La Repubblica Napoletana (1799) e l’Albero della libertà a Bitonto… Ci jè pròime, se càlze.
Nella storia é grandissima ciò che potrebbe dirsi l’efficacia dell’esperimento non riuscito, specie quando vi si aggiunga la consacrazione di un’eroica caduta. E quale tentativo fallito ebbe più feconde conseguenze della Repubblica napoletana del Novantanove? Essa servì a creare una tradizione rivoluzionaria e l’educazione dell’esempio nell’Italia meridionale…. Così, per effetto del sacrificio e delle illusioni dei patrioti, la Repubblica del Novantanove, che per sé stessa non sarebbe stata altro che un aneddoto, assurse alla solenne dignità di avvenimento storico.
(Benedetto Croce).
La Repubblica Napoletana, anche detta Repubblica Napolitana e, impropriamente, Repubblica Partenopea, fu un’entità statuale proclamata a Napoli nel 1799, ed esistita per alcuni mesi sull’onda della Prima campagna d’Italia (1796-1797) delle truppe francesi della Repubblica sorta dalla Rivoluzione.
Il 1799 a Bitonto
Sui fatti bitontini siamo scarsamente informati. Al riguardo dopo che in quell’anno furono bruciati pubblicamente interi archivi, rimane una Relazione di Stefano Marzano, Regio Governatore, datata 20 marzo 1800 e la Cronaca di Giancarlo Berarducci, nipote del Vescovo di Bitonto.
Dopo il tentativo fatto dal Governatore Ranieri di innalzare la bandiera tricolore (segno di adesione ai Francesi), la città rimase tiepidamente fedele al Re Ferdinando IV. Segno di questa indecisione fu il ritrovamento sotto Porta Baresana di un paio di pantaloni che portava la seguente dicitura in vernacolo: Ci jè pròime, se càlze (chi è primo, se lo infili), la prima armata che arriva detiene il potere locale. Mentre i bitontini rumoreggiavano, tenuto conto che i giacobini (filo-francesi) locali per lo più erano accorsi a Napoli per difendere la repubblica, il Decurionato decise la nomina di una Pentarchia per la difesa della “interna tranquillità”. Reggente, venne chiamato il Capitano Giovanni Sylos e per deputati Pietro Traversa, Carmine Alfonso Sylos-Sersale, Michelangelo Maffei, Custode Fornelli. L’esercito francese, comandato dal Broussier si era acquartierato a Bisceglie, capolinea provvisoriodella nuova consolare Napoli-Bari-Lecce. A Bisceglie più volte nel periodo Febbraio-Aprile le deputazioni di Bitonto, barattarono la tranquillità dei cittadini con la consegna dei fuggiaschi delle martoriate città di Trani e Andria.
Particolari dolorosi sono la fucilazione (24 marzo?) nel Campo di San Leone (attuale Villa Comunale) di ben 14 soldati borbonici sbandati, nonché l’arresto il 2 aprile di 150 marinai e 50 donne sbarcate sulla spiaggia di Santo Spirito. Il generale, scrive il Berarducci, con sommo piacere ha udito tale nuova, lodato Bitonto, promesso premio e… impartito l’ordine: Saranno Fucilati! Premio fu una ulteriore contribuzione di 240 ducati per fedi dati alla colonna francorepubblicana del Sarazin, l’innalzamento per pochi giorni dell’Albero della Libertà (simbolo formale di adesione alle idee rivoluzionarie), la convocazione in Bitonto (19-20 aprile 1799) del Congresso delle Municipalità.
Il 1 Maggio Bitonto ritornò pacificamente realista e si procedé, come ovunque, a sollevare l’Albero della Libertà.
(testo tratto dal volume IV: Storia di Bitonto narrata e illustrata, di Antonio Castellano e Michele Muschitiello)
L’albero della libertà fu piantato per la prima volta a Parigi nel 1790. Una convenzione del 1792 ne regolò l’uso e l’addobbo. Veniva usato per le cerimonie civili, per il giuramento dei magistrati e in occasione di tutti i festeggiamenti rivoluzionari.
Tale albero non doveva necessariamente essere una vera e propria pianta vegetale, bensì poteva consistere anche soltanto di una semplice asta o palo di legno pavesato con nastri tricolori(azzurro, bianco, rosso in quello francese; verde, bianco, rosso in quello italiano) ed incoronato col berretto frigio. In tale albero venivano anche affissi i messaggi rivoluzionari tra i quali: “Libertà, Eguaglianza e Fraternità”.
Nei pochi mesi di vita della Repubblica Napoletana vennero coniate monete da 4 e 6 tornesi (in bronzo) e da 6 e 12 carlini (argento) che circolarono anche nella nostra città.