La casa di Mino Devanna è un piccolo scrigno di tesori.
Uno spazio sconfinato che fa attraversare secoli di
storia dell’arte in un batter d’occhio. Ed ogni volta che la palpebra si
schiude, incontra preziosità.
Un tempo i quadri, alcuni dei 170 contenuti all’interno
della Galleria Nazionale, erano sparsi persino lungo i corridoi che conducono
alle scale.
Ieri abbiamo incontrato un uomo devastato dal dolore e
dalla rabbia di un crimine grande commesso verso la città, la nostra ricchezza,
la nostra cultura, quello che davvero dovrebbe caratterizzarci.
«A
Bitonto la Galleria è nata solo perché la Puglia era l’unica regione a non
avere una Galleria Nazionale e grazie alla lungimiranza avuta dal prof. Nicola Pice», prende a
raccontare il prof. Devanna.
Ed il progetto era ben articolato, non solo nel primo
piano e nell’atrio di Palazzo Sylos – Calò, ma anche nei locali prospicienti la
Galleria: uno su piazza Cavour – al principio
di via Alfieri –, e i due all’inizio di via
Mercanti.
Per questo, presso la Segretariato Regionale del Mibact
(Ministero dei Beni e delle Attività Culturali) vennero “messi da parte” circa 300 mila euro che sarebbero serviti per
l’acquisto ed il restauro dei suddetti immobili.
Lo scorso anno fu acquistato il primo alla somma di 60 mila euro.
Gli altri due, invece, in data 29 settembre 2016 sono stati acquistati da due privati: prima di poter firmare e dare atto al rogito, è stata
inviata una Pec (Posta Elettronica Certificata) presso tutti gli enti
responsabili, dalla Regione alla CittàMetropolitana, finendo all’Ufficio
Patrimonio del Comune di Bitonto, per esercitare il diritto di prelazione
sui beni.
Cosa
significa? Che la Soprintendenza avrebbe potuto annullare, di
fatto, l’atto di vendita entro 20 giorni dalla stipula con un atto di avveramento, rendendo noto un
interesse per gli immobili che avrebbero completato l’opera museale.
Da quel momento in poi, avrebbero avuto altri 40 giorni di tempo per sistemare la
parte burocratica – e quindi facendo
riferimento al testo unico 42/2004sui beni culturali (“Gli altri soggetti
pubblici, nello svolgimento della loro attività, assicurano la conservazione e
la pubblica fruizione del loro patrimonio culturale”), si sarebbe
recuperato un pezzo di storia.
Il “j’accuse” di Mino Devanna: «All’inizio degli anni 2000 ho fatto un accordo con il ministro Giuliano Urbani. Per destinare alla galleria il palazzo nella sua interezza, sono stati stanziati 300mila euro al fine di esercitare il diritto di prelazione sui locali ubicati al pian terreno ancora in mano a privati. Ne sono stati usati solo 80mila per l’acquisto di un locale e sono quindi rimasti 220mila euro. Ora, la Soprintendenza non si è resa conto di cosa è significato aver
venduto ai privati. Per questo, io domani stesso (oggi, ndr) farò un esposto alla Procura,
con denuncia penale, per questo atto dilettantistico e superficiale. I restanti
240 mila euro non possono essere spariti: potrebbero essere stati rubati o
spariti in maniera illecita».
Che fine farà ora il resto della
collezione Devanna? «Ci sono ancora dei quadri qui, in casa mia, (circa
400, ndr) che non donerò alla Puglia e non darò più nemmeno la mia collezione
archeologica. Io e mia sorella non avevamo nemmeno pensato all’enorme valore
della donazione. Li darò ad una regione più idonea, al Veneto o all’Emilia»,dice amareggiato il docente.
E continua. «Era stato persino invitato Michele Emiliano che accettò, ma non si
è mai visto: probabilmente è stato in qualche zoo, ma in un Museo mai. Durante
il governo di Nichi Vendola, invece,
riuscimmo ad avere un buon appoggio dall’assessore alla Cultura, Silvia Godelli».
Termina, in
gamba tesa, anche la sorella Rosaria
Devanna che aggiunge: «Già dall’epoca
Valla era stata promessa una adeguata cartellonistica, mai arrivata. Non è
possibile arrivare nei pressi di Bitonto e trovare indicazioni per la
Cattedrale e non per la Galleria Nazionale. E non solo sulla strada, ma anche
davanti al portone d’ingresso o in piazza: tra poco finirete anche il vostro
mandato e saremo al punto di partenza. Sembra di non avere davanti gente
interessata che procede in maniera autorevole».
In
conclusione? Probabilmente non si potrà fare alcunché. Dovremmo tenerci la
grande colpa di essere stati disattenti e disonesti soprattutto con noi stessi.
E ci terremo
un nuovo esercizio commerciale: ce l’avevano detto, “con la cultura non si
mangia”.