònde, che viene presentato facilmente come dialettizzazione di un preesistente letterario(Butuntum) quando, invece, forse, conserva una pronunzia originaria, se non è addirittura l’originale, considerando che il dialetto è molto conservatore in fatto di nomi propri. Ciò premesso, sia lecito avanzare un’ipotesi sul significato del nome BITONTO, che, forse, considerati gli esempi ricordati in nota (2), rinvia ad una probabile origine peuceta. È da supporre l’esistenza di un probabile termine *vethon/ton (da *bhedhon/nton ) per designare, con molta probabilità, l’avvallamento naturale, cioè la lama 4 , che delimita ancor oggi la città e che, nel suo tratto terminale, è chiamata Balice (da Valligium, cioè vallone, come attestato in numerosi documenti ufficiali). Nei tempi protostorici la lama in questione era sicuramente molto più marcata, ampia e lunga di quanto attualmente lo sia e costituiva una vera e propria difesa naturale, in cui ristagnavano acque provenienti dalla Murgia. Essa delimitava l’insediamento primitivo di Bitonto per oltre tre quarti: snodandosi approssimativamente dall’attuale Porta Lamaja (“la porta della lama” e non “la porta maggiore, quella più grande”, come talvolta asserito con faciloneria) a Porta Pendina (“la porta della ripida discesa verso il vallone”) fin su, a Porta Robustina (“la porta che guarda verso Ruvo di Puglia”). Invece, da Porta Baresana6 in giù, correva un ramo della lama stessa, come lascia intendere la forte pendenza tuttora esistente di via A. Volta (lungo il teatro e l’ex Enel), rasente l’attuale piazza Marconi. Anzi, siamo convinti che la pendenza di questo ramo, di cui è ancora visibile il tratto di fossato fra la Porta Baresana e via Matteotti, risalisse fino alla Chiesa dell’Annunziata, forse ancor più su, da largo Caldarola, da cui, appunto, si dipartono due pendenze che confluiscono giù, all’altezza dell’attuale Ponte del Carmine. Questo andamento geomorfologico della lama, tortuoso, profondo e inaccessibile, certo colpiva chi veniva dal mare o dall’entroterra, ai cui occhi confermava il significato di fossa, avvallamento naturale espresso dal probabile toponimo *vethon, poi grecizzato in . Nome, che, successivamente, passa ad indicare un piccolo villaggio insediato su uno sperone di roccia di poche migliaia di metri quadrati, creato dall’erosione delle acque. Si tratta della cosiddetta zona acropolare su cui insistono le attuali chiese di san Francesco alla Scarpa e san Pietro in vinculis, dove si registra l’altitudine massima della città (s. l. m. ml 118). Quest’area, del resto, domina il territorio circostante, è protetta da allagamenti e smottamenti, è garantita nell’approvvigionamento idrico, è ben difendibile. Pertanto, va da sé che, se l’ipotesi etimologica qui avanzata è corretta, si può supporre che l’ origine di Bitonto risalirebbe almeno all’Età del Ferro, come lascia intendere il rapporto stretto con la cultura illirico/messapica, condizionato dalla grecizzazione del VI sec. a. C. e dalla romanizzazione del III – II sec. a. C.. In conclusione, la presenza di un avvallamento naturale, un *vethon/ton, ripetiamo, poi grecizzato in ?y?????? e latinizzato in Butuntum, si caratterrizzava come una valida difesa naturale, che, proteggendola a mo’di lunga trincea, ha favorito non poco la fortuna della città nei lunghi secoli della sua trimillenaria storia.