Nous sommes français.
Quello che è successo a Parigi, la sera del 13 novembre, è orribile.
Ci ha reso ancor di più fratelli i cugini d’oltralpe, anche se nel modo più triste.
Paura e preoccupazione predominano soprattutto per gli italiani presenti a Parigi, tra loro anche bitontini.
Abbiamo raccolto la testimonianza della nostra studentessa universitaria, Serena Fallacara.
«Fortunatamente non ero lì quella sera –ci ha raccontato-. Vivo e studio a 15 minuti a est da Parigi. Personalmente ho paura anch’io. Sono scioccata. C’è mio cugino qui che mi ha detto che se dovesse succedere qualcosa, non devo correre e devo far finta di essere morta. Questo per dire che la paura è reale».
«Veramente non sono solo spaventata, sono anche triste e arrabbiata perché sono morti 129 innocenti. La mia vita non si ferma, lunedì l’università comincia e spero che a livello di trasporti non ci siano ritardi perché altrimenti rischio di perdere i corsi. Quando sono libera, vado a Parigi per un po’ di relax e, invece, ora è meglio evitare».
Centoventinove vittime, una delle quali italiana, giovane ricercatrice veneta.
Dilagano appelli e messaggi di sconcerto sui social e nei servizi giornalistici.
Personaggi pubblici, e non, si espongono.
I terroristi hanno sete di vendetta e non intendono fermarsi per i bombardamenti che continuano ad esserci in Siria.
Minacciano anche Londra e Roma.
Il Papa lo descrive come un atto non umano, una terza guerra mondiale.
Tutti sono in allerta e il Presidente François Hollande ha annunciato la chiusura delle frontiere, un contrattacco, ha presidiato Parigi con forze militari e consigliato a tutti di restare chiusi in casa.
«In tv passano in continuazione le immagini, le testimonianze e i decreti delle misure d’urgenza che la Francia adotterà nei prossimi giorni. Stazioni, parchi, musei, monumenti sono chiusi (non tutti, certo, ma parecchi. Anche la Tour Eiffel. Non ci puoi salire perché hanno chiuso l’accesso, si può solo guardare). Le strade sono molto poco trafficate, perché la gente in generale ha paura e preferisce restare a casa».
Serena è lì insieme a tanti altri, in preda al panico e allo sconcerto. «Personalmente non ho visto né sentito nulla. Tuttavia, c’era una mia amica lì. L’ho subito contattata per sapere come stesse. Per fortuna, sta bene. Mi ha detto che dopo l’attacco, tutti son stati assaliti dal panico anche se erano lontani dai luoghi della “carneficina”».
Sì, è stata una carneficina di innocenti. Che cosa può fare ognuno di noi? Pregare. Purtroppo, forse, solo questo.
Una nuova pagina della Storia si scrive, una delle più orribili.