“Ho un bimbo disabile”. Tutto parte di lì, da una condizione che rende speciali in ogni momento.
Rende speciali e bisognosi di cure e attenzioni particolari in ogni momento della giornata e per svolgere anche le attività quotidiane che sembrano più elementari. Soddisfare i bisogni primari, avere una istruzione adeguata.
I genitori si scapicollano per cercare situazioni ottimali per i propri figli, ma di traverso, spesso, ci si mettono le istituzioni che non aiutano adeguatamente.
“Non tanto nei servizi – ci dice la mamma che abbiamo incontrato -, quanto nella continuità. Non è giusto e non lo dico per me, lo dico per tutti coloro che vivono il mio stesso ‘problema’”.
Vulnus della questione è l’assistenza domiciliare per gli utenti SAD (Servizio di Assistenza Domiciliare) che si è ridotta da 12 ore settimanali ad appena sei – quindi la metà – con l’aggiunta della richiesta di un contributo economico in base al reddito.
Oltre al danno, dunque, anche la beffa: “Non solo ci dimezzano le ore, ma ci chiedono anche un corrispettivo economico in aggiunta, mi sembra una follia”, dice ancora la signora.
In più si aggiunge il dover aspettare circa 20 giorni per la valutazione dell’erogazione del servizio: “I nostri figli, mentre loro valutano le richieste arrivate, non smettono di essere disabili. Perché non si fa con anticipo? Perché non si consente alla gente di vivere più serenamente le faccende burocratiche? E’ un problema davvero molto diffuso, che trova malcontento in moltissime famiglie: possibile che il Comune, la Regione, la Cooperativa che gestisce il servizio, non riescono a programmare tutto con più anticipo?”.
Domande che sembrano risuonare nel vuoto, perché intanto queste famiglie continuano a subire nel silenzio…